Alla scoperta dei siti contaminati in Italia
3.Il prezzo pagato dai piccoli centri

di Pietro Comba,
Daniela Marsili
e Roberto Pasetto |

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Parallelamente all’avanzamento delle conoscenze sull’impatto sanitario dei siti contaminati in Italia e delle problematiche sociali ad esso correlate, qui presentato ancorché sinteticamente, negli ultimi anni si è registrato un consolidamento di questo filone di lavoro anche a livello internazionale. Per quanto riguarda l’Europa, va ricordato che i 53 Paesi che compongono la Regione europea dell’OMS, comprendente anche gli Stati formatisi dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, e quindi molto vasta e popolosa, sono impegnati in un processo di integrazione del tema ambiente e salute che dà luogo ogni 5-6 anni circa a una Conferenza dei Ministri dell’Ambiente e della Salute. .

La più recente di queste conferenze si è svolta ad Ostrava (Repubblica Ceca) il 13-15 giugno 2017 (WHO 2017 a). Tutta la documentazione della conferenza è accessibile dal sito http://www.euro.who.int/en/media-centre/events/events/2017/06/sixth-ministerial-conference-on-environment-and-health.

Dalla Conferenza di Ostrava ai lavori della COST


Interessa in questa sede menzionare che nella dichiarazione di Ostrava, a conclusione dei lavori della Conferenza, si introduce per la prima volta nell’ambito del Processo Europeo Ambiente e Salute la tematica relativa ai siti contaminati, al punto 9d:

“Noi dunque decidiamo di prevenire ed eliminare gli effetti avversi sull’ambiente e sulla salute, i costi e le diseguaglianze correlate alla gestione di rifiuti e siti contaminati, attraverso un avanzamento nell’eliminazione di pratiche incontrollate e illegali di movimentazione e smaltimento dei rifiuti, e di una saggia gestione dei rifiuti e dei siti contaminati nell’ambito della transizione ad un’economia circolare”.

Contestualmente alla Conferenza Ministeriale di Ostrava e alla disseminazione dei suoi documenti conclusivi, nel periodo 2015-2019 si sono svolti i lavori della COST (European Cooperation in Science and Technology) Action “Industrial Contaminated Sites and Health Network” (ICSHNet), coordinata dall’Italia (Istituto Superiore di Sanità) con l’adesione di 33 Paesi (Albania, Azerbaijan, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Israele, Italia, Lituania, Macedonia, Montenegro, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Turchia).
I documenti prodotti da questa rete di esperti, tutti disponibili sul sito https://www.icshnet.eu, presentano un quadro aggiornato delle conoscenze e una serie di strumenti e procedure di lavoro per portare avanti in modo comparabile lo studio dell’impatto sanitario e l’individuazione dei protocolli da utilizzare per aggredire più complessivamente il tema dei siti contaminati.

La centralità della dimensione di comunità locale


Nel caso dei siti contaminati le influenze delle condizioni sfavorevoli legate all’inquinamento riguardano prevalentemente le comunità che risiedono all’interno o in prossimità delle aree contaminate. Aree contaminate sono presenti anche all’interno di grandi città, ma l’influenza dei siti contaminati come principale sorgente di inquinamento ambientale per la popolazione e che ne influenza per vari aspetti la vita collettiva, riguarda prevalentemente comuni di piccole e medie dimensioni.
A testimoniarlo, dei 319 comuni sottoposti alla sorveglianza SENTIERI, 263 avevano meno di 80.000 residenti al Censimento 2011. Nel caso di comuni di dimensioni medio-piccole, non solo tale unità territoriale rappresenta la più elementare unità a livello amministrativo, ma la popolazione residente in ciascun comune può essere considerata, e in molte realtà italiane lo è di fatto, una ‘comunità locale’ intesa come quel tipo di collettività i cui membri condividono un’area territoriale come base di operazioni per le attività giornaliere e come una ‘comunità societaria’ che ha come funzione l’integrazione degli individui che la costituiscono (Bagnasco, 1992).

Al suo interno coesistono, più o meno: l’interdipendenza dei sistemi relazionali tra le persone; la presenza di una forte omogeneità di norme e valori; l’interiorizzazione di tali norme e valori condivisi e non necessariamente espressi formalmente; la presenza di un forte senso dell’ingroup rispetto all’outgroup esterno (Amerio, 1996).
Allo stesso tempo, anche in queste comunità, diversi gruppi portatori di interesse (stakeholder) possono rappresentare e prospettive distinte. Il grado di coesione dipende dalle capacità della comunità di rispondere ai bisogni dei suoi membri, oltre che dalle sue caratteristiche strutturali (Statera, 1978), e ciò appare particolarmente rilevante in considerazione della complessità propria della gestione del rischio e degli impatti sulla salute di un sito contaminato.

L’eterno scontro tra sviluppo industriale e conservazione dell’ambiente


Nel contesto dei siti inquinati è dirimente il concetto di ‘overburden communities’, secondo il quale non è preminente la comprensione del ruolo distinto di diversi fattori di pressione sulle comunità (o loro sottogruppi, ad esempio popolazioni di quartieri), quanto il fatto che le comunità siano sovraccaricate da elementi di fragilità, inclusi quelli legati ai rischi conseguenti all’inquinamento. Nel caso di siti contaminati industrialmente, inoltre, la storia delle comunità (nelle dimensioni individuale, familiare e collettiva) in molti casi è stata influenzata per decenni dalla presenza degli impianti industriali che, inizialmente, sono stati fonte di lavoro e di miglioramento della qualità di vita (per alcuni), ma al contempo e progressivamente hanno determinato la contaminazione ambientale e il deterioramento dell’ambiente di vita nonché influenzato lo stato di salute delle comunità. Le condizioni di salute sono una delle caratteristiche che contribuiscono a definire una comunità e l’identificazione dei fattori che influiscono su tali condizioni è alla base della promozione della salute pubblica (WHO, 2017 b).




Posted on: 2020/07/10, by :