Punture di spillo: “Metano e petrolio, i veri giochi di potere”

a cura di Pietro Terna|

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Il Sole 24 Ore, che non è esattamente il Manifesto, il 12 marzo in prima pagina titolava: “Hedge, grandi banche, big oil: ecco chi brinda con il gas record”. Che cosa sta succedendo?

Iniziamo con una storiella: un orefice ha una bella catena d’oro in vetrina, con prezzo 100; legge che il prezzo dell’oro è raddoppiato, cambia subito il cartellino e scrive 200. Giusto? Se rispondete “no” pensate che ha acquistato quella catena quando l’oro valeva la metà e quindi ora vuol ottenere un guadagno enorme; se rispondete “sì” pensate che, per continuare la sua attività, quando venderà quella catena, dovrà ricomprarla spendendo il doppio della volta prima. Se è un orefice prudente e ha previsto l’aumento dell’ora, si è cautelato acquistando una “call” sull’oro a qualche mese di distanza, cioè il diritto di comperare a termine al prezzo corrente prima che aumentasse. L’oro è schizzato verso l’alto e quella call ora vale molto, la vende e con il ricavato potrebbe vendere la catena al vecchio prezzo e ricomprarla senza problemi.

Call e put, ragioniamoci sopra

Un mondo perfetto? Per niente, perché i contratti a premio, o derivati, conosciuti già da greci1 e romani, sono nati per mitigare l’aleatorietà, e quindi gli effetti negativi delle oscillazioni dei prezzi per chi vende e per chi compera, ma hanno anche assunto vita a sé, con intenti speculativi. La call della storiella la acquisto io, che non faccio l’orefice, ma speculo sull’aumento dell’oro, tra l’altro mettendo in gioco una quantità di denaro (il premio o prezzo della call della storiella) che è solo una frazione del valore dell’oro di cui negozio il diritto all’acquisto (si chiama effetto leva). L’orefice della storiella, o lo speculatore, possono operare anche nella direzione opposta, con una “put”. Come si scrive o scriveva un po’ sadicamente nei libri scolastici: lasciamo al lettore il compito di sviluppare il ragionamento simmetrico a quello della call. In questo modo i prezzi veri diventano ostaggi dei movimenti speculativi e le crisi sono amplificate. Tra gli speculatori c’è chi guadagna e chi perde, ma a perdere certamente sono i destinatari finali dei prodotti, in questo caso energetici, e cioè l’industria e i consumatori.

L’improvvida sortita del ministro Cingolani

Che ci fossero movimenti al rialzo del prezzo dell’energia era ben chiaro da tempo. Uno “spillo” pubblicato dalla Porta di Vetro ne discuteva2 le cause a metà febbraio, prima della “tempesta perfetta” scoppiata con la guerra.
Se si osserva un grafico del prezzo del petrolio, ad esempio quello a https://tradingeconomics.com/commodity/crude-oil, si vede che il prezzo, dopo il crollo nel momento più grave del lockdown pandemico, a fine 2021 era tornato ai livelli pre-crisi, per poi registrare un’altra impennata dovuta alla sottovalutazione degli effetti della ripartenza in tutto il comparto delle materie prime. Poi la corsa folle con la guerra, sino a prezzi stellari, al momento rientrati.

Un grafico molto interessante, pubblicato il 16 marzo sul Sole 24 Ore, mostra gli andamenti di gasolio per auto e benzina accanto a quello del petrolio, con correlazioni evidenti, ma non in tutti i sotto periodi. Gli scostamenti sono effetto della speculazione, della gestione delle scorte, delle ricoperture con i contratto a premio, della geopolitica, senza dimenticare gli errori a tutti i livelli.

Ancora una volta occorre tenere i nervi saldi, evitando esternazioni poco costruttive come quelle del ministro Cingolani che considera “l’aumento dei prezzi dei carburanti una colossale truffa ai danni di cittadini e imprese”.

I possibili interventi dello Stato

Certo, c’è ci guadagna smodatamente in questo momento, ma il punto non sta lì, perché nel momento della tempesta perfetta occorrono azioni rapide e decise dopo… aver respirato a fondo. Altrimenti si rievoca l’assalto ai forni così ben descritto e argomentato nei Promessi Sposi. Azioni rapide sono possibili, come abbattere tutte le forme di imposizione indiretta proporzionali al prezzo, ad esempio l’IVA sui carburanti che moltiplica il gettito per lo Stato quando aumenta il prezzo alla pompa. Ma anche azioni più drastiche, come limiti massimi agli aumenti; in presenza di grandi margini, i prodotti comunque non spariranno dal mercato finale.

Certo, il mondo è sempre affollato di opportunisti, come il governo indiano che aiuta la Russia comperandone il petrolio a prezzo scontato3 e poi, chissà, con qualche scambio impossibile da individuare, ce lo ritroveremo nei nostri serbatoi. Come il fondatore del fondo Statar Capital che guadagna per sé e per i suoi clienti, come dice il sito web4, operando sui mercati dei futures (le call e i put), del gas naturale. Significa guadagnare sulle distorsioni di una distorsione: l’uso speculativo dei contratti a premio, il cui scopo primario è invece la mitigazione del rischio.

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