Alberto Sordi e il prof. Tersilli
primo economista sanitario
di Emanuele Davide Ruffino
e Germana Zollesi |
Qualunquista, banale, populista, ma è fuori dubbio che i film dell’Albertone nazionale, a cento anni dalla sua nascita, hanno messo in luce pregi e difetti del popolo italico. Vi è da dire che, mentre c’era, pensò bene di interpretare anche il mondo sanitario, ovviamente con la sua insopportabile ironia.
Se non ci fosse niente di vero, non si sarebbero sollevate tante critiche, fino al punto di chiedere più volte la censura di quelle pellicole (proibire la visione dei film sta diventando un abitudine un po’ troppo frequente). Ed allora interroghiamoci su cosa mettevano in luce quelle pantomime che, anche senza l’audio, esprimevano perfettamente la situazione: si pensi alla marcia di Esculapio, con cui si concludeva il film di Tersilli. Nessuno di noi ha mai visto una scena del genere negli ospedali italiani, ma tutti hanno sogghignato vedendoci un qualcosa di vero (ed eravamo ancora sul finire degli anni 60, 1969 per l’esattezza).
Quei film hanno tradotto, per il mondo sanitario, le abitudini tipiche di certi comportamenti. L’arte di inciuciare emerge con forza nelle trattative condotte per stabilire i compensi da versare alla Clinica Celeste e nella capacità italiana di amplificare le situazioni e, nella fattispecie, le “complicazioni” con cui gonfiare il valore dei ricoveri. Il fenomeno è indirettamente confermato da uno studio condotto in California, società multirazziale per eccellenza, volto a determinare eventuali correlazioni tra il grado di sopportazione del dolore e la cultura e/o la razza di una persona. La ricerca si basava nel mettere a confronto soggetti affetti dalle stesse patologie appartenenti a coorti simili, in funzione di alcune variabili proxy (il numero di volte che chiamavano l’infermiere, il numero e l’insistenza delle lamentele, il numero di parenti che facevano visita, quante volte i parenti chiedevano notizie). Ebbene, gli italiani vinsero la classifica.
Il prof. Guido Tersilli, alias Alberto Sordi, anticipò di decenni i risultati di questi studi rivendicando maggiori richieste di compensi per le difficoltà nel curare i soggetti, anche loro italianissimi, che accedevano alla sua clinica. Gli allievi del prof. Tersilli raffinarono questo filone di studi, tant’è che nel 2001 godette del suo quarto d’ora di celebrità il nostro aforisma “curate i sani: curare i malati costa troppo”. Scherzavamo! Non era un suggerimento per alcune cliniche del Milanese che sembra “non effettuassero” alcun intervento, tranne praticare un piccolo taglietto sulla cute, per poi farsi rimborsare interventi delicatissimi.
E come non ricordare le anamnesi accuratissime con cui si concludeva il “medico della mutua” ed i criteri di selezione dei rimedi. Montanelli considerava alcuni atteggiamenti della classe medica alla stregua di bischerate. Finché il tutto rimane nella commedia e nei dibattiti intellettuali, il problema non si pone. Se invece il generico utente percepisce una certa superficialità nella modalità di erogare le cure (ed i virologi in questi mesi non hanno certo migliorato la situazione) allora la situazione si complica, perché l’aurea, forse un po’ sciamanica, che contraddistingue le professioni sanitarie è una componente non secondaria dei processi sanitari. Una volta si diceva “l’ha detto il Dottore”, calcando il timbro della voce sull’ultima parola che di prepotenza diventava così maiuscola, se non Vangelo. Del resto la frase esprimeva tutta la fiducia nei confronti del medico curante: conditio sine qua non di un corretto rapporto quale presupposto per un percorso terapeutico efficace.
Oggi quello che afferma il dottore è immediatamente visto come possibile fonte di “prove”, per poi richiedere danni. Nell’esaminare chi viene maggiormente “denunciato” (in tutto il mondo Occidentale si ottengono risultati analoghi), in fondo alla classifica troviamo i geriatri (o perché tutti infallibili, o per una maggiore accettazione dell’inevitabilità del ciclo della vita): al top ci sono gli anestesisti, i chirurghi (quelli estetici battono tutti) i cardiologi. Tutto sommato, il tono un po’ bonario, ma genuino dei professori alla Tersilli piaceva agli italiani, più di quanto è avvenuto in seguito. Ed allora non è del tutto sbagliato ricordare in quest’anniversario del suo miglior interprete, quante cose aveva anticipato quel personaggio e quanto gli studi ufficiali lo abbiano sottovalutato.
