2020: l’impossibilità di un bilancio
di Daniele Viotti|
|Vorrei mettere subito in chiaro come la penso: fare il bilancio di un anno come quello che sta per concludersi è un lavoro che dovremmo lasciare agli storici del futuro. Solo loro, lontani da questo tempo, con la massa di documenti che gli eventi hanno prodotto, potranno fare analisi e raggiungere conclusioni e rispondere alla domanda che oggi sembra la più importante – ma non lo è – “chi ha sbagliato più forte”? usando le parole di Ivano Fossati.
Siamo ancora tutti talmente tramortiti e in balia di un evento realmente globale e nefasto, come non se ne vedevano da più di settanta anni, che ogni risposta che cerchiamo di dare ha solo a che fare con una ricerca di colpe e responsabilità. Spesso senza neppure cercare di capire di cosa si stiano cercando colpe e responsabilità: della diffusione del virus? Dell’incapacità di contenere il contagio? Delle divergenti misure suggerite dagli esperti e poi adottate in modo ondivago? Delle disastrose conseguenze economiche abbattutesi su imprese e famiglie?
È un anno, quest’anno, in cui è persino difficile scegliere che domande porsi. E in ogni caso le risposte che cerchiamo di dare, pure quanti provano a mantenere un minimo di lucidità e di equilibrio, risultano inevitabilmente fondate sulle emozioni, i sentimenti e una certa ideologia che ci siamo costruiti più per farci coraggio che per processo mentale. Inevitabilmente i giudizi sulla politica, le maggioranze e le minoranze, non possono che essere complessi e paragonati. Sono complessi perché dovremmo distinguere tra il governo della normalità e il governo dell’eccezionalità. Tra il governo dell’economia e governo della pandemia. E tra il governo della prima ondata e della seconda ondata.
Tra le risposte all’emergenza economica e la costruzione di strumenti finanziari ed economici impensabili prima in Europa. Impossibile oggi, dal mio punto di vista, riuscire a tenere in una unica sommaria valutazione gestione del trasporto pubblico locale, misure una tantum di ristoro e gestione delle scuole. Solo per fare tre esempi. Difficile anche leggere in trasparenza tutti gli interventi nei diversi campi riuscendo a distinguere tra livelli di competenza e interventi di amministrazioni differenti. Sarebbe infine impossibile fare valutazioni senza allargare lo sguardo a come ci si è comportati negli altri Paesi sia nell’affrontare la pandemia sia nel tentare di recuperarne le conseguenze.
Ecco perché mi sembra impossibile oggi tracciare bilanci che siano contemporaneamente seri, liberi da emozioni e pregiudizi. Al più possiamo esprimere sommarie opinioni. E per esempio possiamo dire, con qualche approssimazione, che le autorità sanitarie – nazionali e regionali – hanno reagito bene durante la prima fase mentre durante la cosiddetta seconda ondata si sono dimostrate più confuse e altalenanti tra la evidente necessità di adottare misure quanto più rigide possibili e spinte molto forti a non “fermare l’economia” anche a discapito della stessa salute pubblica come si è addirittura spinto a dire un dirigente di periferia di Confindustria.
Positiva mi è parso invece la gestione dell’emergenza economica che si è abbattuta sul paese grazie soprattutto all’intervento di un paio di ministri, Gualtieri e Amendola, che hanno adottato misure che vanno oltre la contingenza disegnando un intervento del “pubblico” nuovo ed evidentemente necessario. Parallelamente alla gestione politica di questo anno si è ripetuto, del tutto ignaro di quanto stava accadendo, un teatrino fatto di minoranze che per ragione sociale sono costrette a fare opposizione sempre in bilico tra tentare di dare una immagine di responsabilità e il rischio di essere fagocitati dai “riduzionisti” del virus e piccoli pezzi della maggioranza governativa alla ricerca di visibilità lanciando minacce non solo inascoltate ma pure improbabili.
Del tutto impossibile appare anche fare un bilancio del racconto, o della narrazione come si ama dire oggi, da parte della stampa e del giornalismo. Vedo da lettore e dunque semplice fruitore anche in questo caso una medaglia che su una faccia ha il magistrale e durissimo racconto dei primi mesi di questo anno straordinario e dall’altra il pigro ritorno alla pruriginosa cronaca quotidiana dell’oratorio politico e delle polemiche di cortile. Mi chiedo, ci chiediamo tutte e tutti, che anno sarà il 2021. Non sono un indovino. Né tanto meno un economista e dunque non faccio previsioni. Penso solo che o tutti quanti – politici, imprenditori, classe dirigente, giornalisti, intellettuali, attivisti e cittadini – capiamo le opportunità di fare una vera e propria rivoluzione in ogni campo oppure ciascuno ne uscirà in ogni caso sconfitto e più povero.
