“Corri Torino corri”, idee per il rilancio della città

di Giancarlo Buffo* |

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Candidata a diventare Capitale Europea della Cultura 2033 e fresca di nomina di Capitale italiana dell’Intelligenza artificiale, Torino possiede una grande ricchezza ma una parte del suo tesoro è ancora nascosto e inutilizzato. La storia ci racconta di una città pioniera in molti campi, dall’automobile all’aerospazio, dal cinema al sociale, dal design fino alle banche di interesse nazionale, qui la creatività e l’innovazione sono sempre state di casa in tutti gli ambiti. E oggi?

Chi dovrà occuparsi di Torino nei prossimi anni dovrà per forza preoccuparsi anche della sua area vasta, solo così potrà dialogare e competere con le grandi città europee e non solo. Il Recovery Fund prevede un aiuto al Piemonte che si attesta tra gli 8 e i 10 miliardi di euro, da sommare ai 3 della programmazione europea.

Le risorse per dare un futuro all’area metropolitana


Un anno fa il Governo promise 150 milioni per il rilancio dell’industria torinese, attraverso il riconoscimento dello status di “area di crisi complessa”. Ma non si può sempre attendere l’aiuto dall’alto. Le città devono essere artefici del loro futuro, generando risorse, per esempio dalle utilities, e facendo leva sull’intera area territoriale circostante. La forza di ripartire passa dalla collaborazione fra privato e pubblico, ma soprattutto Torino e la Città Metropolitana devono candidarsi a diventare un unicum, un progetto pilota che metta a frutto tutto il potenziale dell’economia dell’area diffusa. E in questo contesto l’ente pubblico deve fare la sua parte, da protagonista. La Città Metropolitana di Torino è la più grande d’Italia in virtù dei suoi numeri: 312 Comuni e degli oltre 2 milioni di abitanti. Da qui può ripartire il motore portante del Nord-Ovest. L’appello riguarda ad esempio la manifattura, ancora un fiore all’occhiello riconosciuto all’estero. La fusione Fca e Psa è un segno dei tempi, simbolo della collaborazione fra due paesi vicini che dialogano, creano sinergie positive e proprio all’estero l’area torinese è vista con molto interesse grazie a un know how molto richiesto, alla specializzazione in molti settori, ma anche ai nostri prodotti, apprezzati e venduti anche all’estero.

Le potenzialità delle piccole e medie imprese: l’esempio del Canavese occidentale


L’esperienza dell’osservatorio di imprenditore, che già nel 2007 riunì e fece dialogare 21 Comuni del Canavese Occidentale e 150 aziende metalmeccaniche, offrì una scoperta interessante. Si trattava principalmente di piccole e medie imprese con un fatturato aggregato di 1,5 miliardi di euro, circa 8000 occupati su un totale di 42.000 abitanti ad un primo sguardo dati incoraggianti, nonostante la crisi alle porte, ma resi impietosi dal confronto con la pubblica amministrazione: i bilanci dei Comuni aderenti valevano 100 milioni di euro. Tra gli obiettivi raggiunti e le iniziative messe in atto da quell’esperienza, già figlia della consapevolezza dei numerosi paletti imposti dall’alto (Regioni, Governo, Europa…), spiccano gli accordi con centri di formazione del territorio per l’attivazione di stage, sportello giustizia per la mediazione civile e commerciale, partecipazione ai Programmi Territoriali Integrati (PTI) per favorire interventi di sviluppo strategico del territorio, attività di accesso al credito per le Pmi e molto altro ancora. L’area del Canavese Occidentale dalla forte vocazione manifatturiera è solo un esempio di tante zone alle porte di Torino, all’altezza di un confronto ad armi pari con realtà estere virtuose, a patto di fare rete e squadra.

L’attenzione al nuovo: l’economia ecocircolare


Da una ricerca realizzata da Unioncamere Piemonte è emerso che su 1815 imprese manifatturiere della regione, il 46 per cento non è a conoscenza dei principi base dell’economia circolare che oltre a fare bene all’ambiente contribuiscono anche a ridurre i costi. Torino si è recentemente riconfermata città più inquinata d’Italia anche nel 2019 con 147 giorni di sforamento dei limiti di Pm10, secondo Legambiente. Oggi che è di moda parlare di green e sostenibilità, è necessario ricordare che le parole degli slogan hanno un valore soltanto se accompagnati da politiche di lungo termine: lo sfruttamento delle risorse rinnovabili e l’economia circolare sono esempi di strategie che molti Paesi avanzati da tempo utilizzano facendo la differenza in molti settori: l’energia prodotta dai corsi d’acqua o dal sole, sfruttando le superfici di aziende, capannoni, ma anche case.

Nel segno di una secolare vocazione allo sviluppo


Torino e cintura, oltre all’automotive, ha proposto il Salone del Gusto e Cioccolatò e ci sono possibilità nuove per valorizzare un patrimonio collettivo come quello dei prodotti tipici. Notizia di questi giorni ad esempio è il manifesto delle Denominazioni Comunali (De.Co) strumento che consente ai sindaci di dare valore alla forte identità territoriale e storica di specifici prodotti, piatti-ricette o tradizioni del proprio Comune. Altre opportunità, presenti e future, passeranno dalla mai abbastanza valorizzata cultura, dallo sviluppo del turismo e del marketing territoriale, dall’utilizzo delle utilities delle comunità minori come risorse, dal ciclo integrato dei rifiuti fino ai corsi d’acqua e le zone industriali per produrre energia pulita, dalle infrastrutture o dalle nuove frontiere della tecnologia. Come cogliere queste opportunità? La vocazione allo sviluppo deve nascere dal basso e richiede il contributo di tutti. Il sistema Torino può diventare un modello, ma prima ancora serve una mentalità aperta a questa spinta, creando ricchezza a partire dal patrimonio e dalle potenzialità dell’area metropolitana. E ciò potrebbe diventare un modo concreto per diffondere la cultura della glocalizzazione e un’occasione per trovare insieme una strada per uscire dallo stallo in cui si trovano le nostre economie. Ma bisogna farlo in fretta: corri Torino, anzi per dirla con una hashtag #corriTorino.

*Imprenditore.


Posted on: 2020/11/03, by :