No alla demagogia: il Mes può diventare
il braccio economico della nostra sanità

di Libero Ciuffreda |

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A metà giugno gli Ordini dei Medici e degli Infermieri del Piemonte hanno chiesto con una sola voce che all’Italia arrivassero subito e senza indugi i 36 miliardi di euro garantiti dal MES per finanziare il Servizio Sanitario (SSN). Dopo la fatica e la sofferenza vissute durante i lunghi giorni e le lunghe notti dell’emergenza COVID, si sperava, infatti, che tutti i rappresentanti politici ne comprendessero l’urgenza. Il nostro Paese ha bisogno di superare la fragilità del SSN, accentuata dalla pandemia, che richiede investimenti immediati, cui eventualmente aggiungere risorse che arriveranno, a partire dai primi mesi del 2021, dal Recovery Fund.

Ma, ci si chiede, quanto ancora le pregiudiziali di interesse elettorale dovranno penalizzare il personale sanitario? Quello stesso definito con enfasi, nei giorni dell’emergenza, come “i nuovi angeli ed eroi”, ma che soltanto in un passato meno recente veniva quasi additato al ludibrio dell’opinione pubblica al minimo accenno di manifestazioni e iniziative per sollecitare nuove assunzioni o una diversa organizzazione del lavoro. Iniziative di carattere anche sindacale, non dimentichiamolo, dinanzi ai tagli indiscriminati subiti negli ultimi anni dalla sanità pubblica che hanno aumentato l’età media degli organici (la media è di 51 anni), con medici e infermieri costretti ad operare all’interno di strutture ospedaliere obsolete, poco flessibili e mal collegate con i Servizi territoriali.

Il Consiglio dei Capi di Stato e di Governo si trovano ad affrontare, forse senza una completa consapevolezza, complice l’”apolide” Coronavirus, il difficile compito di finanziare la rinascita del Continente Europeo, agendo come uno Stato “unitario e federale”, capace di finanziare e ripianare con risorse proprie la grave crisi economica con tasse europee e non dei singoli Stati (carbon, plastic o digital tax). Potrebbero anche trasformare la crisi indotta dall’emergenza sanitaria in un’opportunità di nuovo sviluppo, in particolare con la cosiddetta green transition. Eppure questo straordinario ed encomiabile sforzo che ha portato ai risultati auspicati sul Mes, non dev’essere vanificato da ritardi che l’Italia e il Piemonte non possono permettersi. L’autunno è alle porte, con il rischio di una nuova ondata epidemica da COVID.

Oggi è il tempo di potenziare l’assistenza territoriale, di aumentare le risorse per la ricerca, compresa quella organizzativa, oltre che di rafforzare i servizi di prevenzione, da quelli coinvolti nelle campagne di vaccinazione alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Siamo di fronte ad un esame della classe politica, e la domanda sorge spontanea: “sarà capace di guidare e amministrare questa svolta?” E senza indugiare in interessi di partito, saranno in grado di superare i nazionalismi sensibili ai risultati elettorali, mettendo al primo posto la salute dei cittadini europei? L’Italia è riuscita caparbiamente a trovare un accordo sul Mes. Ora tocca al Governo presentarsi agli appuntamenti con i partner europei con riforme vere, strutturali e non soltanto annunciate, senza vittimismi, recuperando credibilità e ruolo all’interno di quella Unione Europea, nata anche grazie alle intuizioni di italiani come Altiero Spinelli.

Però, in attesa di questa metanoia, l’Italia affronti la questione con la stessa decisione profusa nell’emergenza COVID e restituisca ruolo e professionalità innanzitutto al Personale Sanitario, creando un modello organizzativo capace di mettere insieme il Territorio con i Presidi Ospedalieri, utilizzando i finanziamenti del MES.




Posted on: 2020/07/21, by :