Lorenzo, 18 anni: non si arresta la frana dei lutti sul lavoro
di Cristina Maccari*|
|Lorenzo era al suo ultimo giorno di tirocinio di un progetto alternanza Scuola/Lavoro in una fabbrica di carpenteria metallica a Udine. Aveva 18 anni ed è morto all’istante ieri, schiacciato da una grossa trave di metallo che gli è rovinata addosso. In questo 2022, secondo l’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro https://cadutisullavoro.blogspot.com
“48 lavoratori hanno perduto la vita, 23 di questi sui luoghi di lavoro, gli altri sulle strade e in itinere”.
La contabilità degli infortuni sul lavoro in Italia è macabra: cento caduti al mese, più di tre ogni giorno. Il dubbio è solo a chi toccherà, dove succederà, se sarà un padre o un figlio, una madre o una figlia, forse entrambe. E non si tratta di postuma retorica, come ha dimostrato la morte di Lorenzo, 18 anni, colpito ieri in maniera letale da una putrella in una fabbrica di Udine. La certezza dell’irreparabile sui luoghi di lavoro è diventata granitica nella sua crudele realtà e sembra persino prendersi gioco delle istituzioni: mentre Lorenzo moriva, all’inaugurazione dell’anno giudiziario il Presidente della Cassazione definiva inaccettabile il numero degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, specie nei settori maggiormente caratterizzati da attività precarie ed usuranti. E l’INAIL riconosceva al figlio di Luana, morta a Prato il 3 maggio 2021, stritolata dalla macchina su cui lavorava, 166 mila euro di risarcimento.
Nulla fa pensare che il 2022 sarà diverso, perché nel frattempo gli impegni assunti non si sono tradotti in azioni concrete, visibili ed efficaci: i fatti parlano da soli. L’analisi generale delle cause degli infortuni viene fatta ogni volta in cui si verifica un incidente mortale ed è sempre la stessa: scarsa formazione, precarietà, lavoro irregolare. La fretta legata alla volontà di produrre di più fa rimuovere le protezioni di sicurezza o fa trascurare e ignorare la necessaria manutenzione dei macchinari, ma anche l’eccessiva “confidenza” con il proprio lavoro, che magari si svolge da anni, porta ad abbassare la guardia e a sottovalutare i possibili rischi. Anche le strade da seguire sono ben note: maggiore formazione per creare una cultura della sicurezza che maturi fin dalla scuola, formazione specifica dei lavoratori e dei datori di lavoro, ma anche controlli, ispezioni, sanzioni.
Occorre andare oltre e mettere in pratica gli impegni presi: non si diventa ispettore del lavoro in un mese, né la cultura della sicurezza si trasmette in un’ora di formazione. E nel frattempo si rafforza il senso di impunità, così diffuso nel nostro Paese. Nei prossimi mesi, anni arriveranno sui territori ingenti risorse legate al PNRR che determineranno, tra l’altro, un aumento del lavoro nei cantieri edili (si pensi allo strumento del “110%”). Se già oggi vediamo imprese nascere da un giorno all’altro e lavoratori reclutati senza professionalità specifica, dobbiamo immediatamente preoccuparci di quello che potrebbe succedere tra pochi mesi. I tempi stretti che sono stati dettati per terminare i lavori, pena la restituzione dei fondi, ed il rischio, già denunciato dall’Anac, di possibili infiltrazioni di imprese legate alla criminalità organizzata, ci mettono di fronte ad uno scenario potenzialmente allarmante dal punto di vista della sicurezza che non può lasciarci indifferenti.
Il lavoro irregolare riduce la sicurezza e cancella la dignità. Non a caso sono sono numerosi gli infortuni che si verificano in quelle condizioni. Ma c’è anche un rovescio: il 18 dicembre 2021 in Via Genova a Torino, Filippo, 20 anni, ha smesso di respirare schiacciato dalla gru che amava; Lorenzo è morto ieri, 21 gennaio, mentre svolgeva un percorso di alternanza scuola lavoro in fabbrica ed era “appassionato di meccanica”. A Filippo e Lorenzo non era stato imposto un percorso lavorativo o scolastico. Erano giovani che amavano ciò che facevano. Sarà la magistratura ad accertare ciò che è successo e perché è successo, ma noi tutti sappiamo a priori che le responsabilità effettive sono molto più estese di quelle che accerteranno gli inquirenti e valuteranno i giudici.
Se non ci saranno ulteriori interventi efficaci e tempestivi, se non aumenteranno i controlli e la formazione per radicare davvero la cultura della sicurezza, l’imperativo “mai più morti sul lavoro” sarà tradito nel momento stesso in cui verrà pronunciato, proprio come è accaduto ieri, dopo l’ennesimo infortunio mortale.
*Sindacalista Cisl
Posted on: 2022/01/22, by : admin