Il coraggio di un uomo, Papa Francesco

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Il coraggio di un uomo. Quell’uomo è Papa Francesco, il vescovo di Roma che ha abbracciato soltanto l’idea di Pace e non si è mai piegato e arreso all’opinione dominante di dividere in buoni e cattivi ciò che accade dal 24 febbraio nel cuore dell’Europa, da 111 giorni. Ieri, 14 giugno, le sue parole sulla guerra che devasta l’Ucraina hanno fatto il giro del mondo. E oggi sull’Osservatore Romano, il titolo che campeggia in prima pagina è inequivocabile: «Quanti poveri genera l’insensatezza della guerra!» Il commento che segue è ancora più esplicito: “Dovunque si volga lo sguardo, si constata come la violenza colpisca le persone indifese e più deboli»: è l’amara considerazione da cui prende spunto il Papa per il messaggio scritto in vista della prossima Giornata mondiale dei poveri — la sesta da quando la istituì al termine del Giubileo della misericordia — che si celebrerà il prossimo 13 novembre sul tema paolino «Gesù Cristo si è fatto povero per voi» (Cfr 2 Cor 8, 9).

I pensieri di ieri erano già stati espressi il 19 maggio scorso nell’udienza che il Pontefice aveva concesso ai direttori delle riviste culturali europee dei gesuiti, padre Stefan Kiechle di “Stimmen der Zeit” (Germania), Lucienne Bittar di “Choisir” (Svizzera), padre Ulf Jonsson di “Signum” (Svezia), padre Jaime Tatay di “Razón y fe” (Spagna), padre José Frazão Correia di “Brotéria” (Portogallo), padre Pawel Kosinski di “Deon” (Polonia), padre Arpad Hovarth di “A Szív” (Ungheria), Robert Mesaros di “Viera a život” (Slovacchia), Frances Murphy di “Thinking Faith” (Regno Unito) e padre Antonio Spadaro de “La Civiltà Cattolica”. Riportiamo alcuni passaggi pubblicati da Avvenire on line1.


“Per rispondere a questa domanda [sulla guerra] dobbiamo allontanarci dal normale schema di «Cappuccetto rosso»: Cappuccetto rosso era buona e il lupo era il cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro. Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio. E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato.

Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: «Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro». Ha concluso: «La situazione potrebbe portare alla guerra». Questa era la sua opinione. Il 24 febbraio è iniziata la guerra. Quel capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo. Quello che stiamo vedendo è la brutalità e la ferocia con cui questa guerra viene portata avanti dalle truppe, generalmente mercenarie, utilizzate dai russi. E i russi, in realtà, preferiscono mandare avanti ceceni, siriani, mercenari.

Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco. Qualcuno può dirmi a questo punto: ma lei è a favore di Putin! No, non lo sono. Sarebbe semplicistico ed errato affermare una cosa del genere. Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi.

Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli. È pure vero che i russi pensavano che tutto sarebbe finito in una settimana. Ma hanno sbagliato i calcoli. Hanno trovato un popolo coraggioso, un popolo che sta lottando per sopravvivere e che ha una storia di lotta”.

Risposte, accompagnate nella circostanza dalle rivelazioni sul “Capo di Stato saggio”, comunque in linea di coerenza con quanto pubblicato da Vatican News il 13 aprile2, alla vigilia dell’uscita del libro di Papa Bergoglio “Contro la guerra, il coraggio di costruire la Pace”. Ad essere pubblicata è l’introduzione del libro in cui il Pontefice tocca anche le corde della storia del Novecento della Chiesa Cattolica, citando due importanti predecessori, Papa Giovanni XXIII, Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II e punta il dito, senza mezzi termini, contro i fabbricanti di armi che approfittano della guerra per sperimentare nuovi strumenti di morte.

