50 anni di regionalismo: lo stile dei “Costituenti” piemontesi primi anni Settanta

di Marco Travaglini|

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Nel 1970, le Regioni divennero una realtà. L’Italia dava così concretezza all’art. 114 della Costituzione che recita: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con proprio statuti, poteri e funzioni secondo i principati fissati dalla Costituzione”. La Porta di Vetro continua la sua galleria di immagini, curata da Marco Travaglini, ex consigliere regionale, con un ricordo dell’impronta politica che seppero imprimere i rappresentanti istituzionali alla prima assemblea regionale del Piemonte. Quinta puntata

Mezzo secolo fa, come accade solitamente nei momenti storici che introducono importanti novità istituzionali o sociali, anche la fase “costituente” del regionalismo piemontese si avvalse del forte e appassionato impegno dei protagonisti dell’epoca, personalità politiche di indubbio rilievo. Ai vertici istituzionali del neonato ente regionale si distinsero due persone dalle storie e dalle esperienze maturate molto diverse come il presidente della Giunta, conte Edoardo Calleri di Sala1, e il presidente del Consiglio regionale, Paolo Battino Vittorelli2.

Il primo, laureato in medicina e specializzato in otorinolaringoiatria, vantava quarti di nobiltà, era impegnato in attività imprenditoriali e finanziarie e militava nella Democrazia Cristiana. Il secondo, laureato in giurisprudenza, socialista dopo aver ricoperto incarichi importanti nel Partito d’Azione, vantava esperienze culturali e politiche. Anche per temperamento e convinzione regionalista erano differenti: d’indole esuberante ma dubbioso sul percorso regionale Calleri, più diplomatico e riflessivo oltre che convinto assertore del regionalismo Vittorelli. Li univa l’impronta democratica e l’impegno antifascista che li aveva visti entrambi impegnati durante la lotta di Liberazione. Entrambi diedero, scorrendo le cronache dell’epoca e i resoconti dei dibattiti, un contributo alto e qualificato, improntato a leale collaborazione. Lo stile di governo dell’aula improntato all’imparzialità durante la gestione di Vittorelli contribuì in modo significativo all’instaurarsi di un corretto e rispettoso rapporto fra l’Assemblea legislativa e la Giunta.

D’altro canto il deciso impegno di Calleri di Sala fu determinante nel definire con chiarezza i ruoli dell’esecutivo improntati alla collegialità (va sottolineato che in nessuna parte del primo Statuto si faceva riferimento al termine “assessorato” ma sempre all’assessore inteso come delegato del presidente della Giunta) in seno al “braccio operativo” della Regione, rispettando le competenze programmatori e legislative del Consiglio. In quegli anni, senza nascondere le diversità e anche le opposte visioni politiche, l’intera classe dirigente che venne chiamata a misurarsi con l’avvio dell’impresa regionalista dimostrò di avere stoffa e carattere. Due doti, accompagnate da una capacità di visione del futuro, che consentirono il raggiungimento di importanti obiettivi che, a cinquant’anni di distanza, i piemontesi possono ancora apprezzare con riconoscenza.

50 ANNI DI REGIONALISMO, QUINTA PUNTATA

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