COQ di Omegna: pubblico e privato vent’anni dopo

di Emanuele Davide Ruffino
e Cristina Naro|

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Esattamente vent’anni fa nasceva ad Omegna il Centro Ortopedico di Quadrante – COQ – prima e unica sperimentazione gestionale pubblico-privato di un presidio sanitario ed ora viene sottoscritto un nuovo patto che ne garantisce la continuità. Esperienza che, grazie al paziente lavoro di tutti i soggetti coinvolti, potrà essere continuato, avendo realizzato un processo di stabilizzazione che permetterà nuovi potenziamenti e sviluppi dell’attività sanitaria del presidio, riferimento non solo locale, ma che tende sempre più a coinvolgere altre realtà, come dimostrano gli accordi con altri ospedali torinesi e attraendo pazienti da altre regioni.

All’epoca il problema era quello di mantenere in funzione l’ospedale Madonna del Popolo, l’unico operativo nella zona, dando avvio ad un’esperienza unica nel suo genere con soddisfazione della popolazione e senza gravare ulteriormente sulle casse pubbliche. C’è da chiedersi perché una soluzione che nella pratica ha fornito ottimi risultati, non sia stata imitata e riprodotta sulla scia di quanto avviene anche nelle altre economie mature europee.

Evoluzione della società e nuove necessità

Nel corso degli ultimi decenni, l’evoluzione delle realtà socio-economiche hanno obbligato a ridurre le diversità tra pubblico (sempre più costretto a ricercare l’efficienza economica delle sue attività) e privato (sempre più chiamato ad assumere responsabilità nei confronti della società che li ospita). Concettualmente l’attività impositiva/erogativa/elargitiva dello Stato è giustificata e accettata dalla collettività che lo costituisce quando, a essa, viene riconosciuto un valore e un’importanza maggiore di quella che si otterrebbe se fossero lasciate libere le forze del mercato.

Il funzionamento della società, di cui per secoli lo Stato ne è stata la massima rappresentazione, non è però solo più un compito da circoscrivere tra pochi soggetti istituzionali, ma da espandere ad una pluralità di decision maker chiamati a realizzare un’azione pubblica, rispondente anche a criteri di efficienza ed efficacia (quella del COQ di Omegna è la realtà economico produttiva di maggior interesse dell’area). Per affrontare le nuove sfide occorre che le diversità operative tra pubblico e privato vadano a ricomporsi, anche se un ente pubblico non potrà mai confondersi con un’impresa privata, se non altro per la mancanza del requisito del rischio imprenditoriale.

Rischio imprenditoriale e indifferenza ai deficit

L’approfondimento delle caratteristiche delle due concezioni deve portare a definire le regole senza lasciarsi imbrigliare in questioni di competenze o altre pastoie burocratiche. Mancando il rischio imprenditoriale, il settore pubblico si lascia attrarre dal creare deficit per soddisfare tutte le aspettative, sebbene l’art. 81 della nostra Costituzione ammonisca a mantenere “…equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico”.

E c’è di più: sono doverosi gli stessi controlli finanziari sulle operazioni da eseguire sia a livello centrale, sia periferico, in quanto la finanza pubblica non può lasciare agli enti periferici la possibilità di programmazioni estranee alle direttive generali (anche per i limiti imposti dall’adesione dell’Italia all’Unione Europea, oltre che per ragioni di sostenibilità). Di conseguenza, i sistemi contabili pubblici sono vincolati dalla necessità di rilevare, con esattezza, ogni operazione che manifesti relazioni finanziarie con l’esterno, prestando la massima attenzione nell’accertare che la spesa avvenga in forme corrette e oculate, basate sul definire rigidamente entrate ed uscite dell’ente.

A modificarsi è lo stesso ruolo del settore pubblico, sempre più condizionato dal dover rispondere ad esigenze variegate, in concorrenza con una graduale assunzione di responsabilità delle organizzazioni no profit e nel dover fare i conti con entità non più sotto il suo controllo (ultimo caso è offerto dalla produzione di vaccini: bene indispensabile prodotto da privati).

