Nei luoghi storici del confine orientale: “I centomila di Redipuglia”/6

di Marco Travaglini|

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Un passo indietro nella storia ci incammina sulle orme della Grande Guerra e al Sacrario di Redipuglia che sorge, imponente, sul versante occidentale del Monte Sei Busi, aspramente conteso nel primo conflitto mondiale poiché, nonostante la scarsa elevazione, consentiva dalla sua sommità di dominare l’ampio raggio d’accesso da ovest alle asperità del Carso.

Con una superficie totale di circa 52 ettari di terreno, Redipuglia è il più grande sacrario italiano dedicato ai caduti della Grande Guerra. Realizzato su progetto dell’architetto Giovanni Greppi e dello scultore Giannino Castiglioni, fu inaugurato ottant’anni fa, il 18 settembre 1938, a vent’anni dalla vittoria. I progettisti dell’ossario erano due artisti milanesi chiamati a Redipuglia tre anni prima, cui era stato chiesto di dare nuova forma al vecchio cimitero ivi esistente, allora il più importante d’Italia per numero delle salme.

Nell’immediato dopoguerra, infatti, su una collina chiamata la ‘Montagnola’, erano stati raccolti i resti di ben trentamila soldati caduti in diverse zone del Carso, di cui solo cinquemila riconosciuti. Sulla collina era stata costruita una cappella, voluta dall’eponimo della III Armata, “l’Armata Invitta”, Emanuele Filiberto di Savoia, duca di Aosta.
Tra l’altro, al comandante della III Armata, uno dei personaggi più rappresentativi e ammirati della Grande Guerra, con tutta probabilità vi era già in animo di dedicare un monumento, che sarà poi inaugurato nel 1937 in piazza Castello a Torino, alla presenza di Re Vittorio Emanuele III.

Non a caso, il camposanto aveva mutuato l’appellativo della III Armata ed era stato chiamato il “Cimitero degli Invitti”. Così come non era casuale la data della sua inaugurazione, il 24 maggio 1923, ottavo anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia, che aveva portato a Redipuglia, insieme al re, Benito Mussolini, in una delle sue prime uscite pubbliche da presidente del Consiglio, dopo la Marcia su Roma, ma la cui presenza era stata oscurata dal “Vate” Gabriele D’Annunzio, figura di maggiore richiamo retorico e considerato nell’immaginario collettivo un autentico eroe di guerra e un vero “comandante” dopo l’impresa di Fiume del 1919.

L’imponente opera, conosciuta anche come il Sacrario “dei Centomila”, custodisce i resti dei soldati caduti nelle zone circostanti, in gran parte già sepolti inizialmente sull’antistante Colle di Sant’Elia, come ricordato sopra. Al culmine della scalinata e sulla sommità dei 22 gradoni (alti 2,5 metri e larghi 12) che, in ordine alfabetico, custodiscono le spoglie dei 39857 soldati identificati, due grandi tombe coperte da lastre di bronzo raccolgono i resti di oltre 60 mila soldati ignoti.

Nell’anniversario dell’inizio della Prima guerra mondiale, Papa Francesco scelse proprio il sacrario di Redipuglia per pronunciare un’omelia dai toni molti forti e decisi, che ritornano prepotenti in questi mesi, ormai, di insensata guerra in Ucraina, dell’aggressione russa al popolo ucraino: “Qui, in questo luogo, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia”. E aggiunse da Redipuglia, con parole che oggi suonano un vero e proprio atto di accusa contro chi ha scatenato l’orrore, che ha provocato dolore, morti, devastazione e, per chi combatte, dell’una e dell’altra parte, il vuoto dei sentimenti necessari per schiacciare un bottone e premere il grilletto: “La guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione!”.

Un messaggio universale che dovrebbe oggi più che mai continuare a combattere sì, ma per la Pace.

Sesta puntata (continua)

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Posted on: 2022/05/08, by :