Storia della sanità, capitolo XXV: templi-ospedali, druidi e vespasiani

di Emanuele Davide Ruffino
e Germana Zollesi |

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All’ombra delle aquile imperiali si costruirono strutture direttamente rivolte alla salute delle persone, ovviamente posti sotto la protezione degli Dei. Il culto di Asclepio (o di Esculapio, come veniva anche chiamato) si diffuse rapidamente in tutti i luoghi dove vi era necessità di curare persone malate, cioè in ogni luogo dell’Impero, anche se con modalità e operatività diverse, adattandosi alle esigenze locali. Le credenze popolari portavano a raccontare che Esculapio era anche in grado di risuscitare gli uomini: peccato che per questa sua attitudine, Giove (che probabilmente voleva avere un’esclusiva sulla pratica) lo fulminò (così si narra).

Sotto il nome di “Asclepio”, si andarono così a realizzare templi dedicati alla divinità cui veniva attribuita la capacità di compiere le guarigioni: in genere erano gestiti da collegi sacerdotali (testimonianze si hanno soprattutto in Spagna e in Dacia) che interpretavano le indicazioni suggerite dalle sibille.

L’onorismo nel segno di Esculapio

In altre zone, Esculapio appariva direttamente in sogno ai malati suggerendogli cosa fare per guarire. Altre volte Esculapio anziché apparire direttamente, utilizzava le sembianze del gemello Imutes, altre invece utilizzava tutta la sua luminosità per abbagliare sui pazienti. L’immagine più comune, anche perché utilizzata su un lato delle monete dell’imperatore Caracalla, è quello che lo vuole rappresentato appoggiato con la mano destra al bastone attorno a cui si attorciglia il serpente. Oltre agli aspetti mitologici che con sagacia degna di nostri giorni già ammantavano i templi, diversi erano i locali adibiti a scopi collegabili con il ricovero di fedeli pazienti. Tali locali erano, in genere, molto ampi ed illuminati, situati, sul modello greco, vicino a fiumi o lungo le coste, ma sempre in luoghi ameni e provvisti di abbondante acqua corrente.
A suggerire questa dislocazione fu l’architetto Vitruvio che aveva, con certo grado di saggezza, osservato come i miracoli degli Dei avevano maggiori possibilità di successo se i relativi templi fossero sorti in località naturalmente salubri e ovviamente dotate di acqua corrente. Queste strutture accoglievano pellegrini, soprattutto quelli malati e infermi, bisognosi di pratiche terapeutiche, cui venivano offerti i servizi delle palestre e dei bagni. In questi locali si svilupparono veri centri di medicina empirica in grado anche di far scuola a nuovi discenti che volevano apprestarsi agli studi sanitari (i primi policlinici). Curiosa è la testimonianza lasciataci da un certo Elio Aristide, un presunto saggio che sopravvisse fino a settant’anni (età più che considerevole per i tempi) che si vantava di avere, in sogno, frequenti visite da parte di Asclepio. In queste apparizioni saltava fuori un po’ di tutto: dalle raccomandazioni a bagni all’aria aperta, alla comunicazione che due suoi nipoti erano morti in vece sua…

La concorrenza dei Druidi

Più complesso è invece il rapporto con la cultura druida. Per definizione, i druidi erano sacerdoti che, tra le loro incombenze, vi era anche quella di cercare nei boschi piante officinali o erbe con proprietà magiche, o almeno fitoterapeutiche (Asterix è un loro prodotto). Nell’immaginario collettivo, i druidi sono canuti anziani con una folta barba e probabilmente la descrizione è esatta, perché solo le persone anziane potevano vantare un’esperienza e un rispetto tale per poter ricoprire il ruolo. Le popolazioni celtiche vivevano completamente immerse nelle immense foreste e da queste cercavano, oltre che il cibo, sostanze miracolose per superare qualsivoglia problema. Questo continuo contatto con la natura non permetteva una netta separazione tra realtà sensibile e realtà sovrannaturale, con la conseguenza che i guaritori druidi ricercavano nella natura dei loro boschi anche le energie misteriose della vita.
I fumetti di Asterix sicuramente hanno esaltato queste capacità, ma la fiducia nella generosità della Terra ed il rispetto di precisi rituali portò a soluzioni d’avanguardia per l’epoca. La storia ricorda, infatti, più druidi con capacità terapeutiche, e tra questi Diancecht: il primo Druido, ovviamente con ascendenze divine, da cui proviene tradizionalmente la conoscenza dei segreti curativi offerti dalla natura. Dalle conoscenze acquisite qua e là per l’Impero devono, però aver confuso un po’ le idee ai romani a tal punto che l’imperatore Marco Aurelio era convinto che le sorti della salute dei singoli uomini risiedesse direttamente ed esclusivamente nella volontà divina e non nelle potenzialità della medicina. Ne consegue che con la decadenza dei costumi crebbe il culto della guarigione (a scapito dell’acquisizione delle conoscenze) che divenne sempre più sofisticato e liturgicamente complesso.

I vespasiani: una piccola tassa, per un grande progresso

L’idea che i romani hanno portato la civiltà nel mondo nasce anche dallo stupore con cui le popolazioni barbare guardavano questi abili guerrieri trasformarsi in attenti curatori del loro corpo o in sacerdoti della salute. La conoscenza dell’arte medica rimase infatti un privilegio da cui escludere gran parte della popolazione, come testimonia il decreto di Domiziano del 93-94 d.C. che recita: “Ho deciso che si debba severamente frenare l’ingordigia di medici e maestri, che non per amore della cultura, ma per bramosia di guadagno vendono nel modo più oltraggioso l’insegnamento della loro arte a molti schiavi domestici, invitati da loro a istruirsi. Perciò decreto che chiunque di essi accetti emolumenti per insegnare a schiavi, sia privato dei privilegi concessi dal mio divino Padre Vespasiano”.
Nella storia della sanità appare quanto mai opportuno citare il “divino Vespasiano” perché le opere di igiene da lui introdotte e che ancora portano il suo nome, hanno contribuito al miglioramento della qualità della vita dei romani de Roma (e non solo), da duemila anni circa. Nella Roma antica vi erano molto bagni pubblici. Oltre che per ragioni igieniche, l’urina, costituiva una materia prima per le “officine fullonicae”, cioè le lavanderie, che lo usavano per sbiancare i tessuti e per pulire i vestiti. Le lavanderie avevano bisogno di ammoniaca e per questo mandavano delle persone nei bagni pubblici a raccogliere l’urina che contiene proprio questa sostanza. Di qui l’idea di Vespasiano di tassare l’urina! Tutti i fullonices (i lavandai) furono chiamati a corrispondere una tassa sui bagni pubblici. E da allora, fino ad oggi, i bagni pubblici si chiamano, infatti, “i Vespasiani”.




Posted on: 2020/12/18, by :