Vaccino per i Paesi poveri, prime intese con l’UE

di Giuseppina Viberti
e Germana Zollesi |

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Se si vuole estirpare la pandemia occorrerà che la maggioranza della popolazione dell’intero pianeta sia vaccinata e per raggiungere questo risultato sarà necessario uno sforzo di collaborazione internazionale, difficile da realizzare con una guerra in corso che non solo mette a rischio sanitario le popolazioni interessate, ma che crea condizioni igienico-sanitarie estremamente pericolose. La storia ricorda che gran parte degli assedi finirono perché in uno dei due campi scoppiava un’epidemia e i combattenti si affrettavano a lanciare con una catapulta i corpi nel campo avverso per provocare un’analoga sciagura.

Il problema della copertura vaccinale, già anticipato a gennaio in un nostro articolo dal titolo: “Il vaccino per i Paesi poveri esiste: ma chi lo produrrà?” (rimandiamo a https://www.laportadivetro.org/wp-content/uploads/2022/01/model_vz-1.pdf), forse ha oggi una risposta concreta. A metà febbraio l’Unione Europea e l’Unione Africana hanno trovato un accordo basato sul principio della “sovranità sanitaria attraverso trasferimenti volontari di tecnologia da parte dell’industria e dei laboratori farmaceutici proprietari dei brevetti”.

Impegno comune per la produzione di farmaci UE e Africa

Nelle conclusioni finali del vertice viene indicato che Bruxelles sostiene l’impegno comune alla produzione di vaccini, medicinali, prodotti diagnostici, terapeutici e sanitari in Africa compresi gli investimenti per la produzione e il trasferimento volontario della tecnologia e il rafforzamento delle norme per consentire l’accesso equo ai vaccini, e alle altre pratiche di diagnostica e terapia. Dal punto di vista dei principi, le affermazioni sono ineccepibili. Il presidente francese Macron ha affermato che è iniziato un “approccio fra partner” con i leader africani; il presidente del Senegal Sall, che guida l’Unione Africana, ha detto che la fase dei rapporti basata “sull’aiuto” dell’UE è finita e ora si tratta fra pari.

È un segno tangibile della fine del colonialismo europeo ed una modalità di azione che può impedire il sorgere di nuovi: l’Africa con le sue ricchezze attira interesse da diverse parti del mondo (in ultimo la Cina) e per questo diventa importante elaborare un modello che ne garantisca uno sviluppo equilibrato (scevro da sfruttamenti ed imposizioni). Nella sostanza, l’UE s’impegna a investire nei prossimi anni 150 miliardi in Africa anche allo scopo, seppur non dichiarato, di contrastare la penetrazione cinese nel continente.

In questa grande enfasi sul cambiamento dei rapporti fra UE e Africa, non è stato risolto definitivamente il tema importante dei brevetti che sarà nuovamente affrontato in primavera. Naturalmente in Europa, come affermato dal presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, ci sono delle differenze di intenti (chi detiene i brevetti non li vuole sospendere ed esercita significative azioni di lobbying), ma resta il fatto importante che il processo è iniziato.

Prototipi collaborativi sui brevetti

Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa con il presidente indiano Ram Nath Covind hanno guidato la richiesta dei Paesi in via di sviluppo sulla sospensione dei brevetti affermando che “i governi seri dovrebbero approvare la sospensione dei brevetti e non nascondersi dietro la tutela della proprietà intellettuale per difendere la ricerca del profitto per i produttori di vaccini mettendo sempre l’Africa al fondo della fila nell’accesso ai farmaci”. Sono affermazioni durissime verso l’Occidente che viene accusato di difendere solo interessi particolari. A queste dichiarazioni si sono uniti altri paesi africani, sudamericani (Bolivia, Venezuela), Pakistan e Mongolia che vorrebbero una deroga temporanea dell’accordo raggiunto dalla WTO (Trips) sui brevetti.

Il Parlamento Europeo si è espresso a favore di una deroga temporanea perché è necessario un approccio globale alla pandemia ma è contrario alla rinuncia indefinita dell’accordo Trips perché rappresenterebbe un grave depotenziamento economico alla ricerca e allo sviluppo di test e farmaci. La UE ha assicurato il suo impegno a fornire almeno 450 milioni di dosi di vaccini all’Africa entro metà 2022 pari a circa 3 miliardi di dollari e saranno impegnati altri 425 milioni di euro per la distribuzione delle dosi, la formazione delle équipe sanitarie, la vaccinazione, la diagnostica e il sequenziamento del coronavirus.

Si eviti l’esasperazione del profitto

Secondo le intese con l’OMS, i primi sei Paesi che riceveranno la tecnologia necessaria per la produzione dei vaccini a mRNA in Africa saranno: Egitto, Kenia, Nigeria, Senegal, Sudafrica, Tunisia; però i primi lotti non saranno pronti prima del 2024 e questo è sicuramente un problema, non solo per le popolazioni direttamente interessate (il contagio, per definizione, non è mai un problema locale). Il creare forme di collaborazione rappresenta il miglior sistema per evitare l’acuirsi dei conflitti oltre che migliorare le condizioni di vita delle popolazioni.

Il prevedere la possibilità di brevettare i risultati di costose ricerche ha rappresentato e rappresenta una garanzia che nel settore farmaceutico vengano indirizzate grandi masse di risorse finanziarie. Le maggiori scoperte si sono realizzate proprio laddove vi era garanzia di poterne fruire i risultati. Ma l’esasperare la ricerca del profitto a scapito del benessere collettivo porta a creare forme di risentimento e sfiducia verso tutto il sistema, dalle consegue difficili da valutare. Rispondere alla problematiche economico-sociali, non risolve solo un problema ma crea un metodo per migliorare il sistema cui tutti possono offrire un contributo.




Posted on: 2022/02/27, by :