Il concetto di normalità tra aumento del disagio psichico e l’uso delle armi

di Chiara Laura Riccardo |

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A pochi giorni dall’approvazione dell’emendamento che stabilisce una stretta sul possesso di armi da fuoco per persone che hanno presentato, anche in passato, problemi psichici o siano stati sottoposti a trattamenti sanitari obbligatori, ecco il “nuovo fatto” di cronaca che ribalta lo scenario: quello dell’assessore del comune di Voghera che ha sparato accidentalmente un colpo di pistola uccidendo un cittadino marocchino. Ed ora è accusato di eccesso colposo di legittima difesa. Ma il dettaglio che ribalta lo scenario non è secondario o marginale: pare che la vittima avesse problemi psichiatrici a differenza di colui che, invece, deteneva la pistola.

Da giorni, infatti, i parenti della vittima affermano che il giovane marocchino soffrisse da tempo di disagio psichico e, in precedenza, avesse subito un ricovero in TSO. Ne consegue che, per tali ragioni, “andava curato, non ucciso, era malato, ma non faceva male a nessuno”. Tralasciando ora l’analisi dei fatti e le responsabilità che la giustizia accerterà, è però doveroso aprire una parentesi riflessiva su quei cosiddetti “casi difficili” legati a situazioni di deriva sociale, persone senza fissa dimora, stranieri con difficoltà di integrazione, e talora con concomitanti comportamenti d’abuso di alcol e/o sostanze, casi, questi, in costante aumento.

Ci troviamo, come da molti anni a questa parte, a fare i conti con un fenomeno di “psichiatrizzazione” dei fatti e delle notizie inerenti situazioni di disagio che non hanno nulla di francamente patologico. In compenso, forse per spettacolarizzazione mediatica, il messaggio viene veicolato in quella forma. Il che, ed è inevitabile, alimenta tra i cittadini una visione stereotipata della persona con problemi psichici e il binomio malattia mentale-pericolosità sociale contribuisce allo stigma e alla discriminazione.

In questa cornice, il caso di Voghera ci offre la possibilità di aprirci ad una duplice riflessione: da un lato sul tema del disagio mentale associato alla pericolosità, nonché le fragilità conseguenti alle difficoltà di integrazione dei cittadini stranieri, dall’altro sul tema della detenzione di armi. Cosa ci dicono i dati su questi fenomeni? In primis ci dicono che, la maggioranza delle persone con disturbi mentali non sono pericolose, anzi, sono spesso vittime della violenza delle persone che non soffrono di disturbi mentali. In proposito, l’Istituto Superiore di Sanità riporta che solo il 3-5% degli atti violenti può essere attribuito a persone con disturbi psichici.

Dal punto di vista, poi, dei servizi di salute mentale in Italia, il recente Rapporto Salute Mentale del Ministero della Salute (pubblicato a giugno 2021 e riferito all’anno 2019) fotografa come gli utenti stranieri in trattamento nell’anno rappresentano il 5,6% del totale degli utenti trattati presso i servizi di salute mentale e questo incremento pone il sistema, già fortemente provato per la scarsità di risorse, ulteriormente sotto stress. Un fenomeno questo su cui porre attenzione e su cui investire risorse in termini di approccio assistenziale, terapeutico e riabilitativo dato che il tasso degli utenti stranieri con residenza in Italia in trattamento presso i servizi di salute mentale è pari a 87,6 per 10.000 cittadini stranieri residenti.

Infine, dal punto di vista della detenzione di armi, i dati della Polizia di Stato ci dicono che sono 1.286.247 i permessi in vigore nel 2020, con una aumento soprattutto di quelli per il “tiro sportivo”, più facili da ottenere. Una crescita di quasi il 10% rispetto al 2019. E la cronaca ci fa intuire, anche se dati a disposizione non se ne hanno, che risultano in aumento anche le tragedie causate da armi legalmente detenute.

L’interrogativo finale che vuole aprire a nuove riflessioni, nella consapevolezza che la questione è complessa e per questo motivo vale la pena soffermarsi in ogni suo angolo, è dunque: in questo “strenua” ricerca di definizioni di normalità, differenza e patologia, oggi ci troviamo, tristemente, a ritenere “normale” che una persona sofferente, magari straniera e senza tetto, vagabondi per una città, ma, siamo certi di ritenere anche “normale” che una persona comune giri per quella stessa città passeggiando con una pistola in tasca?




Posted on: 2021/07/23, by :