Il Mappamondo, appunti di viaggio: il nord del Pakistan

di Pierfranco Viano|

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Completiamo il nostro viaggio nel Pakistan visitando la parte nord. La puntata precedente in Il Mappamondo, appunti di viaggio: Pakistan culla di civiltà e religioni.1
Si tratta di un percorso molto impegnativo della durata di oltre due settimane che si sviluppa su strade sterrate, molte delle quali quasi impraticabili, quindi adatto a viaggiatori esperti. Le sistemazioni alberghiere sono ottime in poche città e troviamo deliziosi piccoli hotel in montagna e il tour si svolge quasi tutto in montagna anche raggiungendo i 3000 metri. I ristoranti sono semplici, alla mano, disponibili ad accogliere anche soltanto per un pic-nic.


Il Pakistan del Nord ha continuato ad essere visitato da individuali anche nel periodo più brutto degli ultimi anni naturalmente parlo prima della pandemia. Io ero abituato ad andarci accompagnando i tour chiamati” Via della seta” visitando Cina e Pakistan del Nord. L’atmosfera cè ompletamente più rilassata che nel Sud.

Tra etnie, siti archeologici, laghi e montagne


Ho fatto da accompagnatore nell’agosto 2019 e, a differenza del tour nel Sud, il viaggio non è stato scortato dalla polizia e si è svolto su comode jeep Toyota 4X4. Arrivati a Islamabad, capitale del Pakistan, ci siamo trasferiti a Rawalpindi, città che conta circa 3,3 milioni di abitanti della provincia del Punjab, distante circa 15 chilometri dall’aeroporto. L’inizio tour è stato molto rapido: alle 10, dopo la sistemazione presso l’ottimo hotel Pearl Continental, una catena di alberghi diffusa in Pakistan, si parte per visitare il primo sito archeologico del programma: i resti di un monastero buddista risalente a un periodo compreso tra il I e il VII secolo d.C.

Takht-i-Bhai
Interno del sito
Takht-i-Bhai

Inserito tra i Patrimoni dell’umanità dell’Unesco, Takht-i-Bahi significa “trono”, mentre Bahi significa “acqua o fonte” in lingua persiana/lingua urdu. Il complesso venne chiamato Takht-i-Bahi per il fatto di essere costruito sulla cima di una collina vicino a un fiume. Venne riportato alla luce tra il 1907 e il 1913 e restaurato. Dopo la visita sosta per il pranzo e trasferimento nella Valle dello Swat, ampia e verdissima per arrivare a Saidu Sharif.


Saidu Sharif

È un’area sacra buddhista costituita da due terrazze ricavate sul pendio del colle. Gli scavi vennero iniziati dalla Missione Archeologica Italiana nel 1963 e terminarono nel 1982, con una pausa tra il 1966 e il 1977. Purtroppo molti dei resti archeologici sparsi per tutta la valle sono attualmente in pessime condizioni. A Saidu Sharif c’è un bellissimo museo dedicato all’arte Gandhara.

Le sorgenti, i corsi d’acqua e i frutteti hanno valso alla Valle dello Swat il nome di Udyana, giardino. Nel 327 a.C. Alessandro Magno conquistò la valle. Il buddismo vi arrivò nel III secolo a.C. con l’imperatore Ashoka e fiorì per ben nove secoli, diventando una sorta di “Terra Santa”, dando vita anche al Vajirayana, il buddhismo tantrico, che da qui si diffuse in Ladakh e Tibet. Durante i regni buddhisti l’arte religiosa raggiunse livelli di grande raffinatezza.

Grazie alla posizione strategica della valle, da cui si diramavano le più importanti vie commerciali di un tempo, la cultura ne beneficiò a più livelli. Gli scultori locali vennero a contatto con più influenze culturali e finirono per assimilare linguaggi diversi che si riconoscono nella particolare fusione di stilemi greco-romani e indiani da cui nacque la particolare e apprezzatissima arte detta appunto Gandhara. A Saidu Sharif vi arrivavano pellegrini da tutte le regioni asiatiche per visitare i numerosi stupa, monasteri decorati con bassorilievi dedicati alla vita del Buddha, capitelli corinzi dove figure umane si intrecciavano a motivi ornamentali, statue del “risvegliato” dall’aspetto mediterraneo o centroasiatico.

