Non cadiamo nell’ossessione di esami e test clinici

di Giuseppina Viberti|

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La richiesta di esami e test sta diventando un mantra per la pubblica opinione. Argomento scottante su cui si stanno dividendo, inevitabilmente, gli opinion leader, anche se non sembra interessare loro l’aspetto tecnico che, al contrario, come abbiamo più volte ripetuto, è fondamentale per l’organizzazione sanitaria specifica e più in generale, dal come si eseguono esami e test al personale da coinvolgere, alla tipologia di reagenti.

Il prêt-à-porter della salute e le amplificazioni dei decision maker

Gli esami di laboratorio devono essere eseguiti da personale qualificato e specializzato (tecnici di laboratorio iscritti all’albo, medici e dirigenti sanitari con specialità adeguata) che hanno le competenze per gestire la strumentazione (che ovviamente deve rispondere a precisi requisiti), il dato analitico e tutto il processo diagnostico. Questi aspetti obbligano grande professionalità, ma non riescono ovviamente a coinvolgere i commentatori in polemiche dagli audience elevati. Però il problema è entrato nel comune sentire e, di conseguenza, anche il singolo cittadino si sente autorizzato a definire il proprio fabbisogno, nella logica di quella medicina prêt-à-porter (ormai caratterizzante molti comportamenti consumistico-sanitari), dove ognuno si sente legittimato a scegliere e richiedere quali esami ritiene assolutamente necessari, per poi, passata la paura, non andarli neanche a ritirare. La paura del coronavirus ha amplificato questi comportamenti e trova nei decision maker desiderosi di accontentare le richieste delle moltitudini, incredibili megafoni.

L’incontrollabile frenesia delle “auto-analisi”

Per affrontare correttamente il problema occorre definire alcuni aspetti di base. Finora le analisi eseguite nelle farmacie erano “auto-analisi”: l’utente decideva in modo autonomo di fare degli “esami di laboratorio” (pratica assolutamente sconsigliata da tutte le linee guida), eseguiva da solo una puntura del dito e faceva l’analisi come già avviene al proprio domicilio per il controllo della glicemia (sistema consolidato e sottoposto a verifica periodica da parte del diabetologo) oppure per il test di gravidanza con l’urina e pagava la prestazione. Si tenga presente che per l’IVG o l’inserimento nel percorso gravidanza, fa fede l’esame di laboratorio non il test a domicilio. L’utilità di coinvolgere il paziente nell’autocura è sicuramente una frontiera da esplorare, ma seguendo percorsi scientifici e organizzativi consolidati e non l’isterismo del momento. Il mercato che però si sta aprendo, per dimensioni e per coinvolgimento di più soggetti ovviamente desta notevole interesse, ma i sistemi diagnostici devono essere testati con metodi scientifici.

Gli esami di laboratorio non sono un diritto precostituito

Occorre innanzi tutto definire il concetto di laboratorio analisi pubblico o privato convenzionato. In primo luogo, ribadiamo un concetto non secondario e cioè che aprire piccoli laboratori per “il fai da te”, dove poter effettuare esami di vario tipo può risultare pericoloso se ad eseguirli non sono professionisti in grado di occuparsi del processo analitico a partire dal prelievo ematico. Del resto, i “centri prelievo” sono regolamentati da specifiche norme nazionali e regionali per il loro funzionamento. Le richieste dematerializzate sono innanzi tutto inserite in un applicativo di laboratorio certificato e da questa prima e indispensabile fase parte tutto un percorso diagnostico-epidemiologico. Dalla calibrazione degli strumenti all’esecuzione e validazione dei test, dalle responsabilità connesse alla firma digitale dei risultati all’inserimento dei referti firmati nel “Fascicolo Sanitario” del paziente che passa attraverso un repository aziendale, si svolge un percorso articolato e gestito da personale qualificato e tracciato con password personali per il controllo di tutto il processo. La “digitopuntura”, già conosciuta ed applicata con successo per alcune specifiche coorti di pazienti, non può espandersi come una panacea della nuova sanità spinta dall’assioma che non si può negare un esame solo perché esiste, e quindi diventare una specie di diritto.

