Il destino della ex Embraco: l’appello di monsignor Nosiglia
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Tra due giorni, sabato 22 gennaio, scadrà la cassa integrazione per i lavoratori della ex Embraco di Riva presso Chieri. E il ministero ha affermato che l’ammortizzatore sociale non sarà rinnovato. Un epilogo amaro, duro, al limite della crudeltà dopo quattro anni di resistenza e battaglia sindacale per chi si è ritrovato senza lavoro, con un’attività praticamente scippata dalla multinazionale Whirpool. La Regione Piemonte ha assicurato il suo impegno per sostenere i 377 lavoratori e le loro famiglie d’intesa con i sindacati.
Sulla vicenda ci pare opportuno pubblicare il documento diffuso il 14 gennaio scorso dall’Arcivescovo di Torino e Vescovo di Susa, Cesare Nosiglia (nella foto, concessa gentilmente da “La Voce e il Tempo”), che dall’inizio del calvario per i lavoratori non si è mai sottratto all’impegno di tutelare i più deboli, i più esposti, mettendo la Chiesa torinese sempre in prima fila, e con essa una voce di solidarietà che a tratti è apparsa persino isolata.
Le parole di Nosiglia rivolte agli imprenditori, insieme alla riproposizione di un impegno sociale e civile, sono anche la testimonianza, se non un autentico lascito del presule prossimo a a concludere per raggiunti limiti di età (da oltre due anni) il suo magistero.
La Porta di Vetro
Cari amici, desidero aprirvi il mio cuore di pastore di fronte a una situazione come quella della ex Embraco, che non è certo l’unica in crisi occupazionale ma rappresenta un paradigma unico nel suo genere perché da ormai 4 anni 400 operai e loro famiglie soffrono una situazione di abbandono senza avere la prospettiva di uno sbocco che assicuri loro un lavoro. Per questo mi permetto di fare appello alle imprese del nostro territorio e in particolare a quelle che si richiamano alla dottrina sociale della Chiesa e la ritengono un punto di riferimento fondamentale per il loro impegno economico e lavorativo.
In più occasioni, incontrando imprenditori, manager, economisti, mi sono sentito dire che ci sono «regole» dell’economia o del mercato che non si possono infrangere né modificare, e che determinerebbero l’intero ordine mondiale. Ma poi l’esperienza quotidiana mi insegna che le cose non stanno esattamente così. Anzi, le nostre società si caratterizzano proprio per il confronto continuo, e non sempre pacifico, tra certe regole economiche e le spinte della politica, i bisogni delle persone, le idee vecchie e nuove che emergono dalla società.
Per questo, quando sento parlare di regole economiche immutabili, sono a volte un po’ diffidente o perplesso. I profeti di queste leggi sembrano tenere in ben scarso conto la complessità dei meccanismi sociali e degli stessi processi economici. Ciascuno di voi potrebbe raccontare di quanto «pesano» fatti e persone che dai modelli e dalle dichiarazioni ufficiali stanno fuori. Penso a certe dichiarazioni sulla concorrenza e il libero mercato e alle azioni che vanno invece nella direzione del monopolio o del cartello che controlla prezzi e prodotti… E poi, quanto pesa la corruzione; quanto influisce sulle decisioni d’impresa la prospettiva di certi profitti immediati anche se magari potrebbero essere poco puliti; quanto la logica del puro «affare» rischia di divenire dominante rispetto ad ogni altra. Sono fatti, tutti, che vediamo fin troppo sovente, nelle cronache e nella vita delle aziende.
Dobbiamo guardare alla realtà così com’è, e tutta intera. Senza nasconderci nulla. È dalla visione d’insieme che possiamo ricavare indicazioni più precise sui nostri comportamenti e sulla nostra coerenza. Per questo sono qui a chiedervi non di infrangere le regole (e tanto meno di usare mezzi illeciti e discutibili), ma di approfondire una riflessione che certamente già vi appartiene. Una riflessione, uno stile che è capace di conciliare la necessità di condurre imprese secondo i criteri dell’economia e del mercato con un quadro di valori in cui c’è posto per quella solidarietà concreta che, per i credenti, non è una beneficenza interessata, di quelle che si possono detrarre dalle tasse, ma è invece la pura e semplice carità.
Il ministero dello Sviluppo Economico nella persona anche del ministro Giorgetti ha più volte detto che se ci fosse qualche impresa che si fa avanti per la ex Embraco sarebbe agevolata da parte del ministero stesso. Ma finora non si sono avute risposte; ed è questo il motivo per cui ho lanciato l’appello alle imprese che hanno una sensibilità religiosa e che potrebbero avere un ruolo attivo nell’assorbire una parte del personale ex Embraco. Mi rendo conto che si tratta di una richiesta impegnativa: ma ci troviamo di fronte a una situazione di una enorme gravità. Io credo che, dopo 4 anni di crisi, trattative, sofferenze delle famiglie è necessario che il mondo cattolico si impegni a cercare insieme una soluzione. Quando parliamo di lotta alla povertà, dobbiamo pensare molto concretamente a queste 400 famiglie che stanno scivolando verso la miseria!
Ogni impresa potrebbe impegnarsi in questo: ma sono certo che quelle che vivono il lavoro, e la vita, partendo da una ispirazione cristiana sanno quanto il Vangelo e il Magistero della Chiesa, in primis di papa Francesco, indicano una strada da compiere come obbligo, se si vuole che il Signore sostenga e benedica tali imprese. San Paolo richiama tutte le comunità cristiane a farsi carico della Chiesa di Gerusalemme che era in condizioni molto precarie e difficili – ci viene detto nella seconda Lettera ai Corinzi. L’apostolo diceva: non si tratta di impoverire voi stessi ma di fare uguaglianza sapendo che più si dona per sostenere chi ha bisogno e più il Signore raddoppierà quanto possiamo dare non solo per chi ne ha bisogno ma anche per noi. Dio ama chi dona con gioia (II lettera ai Corinzi 9, 6-10).
Io conosco tante imprese che agiscono in questo modo offrendo al terzo mondo risorse necessarie per i poveri. Da tempo si sa che «investire sui poveri» diventa un modo di rafforzare le proprie imprese, anche se non direttamente in termini di profitto monetario immediato Oggi i lavoratori della ex Embraco rischiano tutto, e ci interpellano perché operiamo concretamente. Chiedono quella risposta che il Governo non vuole dare, e di cui si assumerà comunque la responsabilità. Gli imprenditori e dirigenti interessati all’appello dell’arcivescovo possono mettersi in contatto con la Pastorale del Lavoro della diocesi: [email protected].
Posted on: 2022/01/20, by : admin