Mingora bazaar
La caratteristica peculiare di questa scuola è di aver presentato, per la prima volta nella storia della religione, la figura di Buddha in forma umana, diversamente dalle precedenti scuole e in particolare indiana antica le cui raffigurazioni del Buddha erano esclusivamente simboliche ed identificate in un fiore di loto, un albero, uno stupa. Nel periodo di massimo splendore del buddhismo, secondo la relazione del monaco viaggiatore cinese Hsuan Tsang, nella valle c’erano ben 1400 monasteri. Dopo una mattinata intensa di visite ci si sposta alla vicina Mingora per una visita al bellissimo bazaar.

Valle Bumburet e visita ai villaggi Kalash

Proprio sul confine con l’Afghanistan si trovano tre anguste valli di alta montagna che si insinuano fra le pendici dell’Hindukush ove risiede una popolazione estremamente periferica e poco numerosa seguace di un’antica religione politeista di origini ancor sconosciute, nota anche con il nome di Kafiri, termine usato dai musulmani per connotare gli infedeli. Alcuni studiosi ritengono che i Kalash siano discendenti delle milizie erranti di Alessandro Magno; è comunque vero che la maggior parte degli abitanti di queste valli hanno capelli chiari e occhi azzurri.

La religione kalash è politeista con un dio creatore, Khodai e una serie di altre dinività tra cui Jestak, la dea che protegge la casa e la famiglia, Mahandeo, il dio della guerra e protettore di raccolti. Arrivare al villaggio che abbiamo visitato è stata un’impresa non da poco per le strade piene di buche, strette, polverose. Ma la fatica è stata ripagata. Siamo arrivati in un giorno triste per loro poiché era morta una signora anziana, ma proprio per questo le donne vestivano i costumi più belli. Ci hanno offerto del thè e abbiamo potuto comperare prodotti artigianali.

I kalash vivono in case in legno, pietra e fango con il tetto che fa’ da veranda alla successiva. Al piano terra si trovano le stalle e magazzini; tra le stanze a piani superiori generalmente c’è una cucina-sala da pranzo senza finestre e fuligginosa, con un focolare al centro cui corrisponde il foro d’uscita del fumo, una porta che dà sulla veranda. I Kalash coltivano grano, miglio,mais, lenticchie e allevano capre. Le uve dolci vengono trasformate in un vino molto forte e di sapore per noi non proprio gradevole. Le more, le albicocche, le mele, le susine sono abbondanti. Le noci rappresentano un’importante fonte di proteine in una dieta povera di carne. Le provviste vengono conservate in dispense di legno rialzate da terra, strutturate all’interno come armadi. Giornata piena di emozioni.

Passo Shandur, popoli e paesaggi del Karakorum


Il passo, che si trova a 3810 metri di altitudine, è ampio abbastanza da ospitare numerosi laghetti e un campo di polo dove ogni anno in luglio (noi siamo arrivati in agosto) si incontrano i migliori giocatori di Gilgit e Chitral in occasione di uno dei più importanti tornei del paese. In viaggi precedenti ho avuto modo di assistere a qualche allenamento e partite a Gilgit, unalocalità a 1500 metri, nodo di transito della Karakorum Highway, che si sta trasformando in una vera e propria città. Il suo sviluppo è dovuto all’odierna posizione sulle vie commerciali verso la Cina e l’Asia Centrale.

