Affaire Copasir: nella tela del prefetto Gabrielli

di Vice|

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Copasir1 ed elenco dei filoputiniani nostrani, “scoop” del Corriere della Sera, dossieraggi su informazione e controinformazione al servizio non di sua Maestà Britannica , ma del meno nobile Vladimir Putin, odore di maccartismo e liste di proscrizione che sale nelle stanze della società italiana, polemiche sulla liceità dei comportamenti del governo Draghi e scontri tra giornali e giornalisti aleggiando ritorni al passato (oscuro), agli anni Sessanta in cui in Italia un generale del Sifar schedava politici, sindacalisti, industriali, imprenditori, e chiunque fosse in odore di possibile ricatto o condizionamento. Manca soltanto il fascino misterioso di una Mata Hari o della contessa di Castiglione in versione XXI secolo e il quadro avrebbe anche le sue pennellate piccanti, osé.

Invece, la storia, vista sempre più da vicino, comincia a perdere il suo fascino internazionale per rientrare in quelli più abituali del provincialismo all’italiana, basso cabotaggio, tra focolai di egocentrismi e narcisismi nutriti nei talk show da primedonne della cultura e del giornalismo. Insomma, non si tratta certo di una riedizione dell’affare Mitrokhin. Questo, almeno in apparenza. Perché alcuni passaggi potrebbero essere letti con le lenti del sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti, Franco Gabrielli, uomo tutto di un pezzo, la cui integrità professionale e morale è apprezzato e riconosciuta. Proviamo a spiegarci.

Domenica 5 giugno, il Corriere della Sera pubblica a tutta pagina, con dovizia di particolari e un ricco corredo di foto, un articolo dal titolo “Influencer e opinionisti: ecco i putiniani d’Italia”. In breve, il pezzo, firmato da due tra le più note e brave croniste del giornale di piazza Solferino che non hanno bisogno di presentazioni, Fiorenza Sarzanini e Monica Guerzoni, sostiene che il Copasir ha avviato tramite i servizi segreti un’indagine su una presunta rete di propaganda del Cremlino in Italia che annovera un assortito ventaglio di personaggi del milieu politico, industriale, giornalisti. Insomma, il solito circo (non quello sublime raccontato dalla insuperabile penna di Le Carrè ne “La Talpa”, per intenderci) che si ritrova puntualmente aggrovigliato nelle storie in cui i cattivi sono sempre, e non potrebbe essere altrimenti, soprattutto con una guerra di aggressione all’Ucraina, i bellicosi russi.

Dal 5 giugno comincia così il polverone in una sarabanda di accuse e contraccuse, veleni, smentite e commenti al vetriolo che non spiegano nulla, mentre il Paese in maniera sonnacchiosa si avvicina ai referendum. Il primo a strillare contro il Corriere della Sera è il presidente del Copasir Adolfo Urso che puntualizza di non aver mai ordinato indagini su presunti influencer pro Putin. Anzi, precisa che il Copasir ha avviato un’indagine pubblica sulla disinformazione russa che non prevede ovviamente il monitoraggio di opinioni e comportamenti di singoli individui. La tesi è rafforzata a stretto giro di posta dal prefetto Gabrielli che nega la presenza della longa manus dell’intelligence italiana su “liste di politici, giornalisti, opinionisti o commentatori”. Anzi. Come Urso, anche Gabrielli precisa che è attivo un gruppo di lavoro interministeriale preposto ad analizzare la disinformazione russa, ma sulla base di fonti pubbliche. Insomma, anche in questo caso alla luce del sole, più o meno.

Poi, di recente, il colpo di scena: il prefetto Gabrielli decide di desecretare (incredibile per Paese in cui gli omissis sono un tabù) il misterioso documento di cui tutti parlano, senza averlo mai visto. E qui, crolla l’architrave del mistero: le informazioni raccolte, infatti, sono pubbliche, non investono l’attività dei servizi segreti e rappresentano uno strumento di lavoro, classificato come “riservato”, per il “tavolo interministeriale” cui partecipano dal 2019 oltre all’intelligence, alcuni componenti del governo e l’Agcom.
Infine, la parte finale, forse la più interessante che può spiegare la dinamica degli avvenimenti: Gabrielli annuncia che procederà con durezza contro chi ne ha diffuso l’esistenza. A questo punto, la domanda sorge spontanea: cui prodest?, a chi giova questo finale di partita? La nostra ipotesi non ci porta molto distanti e ha un solo nome e cognome: Franco Gabrielli. In fondo, potrebbe essere lui il regista di un’operazione orchestrata, magari con più “polpette avvelenate”, per stanare qualche “gola profonda” di troppo all’interno dei servizi. Il che necessariamente non significa un individuo, ma un’area, un gruppo, più persone. Del resto, Gabrielli non è nuovo a soluzioni di pulizia all’interno dei servizi nell’interesse dello Stato e della democrazia.

Non esitò a farlo quando fu nominato nel 2007 capo del Sisde, l’allora intelligence civile. E fu intransigente, si disse all’interno dell’ambiente, con chi non rispondeva a criteri di efficienza e lealtà. Al contrario, efficienza e lealtà personali non gli furono perdonate se dopo un anno fu rimosso e posto a disposizione per essere poi “recuperato” come prefetto a L’Aquila per avviare la ricostruzione post terremoto. Una nomina, secondo i maligni, fatto con la segreta speranza che fallisse in una missione da molti ritenuta impossibile. Invece, Gabrielli se la cavò egregiamente. Così bene da sostituire nel 2010 al vertice della Protezione civile il chiacchierato Guido Bertolaso e dare corso a una nuova linea nella gestione del personale.

Ora, in una fase complessa come questa, è davvero solo dietrologia ipotizzare una “revisione” sottotraccia dei servizi segreti?

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1Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica è un organo del Parlamento della Repubblica Italiana che esercita il controllo parlamentare sull’operato dei servizi segreti italiani.




Posted on: 2022/06/13, by :