Pandemia: monoclonali al contrattacco

di Giuseppina Viberti
e Germana Zollesi |

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I primi risultati sono incoraggianti: forse non si guarisce da Covid-19 in mezz’ora, con una flebo, ma la somministrazione degli anticorpi monoclonali, se effettuata nei primi tre giorni di infezione, riduce fino all´80% il rischio di ricovero ospedaliero, evitando così molte complicazioni (se non anche il decesso del paziente). Va ricordato che la pratica è attuabile, come già avvenuto all’Ospedale Regina Margherita su una neonata, anche per i bambini più piccoli.

Il nuovo anno inizia con una partenza a razzo per un’ampia somministrazione dei farmaci monoclonali sulle persone che rispondono ai requisiti previsti dal Protocollo per la presa in carico dei pazienti covid anche a domicilio.

Massima attenzione nella somministrazione

Le nuove e innovative terapie con monoclonali, devono essere gestite da personale sanitario in grado di affrontare effetti collaterali che, seppur rari, possono essere molto seri come lo shock allergico. Gli anticorpi monoclonali (o MAb, dall’inglese Monoclonal Antibodies) possono essere definiti come proteine omogenee ibride, ottenute da un singolo clone di linfocita ingegnerizzato e possono essere utilizzati sia per scopi diagnostici (già da tempo in laboratorio si utilizzano a scopo diagnostico gli anticorpi anti IgM anti covid), sia per scopi terapeutici.

Il loro utilizzo dovrebbe arrestare il progresso della patologia specie se somministrato nei primi giorni in cui appaiono i sintomi ai pazienti che rispondono alle caratteristiche prefissate. Attualmente sono disponibili farmaci la cui somministrazione (ovviamente nel rispetto dei protocolli) è possibile a domicilio. Ad essere interessati sono e numerosi complessi ospedalieri regionali: Città della Salute e della Scienza e Amedeo di Savoia a Torino, Santa Croce e Carle a Cuneo, Arrigo e Biagio ad Alessandria e le ASL di Asti, Biella, Vercelli e VCO. Ora, superata la fase sperimentale, la somministrazione dei monoclonali si avvierà fin da questo mese e permetterà una nuova forma di contrasto alla malattia, riducendo significativamente l’ospedalizzazione dei contagiati.

Oltre al disporre di un nuovo strumento di cura e a diminuire significativamente i costi (una somministrazione costa molto meno di un ricovero) la pratica permette di alleggerire il peso attualmente in capo agli ospedali che, sopraffatti dai pazienti Covid e con molti vuoti tra il personale potenzialmente infettato, non riescono più a soddisfare le normali incombenze, obbligando a ritardare altri interventi. Le dimensioni assunte dalla variante Omicron obbliga ad attivare tutte le risorse disponibili compresi i Medici di Medicina Generale e le case di cura che potrebbero sollevare, almeno in parte, gli ospedali, riaprire gli ambulatori e riprendere l’attività normale. L’organizzazione per il contrasto alla pandemia però è ben lungi dall’aver trovato soluzioni validate.

Le nuove scoperte si moltiplicano

E’ di queste ore l’approvazione da parte della Commissione Europea, su parere dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), di nuovi preparati medicinali contenenti anticorpi monoclonali, da soli o in associazione, contro la proteina spike del virus SARS-CoV-2:

• associazione casirivimab-imdevimab denominata Ronapreve (dell’azienda farmaceutica Regeneron/Roche) per il trattamento e la prevenzione di COVID-19;

• regdanvimab denominato Regkirona (dell’azienda farmaceutica Celltrion Healthcare Hungary Kft) per il trattamento di COVID-19;

• sotrovimab denominato Xevudy (dell’azienda GSK) per il trattamento di COVID-19.

Inoltre a breve si annuncia la comparsa di nuovi anticorpi monoclonali da utilizzare preventivamente e subito dopo un possibile contagio. Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio è stato ampiamente soddisfatto: la scienza prosegue il suo cammino, a dispetto delle polemiche che accompagnano la pandemia e l’uso dei vaccini.




Posted on: 2022/01/08, by :