Il Recovery Fund non è un tavolo da poker:
in gioco c’è la rifondazione dell’Europa

di Pietro Terna |

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Quando ci si trova a discutere di miliardi di euro a centinaia, come se fossero fiches al tavolo da gioco, forse si è perso il senso delle proporzioni. Non si tratta di una partita a poker, ma di una nuova fondazione dell’Europa che, dopo il grande allargamento, non ha ancora saputo trovare una identità. Molto asciutto, all’apertura del terzo giorno di trattative per l’accordo sul Recovery Fund, l’Economist, nel suo “Espresso” quotidiano del 20 luglio, scrive “A swift reconciliation of views looks unlikely”. Mentre scrivo, non so come si concluderà la discussione tra le parti così lontane, anche se un accordo pare ancora possibile. Certo i paesi detti “frugali” (ma seduti su un mucchio di soldi, anche solo guardando al PIL pro-capite1, pari a 44900 euro in Olanda contro 29100 in Italia, nel 2018) stanno comportandosi in modo assai poco europeista, soprattutto nella prospettiva di una rifondazione.

Chi in Italia critica l’attuale governo dice: “hanno ragione loro a diffidare”. No, non hanno ragione, le grandi scelte si fanno sulla base di valutazioni approfondite e di regole ben sperimentate, non di giudizi superficiali. Ad esempio, secondo gli olandesi abbiamo troppi pensionati! Sanno come è fatta la struttura per età della nostra popolazione? Soprattutto, sanno che con il governo Monti l’azione coraggiosa e tempestiva della professoressa Fornero, durante il suo periodo al ministero, ha cambiato completamente le prospettive del sistema pensionistico, tanto che anche la pericolosa scelta di quota 100 non riesce a scardinare il sistema? I conti della tedesca Fondazione per l’economia di mercato, la Stiftung Marktwirtschaft2, che considerano il debito pubblico ufficiale e quello implicito nelle pensioni in essere, pone l’Italia al quinto posto dei Paesi europei, la Germania al nono e l’Olanda al diciannovesimo. Le graduatorie sono sempre opinabili, ma il distacco è piuttosto significativo. Si tratta di un dato periodicamente “riscoperto” dalla stampa quotidiana e periodica italiana3 e… subito dimenticato, tanto che nella trattativa attuale nessuno l’ha ricordato. Come non è stato ricordato a sufficienza un importante tassello del negoziato, ben indicato da Mario Monti4in un articolo del 19 luglio sul Corriere della Sera:

Su queste colonne avevo suggerito tempo addietro che, pensando in particolare all’Olanda, si inserisse già nel Recovery Fund un riferimento ad un programma preciso, con scadenze e modalità definite, per una revisione, più incisiva di quelle fatte in passato, dei regimi fiscali comportanti forme di concorrenza sleale e dannosa ai sensi dell’Ocse e del Codice di condotta vigente in sede Ue. Sembra che il presidente Conte abbia ieri evocato il tema. Purtroppo, però, per lasciare traccia concreta e operativa nelle politiche europee, temi di questa natura devono essere trattati con anticipo nelle sedi preparatorie e con la costruzione delle necessarie alleanze per poterli vedere deliberati al Consiglio europeo.

Ecco allora il punto: la politica estera. Un grande paese come l’Italia deve avere una politica estera solida, continuativa, pressante, capace di aiutare i paesi amici, piccoli e grandi, nei loro nei momenti di crisi. Elastica su molte cose, rigida sui diritti umani. Poi si passa a incassare il conto quando serve. Serve ora sull’economia, ottenendo la stessa serietà di trattamento che si ebbe dalla BCE di Draghi, quando la Commissione latitava; ora la Commissione è ben diretta da von der Leyen, ma trova un ostacolo nelle azioni irresponsabili di paesi dell’Unione di scarso peso specifico, ma con grande capacità di disturbo. I “bene informati” dicono che è la Germania che li manda avanti, ma la Germania ha nell’Italia un fornitore industriale fondamentale e un mercato di sbocco assai importante; soprattutto, Merkel sta mostrando grande capacità di visione. Un accordo che rafforzi l’Unione è anche fondamentale per evitare che le ventate di pessimismo, spesso indotte da azioni di conformismo al ribasso, ci danneggino. Come ben spiega un’analisi di Maurizio Minenna5, nei mesi della pandemia l’Italia ha sofferto un forte deflusso di liquidità, mentre la Germania ha beneficiato di un enorme afflusso. Aggiungo io, anche a tassi negativi a breve e a lungo termine. Il trionfo dei luoghi comuni applicati all’economia.

Chiudiamo con un flash positivo: per l’Istat6“a maggio 2020 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale aumenti del 42,1% rispetto ad aprile. (…) Corretto per gli effetti di calendario, a maggio 2020 l’indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 20,3% (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 22 di maggio 2019)”. Rispetto a tante cupe indicazioni, significa che la macchina si sta rimettendo in moto.



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