Posted on: 2020/06/15, by : admin
Se non ci fosse niente di vero, non si sarebbero sollevate tante critiche, fino al punto di chiedere più volte la censura di quelle pellicole (proibire la visione dei film sta diventando un abitudine un po’ troppo frequente). Ed allora interroghiamoci su cosa mettevano in luce quelle pantomime che, anche senza l’audio, esprimevano perfettamente la situazione: si pensi alla marcia di Esculapio, con cui si concludeva il film di Tersilli. Nessuno di noi ha mai visto una scena del genere negli ospedali italiani, ma tutti hanno sogghignato vedendoci un qualcosa di vero (ed eravamo ancora sul finire degli anni 60, 1969 per l’esattezza).
Quei film hanno tradotto, per il mondo sanitario, le abitudini tipiche di certi comportamenti. L’arte di inciuciare emerge con forza nelle trattative condotte per stabilire i compensi da versare alla Clinica Celeste e nella capacità italiana di amplificare le situazioni e, nella fattispecie, le “complicazioni” con cui gonfiare il valore dei ricoveri. Il fenomeno è indirettamente confermato da uno studio condotto in California, società multirazziale per eccellenza, volto a determinare eventuali correlazioni tra il grado di sopportazione del dolore e la cultura e/o la razza di una persona. La ricerca si basava nel mettere a confronto soggetti affetti dalle stesse patologie appartenenti a coorti simili, in funzione di alcune variabili proxy (il numero di volte che chiamavano l’infermiere, il numero e l’insistenza delle lamentele, il numero di parenti che facevano visita, quante volte i parenti chiedevano notizie). Ebbene, gli italiani vinsero la classifica.
Il prof. Guido Tersilli, alias Alberto Sordi, anticipò di decenni i risultati di questi studi rivendicando maggiori richieste di compensi per le difficoltà nel curare i soggetti, anche loro italianissimi, che accedevano alla sua clinica. Gli allievi del prof. Tersilli raffinarono questo filone di studi, tant’è che nel 2001 godette del suo quarto d’ora di celebrità il nostro aforisma “curate i sani: curare i malati costa troppo”. Scherzavamo! Non era un suggerimento per alcune cliniche del Milanese che sembra “non effettuassero” alcun intervento, tranne praticare un piccolo taglietto sulla cute, per poi farsi rimborsare interventi delicatissimi.
E come non ricordare le anamnesi accuratissime con cui si concludeva il “medico della mutua” ed i criteri di selezione dei rimedi. Montanelli considerava alcuni atteggiamenti della classe medica alla stregua di bischerate. Finché il tutto rimane nella commedia e nei dibattiti intellettuali, il problema non si pone. Se invece il generico utente percepisce una certa superficialità nella modalità di erogare le cure (ed i virologi in questi mesi non hanno certo migliorato la situazione) allora la situazione si complica, perché l’aurea, forse un po’ sciamanica, che contraddistingue le professioni sanitarie è una componente non secondaria dei processi sanitari. Una volta si diceva “l’ha detto il Dottore”, calcando il timbro della voce sull’ultima parola che di prepotenza diventava così maiuscola, se non Vangelo. Del resto la frase esprimeva tutta la fiducia nei confronti del medico curante: conditio sine qua non di un corretto rapporto quale presupposto per un percorso terapeutico efficace.
Oggi quello che afferma il dottore è immediatamente visto come possibile fonte di “prove”, per poi richiedere danni. Nell’esaminare chi viene maggiormente “denunciato” (in tutto il mondo Occidentale si ottengono risultati analoghi), in fondo alla classifica troviamo i geriatri (o perché tutti infallibili, o per una maggiore accettazione dell’inevitabilità del ciclo della vita): al top ci sono gli anestesisti, i chirurghi (quelli estetici battono tutti) i cardiologi. Tutto sommato, il tono un po’ bonario, ma genuino dei professori alla Tersilli piaceva agli italiani, più di quanto è avvenuto in seguito. Ed allora non è del tutto sbagliato ricordare in quest’anniversario del suo miglior interprete, quante cose aveva anticipato quel personaggio e quanto gli studi ufficiali lo abbiano sottovalutato.
Posted on: 2020/06/15, by : admin