2 agosto 1980: il dovere di ricordare, l’obbligo di non dimenticare
di Vice|
|Il dovere di ricordare per chi c’era, l’obbligo di non dimenticare per chi non era ancora nato: 2 agosto 1980, 42° anniversario della strage nella sala d’aspetto della stazione di Bologna. Quel giorno, alle 10 e 25, scoppiò la bomba che provocò la morte di 85 persone e il ferimento di oltre 200. Il dovere di ricordare ci riporta alla più giovane delle vite spezzate: una bimba di appena tre anni. L’obbligo di non dimenticare è la morte violenta della persona più anziana: aveva 86 anni ed era sopravvissuta ai fatti più tragici del Novecento, la Grande Guerra e la Seconda guerra mondiale.
Ogni anno, il 2 agosto, la Grande Famiglia Democratica di questo Paese per secoli schiacciato da altri Stati, dal 1945 conteso e limitato nella sua sovranità dai servizi segreti delle Grandi Potenze, è come se si ritrovasse allo stesso tavolo per aggiungere un pezzo giudiziario della strage con la riposta speranza che sia l’ultimo, quello definitivo con cui dare forma al mosaico della verità storica.
La sostanza è stata già assicurata dalle sentenze passate in giudicato che attribuiscono la responsabilità di quella barbarie all’estremismo nero, al banda dei Nar e di Avanguardia nazionale, ai Fioravanti, Mambro e ai Bellini, al gotha della P2, ai vertici dei servizi segreti. Ma una vocina interna ci scuote da 42 anni, ripetutamente, insistentemente. Quella vocina non riesce ad accettare di circoscrivere quella strage a giovani criminali imbevuti di un’ideologia lugubre e mortifera, pervicacemente aggrappata all’idea della violenza come mezzo privilegiato di lotta politica.
Altre stragi, che hanno scosso l’Italia da quel 2 agosto del 1980, hanno concorso a rafforzare quella vocina, fino a trasformarla in un enorme coro che si batte, non soltanto nelle aule di giustizia, per conoscere la verità. Eppure, anche questa straordinaria coralità non riesce ad abbattere il muro dell’omertà, delle complicità, delle collusioni, delle falsità, dei depistaggi.
Un muro che impedisce, non tanto di dare un senso a ciò che è accaduto dal secondo dopoguerra in avanti, quello lo si è compreso a partire dall’eccidio di Portella della Ginestra, 1° maggio 1947, compiuto dalla banda del bandito Salvatore Giuliano che sparò sulla folla festante, uccidendo 11 persone, quanto di analizzare i contesti nazionali e internazionali, gli interessi economici e finanziari, i rapporti tra mandanti ed esecutori nel loro insieme sullo sfondo di ricatti, pressioni, condizionamenti individuali e istituzionali in “continuo aggiornamento” e sviluppo.
Quel muro si deve sgretolare, deve cedere, se non vogliamo che a sgretolarsi e a cedere sia la nostra libertà.
Posted on: 2022/08/02, by : admin
Ogni anno, il 2 agosto, la Grande Famiglia Democratica di questo Paese per secoli schiacciato da altri Stati, dal 1945 conteso e limitato nella sua sovranità dai servizi segreti delle Grandi Potenze, è come se si ritrovasse allo stesso tavolo per aggiungere un pezzo giudiziario della strage con la riposta speranza che sia l’ultimo, quello definitivo con cui dare forma al mosaico della verità storica.
La sostanza è stata già assicurata dalle sentenze passate in giudicato che attribuiscono la responsabilità di quella barbarie all’estremismo nero, al banda dei Nar e di Avanguardia nazionale, ai Fioravanti, Mambro e ai Bellini, al gotha della P2, ai vertici dei servizi segreti. Ma una vocina interna ci scuote da 42 anni, ripetutamente, insistentemente. Quella vocina non riesce ad accettare di circoscrivere quella strage a giovani criminali imbevuti di un’ideologia lugubre e mortifera, pervicacemente aggrappata all’idea della violenza come mezzo privilegiato di lotta politica.
Altre stragi, che hanno scosso l’Italia da quel 2 agosto del 1980, hanno concorso a rafforzare quella vocina, fino a trasformarla in un enorme coro che si batte, non soltanto nelle aule di giustizia, per conoscere la verità. Eppure, anche questa straordinaria coralità non riesce ad abbattere il muro dell’omertà, delle complicità, delle collusioni, delle falsità, dei depistaggi.
Un muro che impedisce, non tanto di dare un senso a ciò che è accaduto dal secondo dopoguerra in avanti, quello lo si è compreso a partire dall’eccidio di Portella della Ginestra, 1° maggio 1947, compiuto dalla banda del bandito Salvatore Giuliano che sparò sulla folla festante, uccidendo 11 persone, quanto di analizzare i contesti nazionali e internazionali, gli interessi economici e finanziari, i rapporti tra mandanti ed esecutori nel loro insieme sullo sfondo di ricatti, pressioni, condizionamenti individuali e istituzionali in “continuo aggiornamento” e sviluppo.
Quel muro si deve sgretolare, deve cedere, se non vogliamo che a sgretolarsi e a cedere sia la nostra libertà.
Posted on: 2022/08/02, by : admin