Ragionare e riflettere per capire Torino

di Pietro Terna|

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Il virus SARS-CoV-2 si è ripresentato minacciosamente, ma in molti quartieri di Torino non è il problema principale. Là dove si respinge il virus con una battutaccia e qualche segno di insofferenza, Trump potrebbe avere anche successo se fosse candidato a sindaco; Anthony Fauci, l’immunologo statunitense, spesso critico con la Casa Bianca, un po’ meno… Sono i luoghi della città dove sono presenti la massima disoccupazione, la povertà e il disagio sociale, con le tensioni che ne derivano. Le zone dove il referendum sul taglio dei parlamentari ha raccolto il 72% di sì (circoscrizione 6, a nord), il 72,5% (circoscrizione 5, a nord-est), mentre ha registrato il 42,6% a Torino Centro e valori intermedi, ma tutti superiori al 50%, nelle altre zone. Come è fatta dunque Torino e come può essere immaginata per il futuro, senza rassegnazione di fronte alla sintesi esposta? Guardiamola a colpi di flash.

La città ha 880mila abitanti, con 190mila pensionati, 100mila studenti, 130mila immigrati, oltre 350mila occupati di cui ben identificati come dipendenti circa 100mila operai e 100mila impiegati. Non fermiamoci a ciò che vediamo in questi giorni. In condizioni di normalità, che tutti auspichiamo possano ripresentarsi nel corso del 2021, Torino è una città viva, popolata da tanti giovani, anche se purtroppo molti di loro disoccupati; una parte di quei giovani sono residenti immigrati da relativamente poco tempo. Poi ci sono le età di mezzo e infine i moltissimi residenti anziani. Con queste basi, occorre lavorare per fare di Torino una città più integrata e più accogliente per tutti. Un esempio chiave: gli anziani, soprattutto se soli, possono ospitare in casa un giovane studente o un giovane immigrato, in entrambi i casi uomo o donna, per alleviare i costi di mantenimento della casa, soprattutto se si tratta di un alloggio grande solo parzialmente utilizzato. Ed è una situazione molto comune. Si tratta certamente di una soluzione socialmente e individualmente preferibile alla un po’ inquietante cessione della cosiddetta nuda proprietà, con cui il venditore mantiene il diritto all’uso dell’appartamento sino a che è in vita … Inoltre, con la formazione, anche solo parziale, di una comunità, si facilita la trasmissione di testimonianze (artigianali, professionali, speculative, ecc.) e di tradizioni e socialità dall’anziano ai giovani ospiti e viceversa.

Cercando nell’internet, qualcosa in questa direzione già esiste e ben ricordo un esperimento organizzato alcuni anni fa da uno studente che preparava la tesi con me. Sono iniziative che devono essere ben guidate e assistite dal pubblico, per risolvere i problemi legali, di sicurezza, fiscali, di rapporti con le autorità; problemi che inevitabilmente emergono se non ci sono linee guida e anche chi aiuta ad applicarle. Le persone che vivono nelle aree di maggior difficoltà della città hanno anche la necessità di poter accedere a centri di aggregazione, di ogni tipo, da quelli più tradizionali a quelli più innovativi. Torino, se vuol essere comunità che aggrega, deve investire molto in quella direzione. La Torino economica è in grado di rispondere ai bisogni di questa comunità? E se stimoliamo la creazione di condizioni per attirare studenti universitari da fuori Piemonte, e anche da fuori Italia, siamo poi anche capaci di trattenerne una parte, come linfa per il nostro futuro?

I dati1ci dicono che la nostra area è sempre sulla scena del mondo, con esportazioni che vanno dai mezzi di trasporto, ancora rilevanti, alla importante presenza della produzione meccanica, robotica compresa, delle apparecchiature elettriche-elettroniche, della gomma e plastica, della chimica, degli alimentari e sempre più dei prodotti soft, con la presenza dell’informatica. Perché dobbiamo esportare? Perché, pur comprendendo le ragioni di chi studia e propone le soluzioni cosiddette a chilometro zero o di circolarità economica, una popolazione urbana della dimensione della nostra, frutto di una concentrazione che ha complesse radici nella storia, deve produrre e vendere all’esterno molti bene (merci e servizi, e il turismo è uno di quelli) per poter acquistare l’intero spettro di beni di cui ha bisogno, con l’energia in primo piano.

All’interno delle diverse filiere dobbiamo individuare le imprese più dinamiche, proprio ora mentre tutto sta cambiando: per investigare il futuro è indispensabile e urgente produrre un repertorio aggiornatissimo delle imprese innovative, con l’aiuto delle associazioni delle imprese e della Camera di commercio, cercandole anche, o soprattutto, al di fuori dei settori più tradizionali. Questo perché è sui “campioni” che occorre fare affidamento, per l’innovazione nel credito, per l’export e per gli investimenti. Infine, per i rapporti con gli atenei, realizzando il trasferimento delle innovazioni che provengono dalla ricerca. Tra le nuove filiere ricordiamo il medicale (grande ricaduta produttiva potenziale del Parco della salute), l’informatica con l’intelligenza artificiale, la robotica, l’energia, l’innovazione nell’automotive. Tutti temi su cui è necessario un approfondimento per ben ragionare di Torino.



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1 Si veda ad esempio https://urbanlabtorino.it/pubblicazioni/la-citta-e-i-suoi-numeri/


Posted on: 2020/10/23, by :