L’oro blu e l’emergenza che non tramonta/2

di Marco Travaglini|

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Ogni singolo funzionamento dello sciacquone nei paesi industrializzati utilizza la stessa quantità d’acqua che in un giorno serve ad una persona in un paese in via di sviluppo per bere, cucinare, lavarsi, ammesso che possa averla a disposizione.

Il dominio dell’Opec… dell’acqua

Non ci si può nascondere una verità, tanto grande quanto scomoda: solo quando ciascun individuo avrò lo stesso accesso all’acqua potabile ci sarà anche per i paesi poveri la possibilità di pensare a uno sviluppo sostenibile. E questo sarà possibile a condizione che l’acqua rimanga un bene veramente pubblico sotto la protezione degli utenti e dei governi, ai vari livelli. Tema molto hard da trattare, considerando come le multinazionali che si ritengono l’OPEC dell’acqua litigano già oggi per commercializzare questo bene tanto prezioso e così scarso.

“A causa dell’inquinamento e del crescente bisogno le scorte d’acqua naturali sono in pericolo anche lì dove sarebbero sufficienti o addirittura in eccesso” ammoniva il segretario generale dell’ONU Kofi Annan in occasione dell’anno internazionale dell’acqua, nell’ormai lontano 2003. Da allora siamo stati spettatori di un disastro dopo l’altro e gli unici fiumi che hanno continuato a scorrere sono stati quelli di parole. L’ONU prevede che tra tre anni, nel 2025, due persone su tre soffriranno per la drammatica carenza d’acqua. Soprattutto in Africa, Asia, Medio Oriente. Le riserve idriche di 17 paesi, falde comprese, sono già allo stremo, ma la crescente domanda di acqua e i cambiamenti del clima aggraveranno la situazione.

Riserve idriche e rispetto della montagna

È evidente che le riserve d’acqua dolce, di fatto insostituibili, sono da annoverare tra i beni maggiormente in pericolo. Da anni sono in corso accesi dibattiti sulle riserve idriche. E qui entrano in gioco anche le montagne. Più di metà della popolazione mondiale dipende dall’acqua che sgorga dalle montagne. Le montagne sono i serbatoi d’acqua e rivestono un ruolo chiave nel ciclo globale dell’oro blu. A titolo di esempio sono circa cinque i milioni di persone che dipendono dal rifornimento di acqua proveniente dal Lago di Costanza. E si tratta, a tutti gli effetti, di acqua delle Alpi. Quest’ultime rivestono per l’Europa una funzione centrale nel rifornimento. Qui nascono importanti fiumi come il Reno, il Rodano e il Po oltre a decine di importanti affluenti del Danubio. Senza questa massiccia immissione idrica il rifornimento d’acqua di grandi parti d’Europa sarebbe impensabile. Le acque interne e sorgive forniscono, ad esempio, in Svizzera l’80% e in Austria addirittura il 99% dell’acqua potabile.

Lo stravolgimento degli ultimi secoli

“Disfa li monti e riempie le valli e vorrebbe ridurre la Terra in perfetta sfericità, s’ella potesse”. Quando Leonardo da Vinci scrisse questa frase, riferendosi all’acqua, il paesaggio alpino era pressappoco intatto da millenni. E fino alla prima metà del XX° secolo, valli, fiumi e laghi non erano che il risultato di fenomeni geologici, climatici e biologici. In pochi decenni tutto è mutato, quasi sempre in peggio.

Con i loro oltre 14 milioni d’abitanti, sette Stati, 83 Regioni e 6.187 Comuni, le Alpi (che sono state definite “il bastione acquifero” d’Europa) sono sottoposte a una pressione ambientale senza precedenti. Oltre alla fitta ragnatela d’infrastrutture, pesa moltissimo il massiccio sfruttamento idrogeologico. “Nelle Alpi non esistono quasi più corsi d’acqua naturali”, denunciò qualche anno fa Helmuth Moroder di Cipra Italia, l’associazione che si occupa dell’ambiente dei paesi alpini. E aggiunse che “meno del 10 per cento dei fiumi è ancora in condizioni di naturalità”.

Gli ultimi corsi d’acqua con almeno 20 chilometri non toccati dalla mano dell’uomo erano il Gail nella Lasachtal (Austria), il Metnitz e il Wimiz in Carinzia, la Stura di Demonte in Piemonte e l’Esteron in Francia. Ora la realtà è peggiorata. I grandi massicci fanno confluire enormi quantità d’acqua in un bacino di 143.000 km quadrati, attraverso il quale corrono verso le valli ben duecento miliardi di metri cubi d’oro blu. “La qualità delle acque alpine è potenzialmente eccellente, ma è sempre più minacciata dall’inquinamento e dalla cattiva gestione, che insieme causano danni irreversibili”, si legge ancora in un rapporto della Cipra.

Allarme dimezzamento manto nevoso

Un’altra grave minaccia è rappresentata dal riscaldamento climatico che interessa particolarmente le Alpi. Il manto nevoso e i ghiacciai non sono più quelli di una volta: rispetto al 1850 si sono già ridotti più della metà. Tuttavia, le risorse d’acqua potabile delle Alpi sono ancora considerevoli. Tanto che fioriscono progetti di vendita e d’esportazione. Per quanto riguarda l’Italia, spesso sotto accusa sono le scelte dell’Enel, responsabile della maggior parte delle derivazioni che alimentano le centrali idroelettriche, ma prosciugano i fiumi.

Finora a poco sono valse le disposizioni legislative che obbligano a “liberare” l’acqua nei loro corsi naturali. “Se imponessimo il rilascio di un minimo deflusso”, secondo la Cipra, “la produzione d’energia elettrica ne risentirebbe, a livello nazionale, solo per l’1 per cento”. Viceversa, i benefici a livello ambientale nell’immediato e a breve periodo anche economico sarebbero innegabili. In una realtà come quella dell’alto Piemonte, dove la produzione dell’energia idroelettrica è un’attività più che secolare, questa situazione è particolarmente avvertita.

(continua)

La prima puntata in https://www.laportadivetro.org/wp-content/uploads/2022/05/model_-trava2.pdf




Posted on: 2022/05/13, by :