“Sindacati ancora privi di una strategia unitaria”

di Adriano Serafino|

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Le confederazioni Cgil, Cisl e Uil di Torino hanno avviato un’indagine, in collaborazione con Ismel, per “ascoltare le opinioni” di lavoratrici/tori, di disoccupate/i, di pensionate/i, per conoscere meglio le loro esigenze e su questa base formulare proposte adeguate, perfezionando quanto oggetto della “Vertenza Torino” avviata con la fiaccolata nel 2019. Ho cliccato, come suggerito, sul link https://www.aevento.info/_/progefutu/ e mi sono ritrovato davanti ad un lungo elenco di domande e per molte di esse un ampio ventaglio di risposte. Ne consegue, che la compilazione richiede un prolungato lasso di tempo. Al termine, mi sono interrogato se quanto avevo compilato era un’indagine utile per definire una strategia sindacale oppure una registrazione di opinioni che potranno servire magari per impostare altre ricerche più dettagliate… Al che, mi sono stupito che non si siano utilizzati studi recenti, come ad esempio l’ultimo coordinato da Mauro Zangola, vedi https://sindacalmente.org/content/paradossi-del-mismatch/.

Lo stupore, in realtà, è anche un pretesto e fa da apripista ad un’altra considerazione, correlata all’indagine stessa, sulla capacità dei sindacati di possedere una strategia unitaria che dia un senso di futuro di società alle tante richieste fin qui formulate ai vari tavoli, sia territoriali sia nazionali. E qui ci ritroviamo dinanzi ad unvulnus. Anzi, al vulnus, antico, che ha provocato la caduta della spinta propulsiva dei sindacati come soggetto di cambiamento della nostra società: la mancanza di una strategia comune. Una carenza di strategia (per sanità, scuola, trasporti in primo luogo) che la pandemia con le sue varianti ha reso ancora più evidente. E la variante Delta incalza. Altre ne seguiranno. Gli appelli a vaccinarsi si moltiplicano mentre prende piede un’inaspettata vasta contestazione (eterogenea) al buon senso che ha messo in campo prime forme di “passaporto verde”.

Dunque, se il sindacalismo italiano vuole riprendere peso specifico nella società non ha che una strada, magari antica, che passa dall’utilizzo di tutti gli strumenti di partecipazione delle Rsu e degli iscritti, compresi rapidi e mirati strumenti d’inchiesta on line. Ma il fine ultimo dev’essere chiaro: il sindacato si pronunci con chiarezza e unitariamente, in queste settimane, su alcuni punti prioritari per definire una strategia che possa dare consistenza e qualità alle richieste, qualificando e dando forza ai tanti tavoli di confronto. Il sindacato italiano possiede gli strumenti di confronto per orientare l’opinione di oltre 11,3 milioni di iscritti alle tre confederazioni, su punti importanti come ad esempio:

– obbligo di “certificato verde” per tutto il personale dei settori sanitario e dell’assistenza; così pure per i docenti, insegnanti e personale delle scuole ai vari livelli. Chi rifiuta il vaccino va collocato in altra mansione non esposta a contagio e se ciò non è possibile, collocato in aspettativa non retribuita;

– ma non basta il “certificato verde” per garantire a settembre la scuola in presenza per tutti che consenta anche il recupero del tempo perduto nell’insegnamento a causa delle tante chiusure. Le aule non si moltiplicano in poche settimane o mesi al fine di ridurre le cosiddette “classi pollaio” e tutte quelle che non garantiscano un adeguato distanziamento. La soluzione possibile nel tempo breve è quella di una scuola con orari differenziati e con più turni.

Su quest’ultimo punto, il sindacato unitariamente può fare molto, ma deve impegnarsi in un serrato confronto per spostare opinioni per nulla solidaristiche che esistono in settori del corpo insegnanti e del personale scolastico. Solo con queste scelte è possibile, nel breve termine, dare una corretta risposta anche al distanziamento sui mezzi pubblici (metro, autobus, tram) che per essere aumentati nel parco di circolazione si richiede tempi di programmazione e di costruzione di parecchi mesi.

Sono iscritto alla Cisl dal 1959. In quegli anni del “miracolo economico” prese forma anche la visione di una società, di un modello socio-economico modellato sulle 40 ore lavorative, il sabato libero con tutto ciò che ha poi comportato per la vita delle persone e dei consumi. Oggi, in piena era digitale e con l’orizzonte di pandemie endemiche, che sollecitano molte risposte intersettoriali, cosa può significare per i lavoratori, i cittadini e il sindacato una visione strategica della “Città dei 15 minuti” (https://sindacalmente.org/content/le-citta-dei-15-minuti/.

Si tratta di una visione strategica certamente, con quanto ne consegue: avere in prossimità di 15 minuti dalla propria abitazione i servizi essenziali della Pubblica Amministrazione, del Sistema Sanitario Nazionale Pubblico. Un nuovo e diverso sistema sanitario pubblico non solo ospedale-centrico ma con distretti nei quartieri, centri di pluriservizi (per risolvere il nodo dei Pronto soccorso) con un nuovo ruolo dei medici di base incorporati a pieno tempo nel servizio pubblico e non già convenzionati come liberi professionisti. Ad esempio, centri di co-working raggiungibili in 15 minuti a piedi per svolgere attività di smartworking, in sedi moderne e attrezzate. Cambiando la città, cambia il modello di sviluppo in quanto servizi universali a tutela della salute, della formazione diventerebbero, anche nel linguaggio e nella percezione comune, settori fondamentali di una nuova economia.




Posted on: 2021/07/26, by :