Lagarde: “Il lockdown ha migliorato la produttività”

di Emanuele Davide Ruffino|

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Non ha avuto mezzi termini a sostenere che la produttività sia incrementata durante la pandemia la presidentessa della BCE, Christine Lagarde, parlando al Brussels economic forum che si sta tenendo in questi giorni (terminerà domani) sotto la presidenza slovena (appena subentrato a quella portoghese) chiamato a dare seguito all’iniziativa dei cittadini europei per il benessere e a presentare la strategia a lungo termine per le zone rurali. Gli uffici della BCE hanno certificato che la “la pandemia ha accelerato i trend in corso ad un passo che mai avremmo immaginato”, e “se capitalizziamo questo momento, può continuare ad accelerare la crescita della produttività del lavoro di 1% all’anno entro il 2024, più del doppio raggiunto dopo la grande crisi finanziaria”.

Il dato è quanto mai incoraggiante per le economie del Vecchio continente, da sempre alle prese con livelli di produttività peggiori rispetto ai concorrenti sia degli altri Paesi industrializzati (USA, Giappone, Australia e Canada), sia dei Paesi a rapida crescita industriale (Cina e India in primis). Per Lagarde “nel 2022 ci saranno possibilità per la nostra economia che, nel 2019, sarebbero sembrate lontane almeno un decennio. L’Europa da tanto voleva diventare più sostenibile e produttiva, e ora ha la vera opportunità di farlo”.

Una boccata di ossigeno quanto mai importante per rendere maggiormente sostenibile le nostre economie che nel prossimo futuro dovranno fronteggiare un deficit al limite del sopportabile. Il buon padre di famiglia sa che maggiori saranno i debiti da restituire, maggiore sarà il carico di lavoro che si dovrà sopportare, ma se questo migliora in termini di produttività il peso è più leggero.

Le ragioni del miglioramento

Solo gli ottimisti potevano pensare che la pandemia facesse bene all’economia. In realtà quando ci sono innovazioni, maggiori sono gli stimoli a trovare soluzioni (per i giapponesi “crisi” e “opportunità sono sinonimi). Ma se cerchiamo di esaminare come mai in situazioni profondamente diverse (quali sono i 27 Paesi dell’Unione Europea) in tutti si è registrato un miglioramento della produttività, cioè il rapporto tra “risorse impegnate e benefici ottenuti” o, in altri termini, lavorare meno ottenendo gli stessi risultati.

Nelle difficoltà (e il lockdowon ne ha offerte parecchie), si studiano nuove soluzioni e adattamenti. In effetti le grandi civiltà sono nate in Grecia (e non in Magna Grecia, terra molto più ospitale) e in Egitto (realtà non certo semplice), non in California, considerata la terra più ospitale al mondo e ricca di risorse di ogni genere (ma allora, se è sufficiente raccogliere ciò di cui si ha bisogno, perché arrovellarsi a cercare altre soluzioni). Il lockdown, specie nella sua prima fase, ha obbligato a ricercare soluzioni diverse, sia a livello familiare che in seno alle grandi imprese.

Oltre alla necessità di tentare di rispondere ai bisogni è sicuramente venuta a scemare, in molti soggetti, la paura di affrontare i vincoli burocratici approfittando dello “Stato di necessità” (che ha funzionato come liberazione intellettiva): lo smartwork o la didattica a distanza erano tecniche e soluzioni conosciute e normate ben prima dell’esplodere della pandemia, ma la pigrizia ne ha impedito la loro piena attuazione (ed in Paesi ad alto tasso di burocratizzazione come l’Italia e la Grecia, il tutto è stato ulteriormente rallentato da un’infinità di vincoli).

La ricerca volta a lavorare meglio, dovrebbe essere una costante del comportamento umano, ma non sempre riesce ad esprimersi appieno. E le eccezioni anche sotto l’impero della pandemia non mancano: il più curioso è offerto dall’impossibilità di alcuni papà di riconoscere subito il proprio figlio (ancorché regolarmente sposati), perché non potevano entrare in ospedale o l’imperterrita ostinazione di richiedere la compilazioni delle liberatorie per la privacy che nei cosiddetti reparti Covid non rappresentavano certo la priorità.

Una maggiore attenzione al risultato

Ciò che forse ha maggiormente influito nel migliorare la produttività è stata la necessità di concentrare l’attenzione non più sugli archetipi che condizionano il nostro di modo di produrre: ad esempio lo smart work ha obbligato a valutare il lavoro realmente svolto e non gli orari di bollatura. Così come le riunioni on line hanno aiutato a concentrare il dibattito sugli argomenti cruciali, riducendo le sovrapposizioni verbali perché l’organizzatore può staccare il microfono permettendo a tutti di esprimere il proprio pensiero. Così nella didattica, mancando il riscontro dell’aula, si è dovuto concentrare l’attenzione sull’effettivo apprendimento delle materie insegnate.

Dovendo risolvere un problema, tutto ciò che non è funzionale a questo scopo passa in secondo piano: è questa la ragione del miglioramento della produttività. Bisognerà verificare se superata la pandemia, gli arzigogoli giuridico burocratici riprenderanno il sopravvento, riportando in basso gli indici di rendimento, oppure la capacità nelproblem solving continuerà ad affermarsi, permettendo di perseguire maggiori livelli di efficacia/efficienza, stimolando la società a muoversi verso più alti livelli di razionalità.




Posted on: 2021/07/01, by :