Carlo Calenda, il solitario

di Menandro|

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Il Re de’ noantri, al secolo Carlo Calenda, dopo aver sentenziato su chi riteneva autorizzato e chi no a far parte della coalizione di centro sinistra, ha virato decisamente verso se stesso. Scelta saggia e ragionevole di un narcisista seriale affetto da cacadubbi all’italiana in stile marchese del Grillo – “io so’ io e voi non siete un c…” – che da qui al 25 settembre, giorno delle elezioni, si sarebbe rovinato la vita e l’avrebbe rovinata ai suoi compagni di strada, da Letta ai residuati della sinistra e agli ambientalisti di casa Bonelli. Gli unici al sicuro, paradossalmente ma non troppo, sarebbero stati i fuoriusciti dai Cinquestelle, impermeabili a qualunque critica, facce plastificate sul modello di chi ha promesso loro il ritorno a Montecitorio con “Impegno civico”, due parole che suonano come un ossimoro se affiancate a chi lo ha fondato.

Ora, per qualche giorno, le cronache politiche riserveranno a Carlo Calenda un posto d’onore per scoprire se farà tandem con il ragazzo di Rignano Matteo Renzi, l’unico politico che punta a essere l’ultimo in simpatia, come quei corridori, insuperabile fu il mitico Lucillo Lievore, che al Giro d’Italia puntavano a essere la maglia nera della corsa.

E poi? Carlo Calenda è un eclettico, gode di buona stampa che lo dipinge come tutto e il contrario di tutto: anarchico, moderato, progressista, tradizionalista, riformista, esibizionista (in senso politico), solitario (sempre in senso politico). Gli sarà sufficiente applicare il famoso detto che “con un’etichetta al giorno, ci si toglie l’anonimato di torno”, per rimanere al centro (in tutti i sensi) dell’Azione in campagna elettorale.

Del resto, c’è un dato su cui i partiti, da destra a sinistra, sono chiamati a riflettere: a oggi, appena un elettore su tre sa chi votare. E in un’autostrada che si offre a più corsie, chiunque può sognare di mettere la freccia del sorpasso. Persino a uno incredibile come Carlo Calenda. Al quale dedichiamo le parole di Fabrizio De André in “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poiters”, ma con una avvertenza non secondaria: il re Carlo ritornava in primavera, ma in Italia si vota in autunno e le lire sono oramai fuori corso.

“Re Carlo tornava dalla guerra
Lo accoglie la sua terra
Cingendolo d’allor
Al sol della calda primavera
Lampeggia l’armatura
Del sire vincitor
Il sangue del principe del Moro
Arrossano il ciniero
D’identico color
Ma più che del corpo le ferite
Da Carlo son sentite
Le bramosie d’amor
“Se ansia di gloria e sete d’onore
Spegne la guerra al vincitore
Non ti concede un momento per fare all’amore
Chi poi impone alla sposa soave di castità
La cintura in me grave
In battaglia può correre il rischio di perder la chiave”
Così si lamenta il Re cristiano
S’inchina intorno il grano
Gli son corona i fior
Lo specchi di chiara fontanella
Riflette fiero in sella
Dei Mori il vincitor
Quand’ecco nell’acqua si compone
Mirabile visione
Il simbolo d’amor
Nel folto di lunghe trecce bionde
Il seno si confonde
Ignudo in pieno sol
“Mai non fu vista cosa più bella
Mai io non colsi siffatta pulzella”
Disse Re Carlo scendendo veloce di sella
“De’ cavaliere non v’accostate
Già d’altri è gaudio quel che cercate
Ad altra più facile fonte la sete calmate”
Sorpreso da un dire sì deciso
Sentendosi deriso
Re Carlo s’arrestò
Ma più dell’onor potè il digiuno
Fremente l’elmo bruno
Il sire si levò
Codesta era l’arma sua segreta
Da Carlo spesso usata
In gran difficoltà
Alla donna apparve un gran nasone
E un volto da caprone
Ma era sua maestà
“Se voi non foste il mio sovrano”
Carlo si sfila il pesante spadone
“Non celerei il disio di fuggirvi lontano,
Ma poiché siete il mio signore”
Carlo si toglie l’intero gabbione
“Debbo concedermi spoglia ad ogni pudore”
Cavaliere egli era assai valente
Ed anche in quel frangente
D’onor si ricoprì
E giunto alla fin della tenzone
Incerto sull’arcione
Tentò di risalir
Veloce lo arpiona la pulzella
Repente la parcella
Presenta al suo signor
“Beh proprio perché voi siete il sire
Fan cinquemila lire
è un prezzo di favor”
“E’ mai possibile o porco di un cane
Che le avventure in codesto reame
Debban risolversi tutte con grandi puttane,
Anche sul prezzo c’è poi da ridire
Ben mi ricordo che pria di partire
V’eran tariffe inferiori alle tremila lire”
Ciò detto agì da gran cialtrone
Con balzo da leone
In sella si lanciò
Frustando il cavallo come un ciuco
Fra i glicini e il sambuco
Il Re si dileguò
Re Carlo tornava dalla guerra
Lo accoglie la sua terra
Cingendolo d’allor
Al sol della calda primavera
Lampeggia l’armatura
Del sire vincitor




Posted on: 2022/08/08, by :