Il rapimento di Eitan, un atto di forza da Far West

di Magda N. Naggar*|

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È stato posto agli arresti domiciliari Shmuel Peleg, il nonno materno del piccolo Eitan (l’unico sopravvissuto della tragedia al Mottarone il 23 maggio scorso). L’uomo è stato accusato di sequestro di persona aggravato dopo che, sottratto il bimbo a Pavia, lo ha portato con un volo privato dalla Svizzera in Israele. Nella vicenda, secondo gli inquirenti, è implicata anche la nonna materna.

La vicenda del piccolo Eitan, – sequestrato dal nonno materno e portato in Israele con un blitz nel più totale disprezzo e indifferenza verso il provvedimento di un Giudice che lo affidava alla zia paterna – induce a riflessioni più generali sull’uso delle azioni di forza e della violenza all’interno delle relazioni intrafamiliari. Altre saranno le sedi nelle quali portare la vicenda giudiziaria di Eitan che costituisce un caso di sottrazione internazionale di un minore, ma ciò che è grave è che, ancora una volta, il luogo in cui si è verificata l’azione di forza è la famiglia, quella società naturale dove, per definizione, i suoi membri dovrebbero trovare accoglienza, protezione e riconoscimento dei loro diritti.

Per un bambino di sei anni che vive in Italia da quando ne aveva uno, affidato da un Giudice alla zia paterna proprio per garantirgli continuità con il progetto di vita individuato per lui dai suoi genitori, quell’atto ha un solo e triste significato: essere strappato alla sua vita, con tutto ciò che questo sostantivo implica in termini di relazioni con le attuali figure di riferimento familiari e terapeutiche, la scuola, lo sport, gli amici e il territorio. E, ultimo man meno importante, rappresenta non solo un reato penale, ma un abuso emotivo che non dev’essere tollerato.

Non credo interessino le motivazioni di questo nonno (dotato peraltro di un cast di iniziative, sostegni e risorse non così comuni che mirata una riflessione) che ha rapito il nipote. Semmai preoccupa la sua convinzione che non esistano regole che lo riguardino o che lui debba rispettare, che può non curarsi di un provvedimento emesso da un Giudice di uno Stato estero e dunque, anziché attivare le previste procedure giudiziarie, egli possa farsi giustizia da sé, come quel “borghese piccolo piccolo” nel film (1977) di Mario Monicelli, interpretato da Alberto Sordi.

Nella società civile, e ancor più nella sua formazione primaria, la famiglia, dove i componenti devono ancor più rispettarsi, non possono essere ammesse derive anarchiche, neppure quando non si condivide il responso della Giustizia o potrebbe esservi una certa sfiducia nei suoi tempi. Le regole che governano le comunità ci sono e devono essere rispettate. L’azione del nonno materno è illegittima, per cui dev’essere disposto senza indugio dalle autorità israeliane l’immediato rientro di Eitan in Italia e alla sua vita.

Questo atto di forza attuato da una persona di famiglia, un nonno, di cui Eitan si fida e a cui la zia lo ha affidato, si pone in netto contrasto con le regole di comportamento dei componenti della società civile e rimanda, invece, alle società barbare, mafiose, a quelle in cui vige la legge del taglione o il farsi giustizia da sé. Il Far West di John Ford e John Wayne o il divorzio all’italiana di Marcello Mastroianni ci avranno anche affascinato, ma vanno lasciati dove sono, nelle sale cinematografiche.



*Avvocato civilista


Posted on: 2021/09/14, by :