Tornando al polo, si narra che sia la naturale evoluzione delle esercitazioni che la cavalleria eseguiva per l’addestramento a cavallo durante le campagne militari. La prima partita di polo registrata nella storia fu giocata nel 600 a.C. fra turcomanni e persiani. Il polo che si gioca in Pakistan non ha niente a che vedere con quello che normalmente siamo abituati a vedere con le regole dei britannici. Qui il gioco è molto più rude, maschio e i giocatori sono adorati. Vi consiglio di cercare in rete gioco del polo dove si possono vedere dei video girati proprio durante il torneo di luglio.
Qui abbiamo consumato l’unico pic-nic previsto, in un luogo magnifico ed abbiamo danzato con i nostri autisti poiché è molto importante il rapporto tra il gruppo e loro perché non si sentano solo autisti, ma compagni di viaggio.

Chalt

Nei pressi di Chalt la KH si snoda lungo il confine della “falda asiatica”, nella quale il subcontinente indiano si inserì 50 milioni di anni fa dando origine alla catena del’Himalaya. Non c’è una linea di demarcazione, ma a nord si trova l’Asia, mentre a sud ci sono i resti di una catena di isole vulcaniche intrappolate dalla deriva geologica di Asia e India. Poco più avanti a Ghulmet siamo riusciti a vedere la montagna del Rakaposhi, che in lingua locale significa “muro splendente”. Dall’alto dei suoi 7790 metri d’altezza ci ha tenuto compagnia per due giorni.
Montagne da Duiker
Arrivati a Duiker, prima di prendere le camere siamo corsi al belvedere per vedere le montagne innevate. Grande fortuna perché il tempo era a nostro favore, come lo è stato per tutto il viaggio.

Duiker

La sveglia è all’alba se si vuole vedere le meravigliose montagne. Siamo nella Valle dell’Hunza. Le ripide pareti delle montagne sono coltivate con arditi terrazzamenti sui quali prevale la coltura dell’albicocco, il cui frutto essiccato al sole è fra gli alimenti della dieta del popolo hunza. Questa regione è anche conosciuta come il luogo dove si trova Shangri-La, la terra dove la gioventù è eterna. Lo scrittore statunitense James Hilton si è ispirato nella valle per il suo romanzo “Lost Horizon”(1933). Devo dire che i cinesi nella provincia dello Yunnan hanno cambiato il nome ad una città quella più a nord chiamandola Shangri-La. Visita dei forti di Baltit e Altit, e del lago Attabad formatosi nel 2010 in seguito a una colossale frana che ha sbarrato il corso del fiume Hunza.

Ganesh

Piccolo villaggio che nel 2002 è stato insignito dell’Asia Pacific Heritage Award dall’Unesco per il restauro delle piccole moschee di legno, riccamente intagliate, risalenti a 100-200 anni fa. Qui è avvenuto un fatto spiacevole provocato da un turismo del mio gruppo, indicativo delle differenze culturali con l’Occidente e quanto sia delicato il rapporto con la cultura di quei villaggi. Un ragazzo del gruppo ha regalato un orologio (di modesto valore) a una ragazzina di non più di tredici anni. Il gesto ha innescato però la reazione aspra della nostra guida, costretta ad assumersi la responsabilità con il capo del villaggio, di non aver avvertito i turisti che evitare regali. L’orologio, infatti, costituiva un pegno per il matrimonio! Soltanto dopo lunghe discussioni il capo villaggio ha accettato il nostro errore e siamo riusciti a salutare, lasciando l’orologio all’adolescente.

Direzione Chilas

Lungo il percorso se si è fortunati si può vedere il profilo del Nanga Parbat, nona montagna al mondo con i suoi 8125 metri di altitudine. Opportunità a noi negata per la presenza di nuvole che l’avvolgevano. Andando verso Chilas, si avanza verso il punto panoramico per vedere l’incontro tra fiume Gilgit e Indo e le catene dell’Himalaya, Hindukush e Karakorum. A Chilas si possono vedere interessanti iscrizioni rupestri (nella foto a lato) che ci parlano dell’arrivo del buddismo in questa area del Paese.

Anziane in un villaggio
Taxila

Ultima tappa, prima del rientro a Rawalpindi, è un sito archeologico mal tenuto, ma con un interessante museo. Con il pomeriggio libero e il trasferimento al mattino del giorno successivo all’aeroporto di Islamabad, si è concluso il tour.

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