Convergenza di interessi e rispettive potenzialità

Le poche esperienze realizzate testimoniano come, pubblico e privato, possono operare in un costruttivo rapporto dialettico se si creano le condizioni affinché entrambi possano esprimersi al massimo delle loro potenzialità. Gli sforzi delle scienze amministrative ed economiche devono, di conseguenza, concentrarsi nell’individuare gli strumenti utili per fornire soluzioni ricercando, nelle differenze presenti tra gli attori coinvolti, i punti di forza e di debolezza: calcolare il costo di un prodotto specifico o di una fase di lavorazione, l’analisi delle funzioni svolte, la disponibilità e la destinazione delle risorse e altro ancora, sono problematiche che interessano tutti gli operatori economici, indipendentemente dalla loro natura giuridica.

D’altra parte i pazienti che necessitano dei servizi non attribuiscono particolare importanza alla natura giuridica di chi li eroga, ma la qualità e al sostenibilità economico-ambientale. Al settore pubblico compete una funzione garantista che si concretizza nell’assicurare una sufficiente rete di servizi, sia intervenendo direttamente nella loro gestione, sia supportando funzioni complementari, concorrenziali, di mediazione o parallele gestite da privati o da Enti no profit. Il settore pubblico assume così il doppio ruolo di soggetto operativo e di soggetto legiferante, il cui successo dipende dalle modalità e dalle possibilità di sviluppare meccanismi in cui tutti gli attori riescono a concretizzare le loro potenzialità.

Affiancati ai servizi gestiti direttamente dallo Stato trovano la loro ragion d’essere altre gestioni portatrici di diverse istanze e professionalità. Più che di contrapposizione Pubblico/Privato nasce così l’esigenza di selezionare le rispettive sfere d’influenza e indirizzare le possibili concorrenzialità in un processo migliorativo. L’esistenza di un sistema privato di tipo integrativo dovrebbe aumentare le possibilità di scelta del cittadino, permettendo anche a chi non si rivolge direttamente al servizio privato di beneficiarne, sia per il minor affaticamento della struttura pubblica, sia per la possibilità di avere un termine di confronto sulla qualità dei servizi disponibili.

Aziende indispensabili e filiere produttive

Negli studi del welfare acquisisce specifica importanza esaminare le interrelazioni che una complessione, sia essa pubblica o privata, intrattiene con il resto della società. Vi sono infatti aziende, non solo quelle sanitarie, che per loro natura, le utilities in primis, la cui presenza ed operatività sono infatti indispensabili per il sopravvivere della società stessa. L’azienda raccolta rifiuti, le municipalizzate per la gestione dell’acqua o dell’energia elettrica possono essere privatizzate, possono anche fallire, ma non possono essere chiuse e i loro servizi non possono essere interrotti.

Si possono stilare classificazioni relative alle aziende in base alla loro indispensabilità o in rapporto al tempo necessario affinché un loro blocco comprometta le normali condizioni di convivenza, riprogrammando così gli investimenti da effettuare. Il prosieguo del ragionamento porta ad identificare quelle aziende la cui chiusura comprometterebbe gli asset fondanti una collettività: alcune aziende possono infatti bloccare un’intera filiera produttiva (o peggio, come ha rilevato il caso delle mascherine in periodo della Covid-19), mentre altre, seppur qualificate, interessano una ristretta cerchia di stakeholder.

Risulta quindi di particolare interesse valutare gli effetti indotti derivanti dalle singole attività: ogni azienda produttrice di beni od erogatori di servizi inducono dei “volani” per i meccanismi che innestano. Pleonastico sarebbe sottolineare l’importanza delle attività sanitarie in qualsivoglia contesto. L’insufficienza del mondo privato e del settore pubblico nel soddisfare l‘articolazione dei bisogni in essere rimarca la necessita di un maggiore livello di autosufficienza delle singole collettività che però non può realizzarsi se non in un contesto garantito e organizzato. Se soluzioni più efficienti risiedono nel poter disporre di entrambe le soluzioni e dalle modalità manageriali con cui queste vengono attuate.




Posted on: 2022/08/06, by :