L’evoluzione dei POCT, centri di assistenza e di cura

Molte Regioni hanno regolamentato da tempo l’utilizzo degli strumenti definiti POCT (Point of Care Testing, cioè punto di assistenza e di cura), che possono essere utili in molte situazioni, dalle Case della Salute, a R.S.A., Case di riposo, aggregazioni di M.M.G. (medici di medicina generale) e di Pediatri di Libera scelta (P.L.S.) per controllare la situazione clinica di alcuni parametri fondamentali nei pazienti fragili (ad es. glicemia, creatinina, emoglobina, transaminasi, esame urine) e per decidere se l’assunzione dei farmaci è adeguata, oppure se il soggetto necessita di esami più approfonditi o di un ricovero in ospedale o di una visita specialistica. In questo casi è il Laboratorio analisi centrale che acquisisce la strumentazione, la mette in rete, forma il personale all’utilizzo, controlla e verifica che tutto il processo sia adeguato a fornire risultati utili ed efficaci. Emblematico è l’esempio della Terapia Anticoagulate orale (T.A.O.) diffusa in moltissimi pazienti (anche giovani): non è sufficiente fornire il valore dell’I.N.R. (tempo di protrombina) perché nei centri ospedalieri (gestiti in gran parte da medici specialistici in Patologia Clinica) e aggregati all’F.C.S.A. il paziente è seguito in tutto il suo percorso: viene fornito lo schema terapeutico attraverso algoritmi decisionali elaborati da programmi informatici particolarmente complessi, sono valutate le interferenze farmacologiche, il paziente viene preparato per gli interventi chirurgici e gli esami strumentali, per la gravidanza, sono seguite le eventuali complicanze.

Le analisi non sono “prodotti da banco”

I pazienti che si “autogestiscono” oppure sono seguiti dal M.M.G. senza programmi informatici hanno più complicanze di quelli seguiti nei centri T.A.O. Il modello coerente con la realtà clinica di pazienti molto complessi, è quello della “rete ospedale-territorio” dove il Centro Esperto T.A.O. ospedaliero coordina, forma e collabora con il M.M.G. nella corretta gestione del paziente; l’I.N.R. che rappresenta l’esame di laboratorio da cui partire per le decisioni cliniche deve essere preciso e accurato e ciò avviene con strumenti di laboratorio; è necessario fare un progetto di valutazione dell’attendibilità del risultato dei P.O.C.T. per I.N.R. che in Piemonte non sono forniti gratuitamente ai pazienti in T.A.O. come avviene ai pazienti diabetici per gli strumenti di autoanalisi della glicemia (sicuramente di più semplice utilizzo e interpretazione). Molti esami di laboratorio di base, sono fondamentali per il monitoraggio terapeutico e le decisioni cliniche, devono essere forniti referti in linea con le indicazioni delle Società Scientifiche e non possono essere trattati alla stregua di “prodotti da banco”.

L’auto-spirometria come fattore di necessità e di selezione dei pazienti

Per quanto riguarda l’auto-spirometria bisogna considerare che lo studio della funzionalità respiratoria rappresenta un esame fondamentale nel percorso di valutazione di pazienti pneumologici ed oncologici normalmente integrato con l’emogasanalisi arteriosa per una completezza del quadro clinico. Inoltre è un esame difficile da eseguire che, per fornire dati attendibili, deve essere effettuato correttamente dal paziente che va istruito nella modalità di emissione del respiro. Il punto nevralgico del successo della pratica risiede quindi nella selezione dei pazienti da coinvolgere e, soprattutto, su come vengono fornite le istruzioni cliniche al paziente e la successiva valutazione che non può essere lasciata solo al M.M.G./P.L.S. che può non disporre delle competenze pneumologiche adeguate. Un alto livello di professionalità deve però essere portato in ogni angolo del territorio ben ricordando che in sanità le distanze non sono solo spaziali ma anche socioculturali: per varie ragioni vi sono popolazioni (si pensi alle valli montane, popolate spesso da persone anziane con difficoltà motorie e/o malattie croniche) che presentano difficoltà a raggiungere una laboratorio analisi moderno ed efficiente. Diventa, di conseguenza, indispensabile trovare delle soluzioni che potrebbero essere rappresentate dalla presenza più diffusa di aggregazioni di M.M.G./P.L.S. con strumenti P.O.C.T. controllati dal laboratorio analisi dell’ASL di pertinenza, maggior presenza di personale infermieristico sul territorio, collaborazione della Farmacia territoriale nella fornitura rapida di tutti i prodotti necessari per far funzionare i P.O.C.T. La soluzione è sicuramente efficace sotto un profilo clinico per queste fasce di popolazione, ma presenta un impatto economico importante in quanto i test eseguiti con strumenti P.O.C.T. hanno un costo particolarmente elevato, di gran lunga superiore a quelli eseguiti in un laboratorio analisi: la comodità del singolo, si supera con un prelievo a domicilio, ottimizzando il rapporto costo/beneficio con la predisposizione di un’apposita rete di laboratori periferici P.O.C.T. e centrali, da attivarsi in base alle specifiche esigenze cliniche. Bisogna inoltre considerare che la diagnostica di laboratorio è centrale e fondamentale in tutti i percorsi clinici (oltre l’80% dei pazienti che afferiscono negli ospedali esegue esami di laboratorio), la sua esecuzione da parte di personale esperto e qualificato con la produzione di risultati attendibili e sottoposti a controlli di qualità nazionali e internazionali (V.E.Q.) contribuisce alla riduzione delle inappropriatezze, alle visite mediche non necessarie e quindi al contenimento dei costi e alla razionalità del sistema.




Posted on: 2020/06/08, by :