Le parole del Papa: “Un anno fa, nel mio pellegrinaggio nel martoriato Iraq, ho potuto toccare con mano il disastro causato dalla guerra, dalla violenza fratricida e dal terrorismo, ho visto le macerie delle case e le ferite dei cuori, ma anche semi di speranza di rinascita. Mai avrei immaginato allora di veder scoppiare un anno dopo un conflitto in Europa. Fin dall’inizio del mio servizio come vescovo di Roma ho parlato della Terza guerra mondiale, dicendo che la stiamo già vivendo, anche se ancora a pezzi. Quei pezzi sono diventati sempre più grandi, saldandosi tra di loro… Tante guerre sono in atto in questo momento nel mondo, che causano immane dolore, vittime innocenti, specialmente bambini.

Guerre che provocano la fuga di milioni di persone, costrette a lasciare la loro terra, le loro case, le loro città distrutte per aver salva la vita. Sono le tante guerre dimenticate, che di tanto in tanto ricompaiono davanti ai nostri occhi disattenti. Queste guerre ci apparivano «lontane». Fino a che, ora, quasi all’improvviso, la guerra è scoppiata vicino a noi. L’Ucraina è stata aggredita e invasa. E nel conflitto a essere colpiti sono purtroppo tanti civili innocenti, tante donne, tanti bambini, tanti anziani, costretti a vivere nei rifugi scavati nel ventre della terra per sfuggire alle bombe, con famiglie che si dividono perché i mariti, i padri, i nonni rimangono a combattere, mentre le mogli, le madri e le nonne cercano rifugio dopo lunghi viaggi della speranza e varcano il confine cercando accoglienza presso altri Paesi che li ricevono con grandezza di cuore.

Di fronte alle immagini strazianti che vediamo ogni giorno, di fronte al grido dei bambini e delle donne, non possiamo che urlare: «Fermatevi!». La guerra non è la soluzione, la guerra è una pazzia, la guerra è un mostro, la guerra è un cancro che si autoalimenta fagocitando tutto! Di più, la guerra è un sacrilegio, che fa scempio di ciò che è più prezioso sulla nostra terra, la vita umana, l’innocenza dei più piccoli, la bellezza del creato.

Sì, la guerra è un sacrilegio! Non posso non ricordare la supplica con cui nel 1962 san Giovanni XXIII chiese ai potenti del suo tempo di fermare un’escalation bellica che avrebbe potuto trascinare il mondo nel baratro del conflitto nucleare. Non posso dimenticare la forza con cui san Paolo VI, intervenendo nel 1965 all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, disse: «Mai più la guerra! Mai più la guerra!». O, ancora, i tanti appelli per la pace di san Giovanni Paolo II, che nel 1991 ha definito la guerra «un’avventura senza ritorno».

Quella a cui stiamo assistendo è l’ennesima barbarie e noi, purtroppo, abbiamo memoria corta. Sì, perché se avessimo memoria, ricorderemmo che cosa i nostri nonni e i nostri genitori ci hanno raccontato, e avvertiremmo il bisogno di pace così come i nostri polmoni hanno bisogno d’ossigeno. La guerra stravolge tutto, è follia pura, il suo unico obiettivo è la distruzione ed essa si sviluppa e cresce proprio attraverso la distruzione e se avessimo memoria, non spenderemmo decine, centinaia di miliardi per il riarmo, per dotarci di armamenti sempre più sofisticati, per accrescere il mercato e il traffico delle armi che finiscono per uccidere bambini, donne, vecchi: 1981 miliardi di dollari all’anno, secondo i conteggi di un importante centro studi di Stoccolma. Segnando un drammatico +2,6 per cento proprio nel secondo anno di pandemia, quando invece tutti i nostri sforzi si sarebbero dovuti concentrare sulla salute globale e nel salvare vite umane dal virus.

Se avessimo memoria, sapremmo che la guerra, prima che arrivi al fronte, va fermata nei cuori. L’odio, prima che sia troppo tardi, va estirpato dai cuori. E per farlo c’è bisogno di dialogo, di negoziato, di ascolto, di capacità e di creatività diplomatica, di politica lungimirante capace di costruire un nuovo sistema di convivenza che non sia più basato sulle armi, sulla potenza delle armi, sulla deterrenza”.

Da ieri, chi crede nei valori della Pace e rifiuta la visione manichea dell’esistente, grazie al coraggio di Papa Francesco, si sente decisamente meno solo.

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