È il momento di tracciare la rotta per Torino

di Pietro Terna |

|

La sindaca Chiara Appendino ha annunciato che non si ricandiderà. È un dato. Un secondo dato è che l’abbaglio dell’uno vale uno, quando le pupille di quelli che l’avevano subito si sono riaperte, ha mostrato quel che era: una sciocchezza. “Uno vale uno” ha anche permesso a alcuni soggetti di strumentalizzare gli abbagliati e compiere operazioni che hanno presto mostrato la corda. Capitolo chiuso, o quasi, quello. Invece i problemi aperti lo sono sempre e si sono anche aggravati. Non tanto la situazione economica generale, di cui ho scritto1 qui sulla Porta di Vetro anche recentemente, che è grave, ma non tale da travolgerci quanto la debolezza strutturale di Torino. Torino città, non i comuni che la circondano e non il Piemonte, tutti con difficoltà, ma non paragonabili a quelle del capoluogo regionale. Prima di tutto la situazione dell’occupazione, il cui emblema sono gli sciami di giovani e meno giovani che circolano con cubi colorati sulle spalle, per pochi euro di compenso e addirittura con chi gli sequestra le mance. Quel che vediamo non è rassicurante. È il segnale di una disoccupazione giovanile impressionante, con quasi un giovane su tre senza lavoro.

Non esistono misure specifiche e semplici per affrontare il problema del declino, ma solo misure generali, di base, di rinnovamento della città e delle sue infrastrutture. Il Comune ha debiti importanti, necessitati da interventi importanti nel recente passato, dalle Olimpiadi con il loro effetto di innovazione anche sociale, al passante ferroviario, alla prima linea della metropolitana. Sono debiti costosi, che occorre rinegoziare a tassi sopportabili in un mondo che è ora a tassi negativi, e anche ridurre, facendo cassa con i gioielli di famiglia, che è sbagliato cedere poco a poco, ma richiedono una operazione significativa di smobilitazione. Il ruolo sociale delle grandi utility (dall’acqua ai trasporti) può essere mantenuto ben negoziando le regole di gestione. Dopo di che si può ripartire a investire, anche contraendo nuovi debiti a tassi sopportabili, operazione possibile se si mostra agli investitori che c’è un realistico piano di potenziamento della nostra struttura di base, tanto da poter ripagare il debito.

Una città che investe dà lavoro a breve termine e assicura lo sviluppo del suo territorio. Un territorio che ora manca di forza economica, ma ha ancora player importanti nel settore industriale e in quello terziario. Una città che può essere ancora un nodo fondamentare nella rete delle città medie europee. In quella prospettiva, si trovano anche le forze per affrontare il cambiamento tecnologico che rivoluziona i contenuti del lavoro e della vita sociale, per confrontarsi con le nuove modalità di lavoro come durata e organizzazione (si pensi al telelavoro, per ora assai poco smart), per ragionare del profondo rinnovamento del tessuto sociale con la sempre maggior presenza di anziani e di nuovi abitanti arrivati dall’esterno. Sullo sfondo, l’enorme e inaccettabile differenza tra le zone della città, che crea dei confini che a molti abitanti rischiano di parere insormontabili. Infine, una gestione costruttiva di interventi come il reddito di cittadinanza, anche con l’alleanza di tante realtà del volontariato e integrato con tutte le misure di soccorso alle persone. Nel presente occorrono anche nuovi interventi di sostegno, da negoziare al centro, per le persone in maggior difficoltà.

Continuando la rassegna degli interventi diffusi, e onnicomprensivi rispetto alle persone, occorre dare la massima priorità alla formazione, agendo a favore della scuola a tutti i livelli, sino al fondamentale ruolo dell’Università e del Politecnico. Occorre potenziare la Pubblica amministrazione, che non assume giovani da troppo tempo, raggiungendo un’età media dei dipendenti così elevata da non saper fronteggiare i cambiamenti imposti dalle innovazioni necessarie. Un esempio negativo estremo: seriamente, non riesco a capacitarmi del fatto che una importante città di una delle più importanti economie del mondo non riesca a consegnare ai cittadini i documenti di identità. Non si tratta di un lavoro complesso come il disbrigo di una pratica urbanistica, ma di un servizio ripetitivo e ben definito, quasi totalmente automatizzabile.

Se operiamo per mantenere vivo il capitale fisico e sociale della città, abbiamo anche le chance per ragionare di un sistema formato da industria e terziario altrettanto vivo. Ne ho scritto sul sito dell’associazione recentemente2 e non voglio ripetermi, ma i punti di forza industriali devono essere preservati, mentre cerchiamo di farne nascere di nuovi. Le nazioni europee più importanti hanno tutt’altro che rinunciato alla filiera dei mezzi di trasporto, da accompagnare con la ricerca, salvaguardando un tessuto che qui esiste ancora, ma non per molto.



_______