Posted on: 2020/12/28, by : admin
Siamo ancora tutti talmente tramortiti e in balia di un evento realmente globale e nefasto, come non se ne vedevano da più di settanta anni, che ogni risposta che cerchiamo di dare ha solo a che fare con una ricerca di colpe e responsabilità. Spesso senza neppure cercare di capire di cosa si stiano cercando colpe e responsabilità: della diffusione del virus? Dell’incapacità di contenere il contagio? Delle divergenti misure suggerite dagli esperti e poi adottate in modo ondivago? Delle disastrose conseguenze economiche abbattutesi su imprese e famiglie?
È un anno, quest’anno, in cui è persino difficile scegliere che domande porsi. E in ogni caso le risposte che cerchiamo di dare, pure quanti provano a mantenere un minimo di lucidità e di equilibrio, risultano inevitabilmente fondate sulle emozioni, i sentimenti e una certa ideologia che ci siamo costruiti più per farci coraggio che per processo mentale. Inevitabilmente i giudizi sulla politica, le maggioranze e le minoranze, non possono che essere complessi e paragonati. Sono complessi perché dovremmo distinguere tra il governo della normalità e il governo dell’eccezionalità. Tra il governo dell’economia e governo della pandemia. E tra il governo della prima ondata e della seconda ondata.
Tra le risposte all’emergenza economica e la costruzione di strumenti finanziari ed economici impensabili prima in Europa. Impossibile oggi, dal mio punto di vista, riuscire a tenere in una unica sommaria valutazione gestione del trasporto pubblico locale, misure una tantum di ristoro e gestione delle scuole. Solo per fare tre esempi. Difficile anche leggere in trasparenza tutti gli interventi nei diversi campi riuscendo a distinguere tra livelli di competenza e interventi di amministrazioni differenti. Sarebbe infine impossibile fare valutazioni senza allargare lo sguardo a come ci si è comportati negli altri Paesi sia nell’affrontare la pandemia sia nel tentare di recuperarne le conseguenze.
Ecco perché mi sembra impossibile oggi tracciare bilanci che siano contemporaneamente seri, liberi da emozioni e pregiudizi. Al più possiamo esprimere sommarie opinioni. E per esempio possiamo dire, con qualche approssimazione, che le autorità sanitarie – nazionali e regionali – hanno reagito bene durante la prima fase mentre durante la cosiddetta seconda ondata si sono dimostrate più confuse e altalenanti tra la evidente necessità di adottare misure quanto più rigide possibili e spinte molto forti a non “fermare l’economia” anche a discapito della stessa salute pubblica come si è addirittura spinto a dire un dirigente di periferia di Confindustria.
Positiva mi è parso invece la gestione dell’emergenza economica che si è abbattuta sul paese grazie soprattutto all’intervento di un paio di ministri, Gualtieri e Amendola, che hanno adottato misure che vanno oltre la contingenza disegnando un intervento del “pubblico” nuovo ed evidentemente necessario. Parallelamente alla gestione politica di questo anno si è ripetuto, del tutto ignaro di quanto stava accadendo, un teatrino fatto di minoranze che per ragione sociale sono costrette a fare opposizione sempre in bilico tra tentare di dare una immagine di responsabilità e il rischio di essere fagocitati dai “riduzionisti” del virus e piccoli pezzi della maggioranza governativa alla ricerca di visibilità lanciando minacce non solo inascoltate ma pure improbabili.
Del tutto impossibile appare anche fare un bilancio del racconto, o della narrazione come si ama dire oggi, da parte della stampa e del giornalismo. Vedo da lettore e dunque semplice fruitore anche in questo caso una medaglia che su una faccia ha il magistrale e durissimo racconto dei primi mesi di questo anno straordinario e dall’altra il pigro ritorno alla pruriginosa cronaca quotidiana dell’oratorio politico e delle polemiche di cortile. Mi chiedo, ci chiediamo tutte e tutti, che anno sarà il 2021. Non sono un indovino. Né tanto meno un economista e dunque non faccio previsioni. Penso solo che o tutti quanti – politici, imprenditori, classe dirigente, giornalisti, intellettuali, attivisti e cittadini – capiamo le opportunità di fare una vera e propria rivoluzione in ogni campo oppure ciascuno ne uscirà in ogni caso sconfitto e più povero.
Posted on: 2020/12/28, by : admin