Storia della sanità, capitolo XXXIII: “Salerno caput mundi”

di Emanuele Davide Ruffino
e Germana Zollesi |

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L’origine della Scuola medica Salernitana presenta più ipotesi: alcuni studiosi ritengano corretto collocare l’avvio della scuola solo nel XII secolo, altri la fanno risalire a Carlo magno. È oggettivamente difficile stabilire quando, da semplice aggregazione di alcuni medici e dei loro allievi si è costruita la culla della moderna cultura medica. Non bisogna dimenticare che Salerno ospitò fin agli inizi del 500 uno dei più grandi Ospizi, fondati da San Benedetto e che ben prima dell’anno mille, medici di grande valore seppero far tesoro delle esperienze maturate e coltivare gli studi fino a diventare gli antesignani di tutte le Università di Medicina.

Il riconoscimento nel 1231 da parte dell’Imperatore Federico II, quale unica Facoltà medica del Regno, ne è la logica conseguenza. Nelle “Costituzioni di Melfi” volute da Federico II e pubblicate nel 1231, si dispone, infatti, che la “Scuola medica di Salerno, è la sola del reame” e, nel 1280, Carlo I la dota di propri statuti.

Otto anni di studi universitari

Da sottolineare che per accedere agli studi di medicina erano necessari tre anni così come prescritto nel paragrafo XLVI “De Medicis” del “Liber Augustalis”: “Poiché non si può apprendere la scienza medica se non si ha una preparazione preliminare di logica, stabiliamo che nessuno possa studiare la scienza medica se prima non avrà studiato la logica almeno per un triennio. Dopo il triennio, se vorrà, potrà procedere nello studio della medicina, nella quale dovrà studiare per un quinquennio. Durante il periodo predetto apprenda anche la chirurgia, che è parte della medicina…”.

Medici, farmacisti e speziali trovano così una codifica o come diremmo oggi un’attestazione di professionalità. Il titolo di medico si otteneva con pubblico esame, una sorta di “Approvazione documentata” (cioè la laurea!) concessa dai maestri di Salerno. Se il titolo era concesso solo dopo un prefissato periodo di apprendistato/discenza, ne derivava che nessuno poteva esercitare tali professioni, senza adeguato curriculum e, di conseguenza, erano in molti a voler frequentare la scuola, tant’è che si dovette ben presto disporre il “numero chiuso”.

L’importanza dell’insegnamento derivò anche dal fatto che Federico II subordinò l’esercizio della professione all’ottenimento di un diploma di abilitazione nonché al rispetto della traditio ma aperti alla ratio, associata all’experientia (sine experientia nihil sciri potest). La medicina diventa scientia et ars , ovvero teorica armonizzata con una practica.

Il ruolo dell’Imperatore Federico II

Fino ad allora le scuole erano incentrate essenzialmente sull’esempio e sulla possibilità d’imitare il maestro, mentre l’insegnamento frontale si risolveva in dibattiti e dissertazioni. Fu Federico II, nel 1231 ad autorizzare la dissezione umana e che le scuole mediche dovevano ricevere ogni anno per studio e per l’esecuzione di lezioni, almeno due corpi di criminali giustiziati.

Il dovere, accertate l’apprendimento per poter rilasciare un attestato, obbligò a cambiare le tecniche d’insegnamento: bisognava identificare un sapere comune e universalmente accettato ed assicurarsi che lo studente lo apprenda nel modo corretto. Il problema dei ciarlatani e degli approfittatori era già avvertito nel Medioevo tant’è che si provvide a emanare specifiche norme per regolare l’esercizio della professione, anche per dirimere vere e proprie guerre commerciali tra il personale religioso operante nei conventi e i professionisti laici.

Il requisito che la scuola salernitana rappresentasse l’universalità del sapere era confermata dalla leggenda che a fondare la Scuola salernitana siano stati quattro maestri: l’ebreo Helinus, il greco Pontus, l’arabo Adela ed il latino Salernus. Difficile stabilire l’attendibilità della fonte, ma certamente la presunta paternità vuole testimoniare come la scuola salernitana abbia rappresentato il confluire delle principali cognizioni del mondo allora conosciuto, compresa anche la cultura normanna che giocò un ruolo risolutivo nella fondazione dell’Università.

Oltre alla riproposizione, in Occidente, dei cosiddetti testi sacri, diversi sono le scritture originali che videro la luce a Salerno, tra cui il Passionarius di Garioponto e la Practica Petrocelli e l’Antidotarius di Nicolai, ma il documento fondamentale della Scuola Medica Salernitana è sicuramente il “Regimen Sanitatis”. Siamo probabilmente, molto prima dell’istituzione dell’Università, nel 1066, quando viene predisposta una raccolta di trecento aforismi in versi latini dal titolo “Regimen sanitatis salernitanum”.

Le prime dottoresse: Trotula, ostetrica e levatrice

I Precetti contenuti nell’opera influenzarono notevolmente lo sviluppo della scienza medica dei secoli successivi, in quanto, non solo elaborano molte conoscenze scientifiche, ma anticipano alcune regole d’igiene e di comportamento che caratterizzeranno l’evoluzione della medicina occidentale. Si narra che quando il principe ereditario d’Inghilterra Roberto dovette abbandonare Salerno per prendere il posto di suo fratello Guglielmo, chiese ai medici un vademecum, un manualetto con i principi essenziali dell’arte medica salernitana e delle norme igieniche necessarie per mantenere in buona condizione la salute della popolazione.

In realtà le prime testimonianze storiche dell’attività della scuola vengono fatte risalire ad Alfano I, arcivescovo di Salerno che dal 1058 al 1085 si applicò, per tutto il suo magistero, anche ad insegnare le scienze mediche e la filosofia. Della sua città scrisse: “Tum medicinali tantum florebat in arte, posset ut hic nullus languor hobere locum” (Allora Salerno era così fiorente nell’arte medica che nessuna malattia poteva in essa trovar posto).

È in questa città che intorno all’anno 1100 si cominciava ad utilizzare l’alcool nelle sue due forme: aqua ardens a 60° e aqua vitae a 90°, come solventi per la preparazione di rimedi. La pluralità degli usi si denota anche nelle terminologie utilizzate per le nuove sostanze: prima essenza, quintessenza, anima del vino, acqua flagrante, permanente o eterna, spirito sottile, luce dei mercuri.

La più rinomata fu la formula sintetizzata da Arnaldo di Villanova, che nel 1260 sintetizzò l’Acqua dell’Immortalità cui vennero attribuiti poteri miracolosi, da cui il nome di aqua vitae. Ovviamente il preparato poteva essere venduto solo dagli ipotecari e poteva curare, secondo i venditori, pressoché tutto. Nella cultura medica salernitana, aspetto insolito per il panorama culturale del tempo, ebbero un posto di rilievo anche le donne, sia come insegnanti che come dottoresse. Il personaggio più famoso, e a tratti anche leggendario, è Trotula, ostetrica e levatrice, alla quale si attribuisce un trattato di ginecologia e ostetricia “De mulieribus passionibus ante, in et post partum”, testo di riferimento fino al ‘500.




Posted on: 2021/07/05, by :