Un libro per voi: “I nemici della giustizia”

di Vice|

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L’onda d’urto bloccò l’orologio di Francesca Morvillo alle 17,58. Insieme all’orologio, su quel nastro di autostrada nei pressi di Capaci, smisero di segnare il tempo anche i cuori di suo marito, Giovanni Falcone, e di tre agenti della scorta, Vito Schifani, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo.

Ritorniamo sulla strage di Capaci per onorare quei morti nel giorno del trentesimo anniversario con il libro “I nemici della giustizia” (Rizzoli editore) di Saverio Lodato. Giornalista, classe 1951, Lodato ha dedicato tutta o quasi la sua vita professionale a denunciare gli omicidi di mafia con i suoi articoli su l’Unità dagli anni Settanta del Novecento, a studiare Cosa Nostra più da vicino dalla stagione del maxi processo a Palermo, a scrivere dei misteri cresciuti attorno alla mala pianta della criminalità organizzata siciliana, dopo gli arresti di Riina e Provenzano.
Ma se il titolo forse potrà offrire spazi alla fantasia, il sottotitolo “Intervista a Nino Di Matteo” fa comprendere in un nano secondo al lettore che quegli spazi non ci sono mai stati. Di Matteo, membro togato dal 2019 del Csm (consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno dei magistrati), ha operato dal 2017 nella Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, e in precedenza nel pool antimafia delle Procure di Caltanissetta e Palermo. Ma, soprattutto, è uno dei quei magistrati palermitani che ha sollevato il velo sulla trattativa “Stato-mafia”.

Fu un’inchiesta che fece scoppiare la bomba giudiziaria e mediatica delle intercettazioni telefoniche tra l’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino e il Quirinale, dove sedeva Giorgio Napolitano. Questione delicata, controversa, oggetto di speculazioni non disinteressate sull’opera dei magistrati, aprì uno squarcio – l’ennesimo – inquietante sulle azioni degli apparati di sicurezza dello Stato. Il suo impegno per la verità, unica e non doppia, gli fece “meritare” l’attenzione del Csm, che diede l’avvio a un provvedimento disciplinare nei suoi confronti, conclusosi un anno dopo con il proscioglimento.

E in un passo del libro c’è una illuminante risposta di Di Matteo – un pensiero condiviso nel Paese all’indomani della morte di Falcone – su come si possono offrire su un piatto d’argento alle mafie “i morti che camminano”, secondo la profetica frase pronunciata qualche giorno prima della sua morte da Paolo Borsellino, l’amico e collega di cui Cosa Nostra farà scempio, insieme agli uomini della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, nell’attentato di via D’Amelio.

Dice Di Matteo: “[…] Anche i Csm degli anni Ottanta e Novanta si macchiarono di gravi colpe nei confronti dei magistrati più esposti. Prima di essere ucciso dal tritolo a Capaci, fu isolato e delegittimato anche all’interno della stessa magistratura. Il Consiglio superiore ne bocciò l’aspirazione a diventare Capo dell’Ufficio istruzione [e altro ancora]. Quanto a Borsellino, fu chiamato a giustificarsi davanti al Consiglio superiore della magistratura per un’intervista […] su quello che riteneva un grave passo indietro nella lotta alla mafia, segnato dalle scelte operative del consigliere istruttore dell’epoca, Antonino Mele, che era stato preferito a Falcone…”

Nelle oltre duecento pagine, i richiami a Falcone e Borsellino cono continui, quasi una sorta di bussola della giustizia che vuole essere giusta e a fianco dei cittadini. Sono pagine dedicate anche ai ventotto magistrati italiani che hanno perduto la vita per mano delle mafie e del terrorismo negli ultimi sessant’anni. Ricordiamoli, in ordine cronologico, come sono riportati nel libro: Antonino Giannola, Agostino Pianta, Pietro Scaglione, Francesco Ferlaino, Francesco Coco, Vittorio Occorsio, Riccardo Palma, Girolamo Tartaglione, Fedele Calvosa, Emilio Alessandrini, Cesare Terranova, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Guido Galli, Mario Amato, Gaetano Costa, Giangiacomo Ciaccio Montalto, Bruno Caccia, Rosso Chinnici, Alberto Giacomelli, Antonino Saetta, Rosario Livatino, Antonino Scopelliti, Giovanni Falcone, Francesco Morvillo, Paolo Borsellino, Luigi Daga, Fernando Ciampi. Per la loro difesa, sono caduti sedici tra carabinieri e poliziotti.




Posted on: 2022/05/23, by :