Generali: il War Game si gioca anche sotto la Mole

di Pietro Terna|

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L’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone si è dimesso da vicepresidente delle Generali e i siti web finanziari di tutto il mondo ne parlano. Generali è un colosso nel campo delle assicurazioni. Già il 15 dicembre1 l’agenzia Reuters scriveva (nostra traduzione):

“Generali ha detto che seguirà obiettivi di guadagni coraggiosi per il 2024, aumenterà i dividendi e lancerà il suo primo buyback in 15 anni, mentre la proposta a Philippe Donnet di rimanere come CEO del più grande assicuratore italiano affronta l’opposizione di due grandi investitori. Alla riconferma di Donnet il prossimo anno si oppongono il magnate delle costruzioni Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio, fondatore del gigante degli occhiali Luxottica, che vogliono che l’assicurazione sia più ambiziosa nell’espansione, tramite acquisizioni. (…) Nel complesso, il piano ha vinto con 11 voti su 13. Donnet è sostenuto da Mediobanca, il maggiore azionista di Generali. Caltagirone e Del Vecchio sono il secondo e il terzo. Gli analisti hanno apprezzato il piano di Donnet, ma la reazione del mercato è stata contenuta”.

Ora le dimissioni. Sempre2 da Reuters, il 14 gennaio (nostra traduzione):

“La scommessa di Donnet per un nuovo mandato come amministratore delegato è al centro di una lotta tra i maggiori investitori di Generali, tra cui il magnate delle costruzioni e dei giornali Francesco Gaetano Caltagirone, che si è dimesso dal consiglio giovedì. Sembra che stiamo raggiungendo un punto di rottura, ha annotato3 Autonomous Research. Caltagirone detiene l’8,04% di Generali, dopo il 12,8% di Mediobanca. Del Vecchio è l’investitore n. 3 con quasi il 7%. (…) Caltagirone e Del Vecchio a settembre hanno stretto un patto di consultazione sulle mosse di Generali. Dopo aver aumentato le loro rispettive partecipazioni e aver portato a bordo il piccolo investitore CRT, controllano una partecipazione combinata di poco più del 16%. Il patto è intatto dopo la decisione di Caltagirone, ha detto una fonte vicina a Del Vecchio. Per avere più peso alla riunione degli azionisti in aprile, con la nomina del nuovo consiglio, Mediobanca ha preso in prestito azioni per raggiungere una quota di voto del 17%”.

Guerre stellari o war game, dunque. Perché la Porta di Vetro se ne occupa? A parte l’ovvietà della ghiotta notizia, ma non si può sottacere il riferimento alla torinese Fondazione CRT, che ha una quota dell’1,5384. Difficilissimo esprimere giudizi dall’esterno, ma qualche appunto si può formularlo, a futura memoria.

Il buyback, acquisto di azioni proprie, certo aumenta il valore di borsa delle azioni rimanenti e ne fa contenti i detentori, ma non è un segno di espansione industriale. Mediobanca è stata al centro di tutte le questioni finanziarie e industriali rilevanti nella storia repubblicana, compreso l’abbandono dell’Olivetti, con salvataggi noti e non noti, grazie al ruolo di Enrico Cuccia, padre e padrone tanto potente quanto solo un centro autoreferenziale poteva essere.

La Fondazione CRT è schierata con due imprenditori veri in uno scontro i cui contorni non conosciamo, ma in cui c’è una opposizione a quel che resta di quel centro di potere, certo ora meno importante, ma sempre presente. Forse è bene che sia così, ma – domanda impertinente – tutto ciò fa parte degli scopi per cui le fondazioni nate dalla smobilitazione del patrimonio delle grandi banche pubbliche, furono create?

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