Alle radici della riforma fiscale: la lezione del professor Cosciani
di Anna Paschero|
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Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha richiamato più volte, nel corso degli ultimi mesi, l’esperienza del professor Cesare Cosciani1 e il suo ruolo di vice Presidente della “Commissione per lo studio della riforma tributaria” le cui conclusioni divennero propedeutiche all’avvio, nel 1971, dell’ultima riforma complessiva del fisco in Italia. Gli atti della Commissione, pubblicati nel 1964, rappresentano un contributo significativo alla costruzione del nuovo sistema fiscale, offrendo un primo quadro organico dei problemi e delle lacune presenti in quegli anni. Nello stesso anno venne istituito il Comitato di studio per l’attuazione della riforma tributaria, presieduto dal prof. Cesare Cosciani, con lo scopo di predisporre un programma concreto per attuare la riforma nell’arco di un quinquennio, in quanto la sua vastità richiedeva una suddivisione per tappe successive per dare tempo all’Amministrazione “di adeguare le strutture, facilitare la comprensione delle norme, agevolare l’inserimento del nuovo sistema nell’equilibrio del mercato” (Cosciani 1965). Venne anche predisposto una proposta di disegno di legge articolato (243 articoli) quale strumento operativo di lavoro per il Comitato.
Dopo che le linee fondamentali della riforma vennero accolte, iniziarono a manifestarsi dissensi di carattere politico che indussero il prof. Cosciani a dimettersi dal Comitato nel timore di vedere fallire la riforma. Il disegno di legge venne completato dal nuovo presidente, l’on. Bruno Visentini, che però diede solo parziale attuazione alla riforma precedentemente delineata con la legge delega 9 ottobre 1971 n. 825, cui seguirono i decreti delegati del 1972/1974. Il progetto di riforma tributaria del prof. Cosciani e il contesto politico sociale in cui venne elaborato presentano, per le sue principali caratteristiche, alcune evidenti analogie con l’attuale condizione socio economica e stato del sistema tributario italiano.
Innanzitutto l’aver considerato la centralità dell’imposta personale progressiva sul reddito e dell’IVA come i pilastri su cui deve poggiare l’intero sistema tributario; in secondo luogo, la crisi prima economica, poi sanitaria causata dalla pandemia, che come nel periodo post bellico durante il quale la riforma ha preso le prime mosse, necessitano di misure di natura tributaria per ridurre le disuguaglianze e consentire di fronteggiare eccezionali esigenze finanziarie. L’attuazione dei principi di capacità contributiva e di progressività nella distribuzione del carico tributario, introdotti dalla Costituzione (art. 53) esigeva che il sistema di imposizione diretta fosse ispirato a criteri di personalità e progressività: ovvero, l’esigenza di passare da un sistema di imposte reali e proporzionali ad un’unica imposta personale e progressiva sul reddito complessivo.
“Per essere perequata un’imposta progressiva deve gravare sul reddito netto, da qualsiasi fonte esso provenga, e i singoli elementi che lo compongono devono essere determinati in modo omogeneo per tutte le categorie” (Cosciani 1984). Sui requisiti di generalità dell’imposta e omogeneità dei redditi tassabili il padre della riforma rimase fermo, opponendosi alle varie forme di regimi sostitutivi e cedolari secche, auspicando nello stesso tempo una drastica riduzione delle forme di esenzioni e agevolazioni già presenti al momento dell’introduzione della riforma e poi via via estese, fino a quelle massicciamente presenti ai giorni nostri.
Il sistema fiscale era all’epoca della riforma caratterizzato da una legislazione ridondante e incerta, di difficile applicazione, da trattamenti tributari ingiustificati tra redditi uguali, ma di diversa natura, da una diffusa ed elevata evasione. Problemi presenti a tutt’oggi. La riforma tributaria proposta dal prof. Cosciani indicava in primo luogo la necessità di semplificare l’intero sistema, di renderlo progressivo e adeguabile alle esigenze della programmazione, per diventare “strumento fiscale come mezzo per assicurare la stabilità del reddito nazionale, eliminando le fluttuazioni congiunturali”. Premessa indispensabile, dopo un esame approfondito dei problemi gestionali di un moderno sistema tributario, era la necessità di eliminare o ridurre le distorsioni del vecchio sistema e i suoi limiti organizzativi per assicurare il successo del nuovo. Ma tali aspetti non vennero mai affrontati adeguatamente nel corso del tempo.
Una delle ragioni a motivo del dissenso del prof. Cosciani fu lo squilibrio che si andava delineando tra un disegno astrattamente innovativo e ambizioso e i sistemi amministrativi di riscossione e controllo, che apparivano in modo evidente non adeguati al nuovo sistema. “Ogni riforma tributaria che non trova una sufficiente struttura amministrativa degli uffici o non sia preceduta da una adeguata riorganizzazione degli stessi non può portare al successo sperato. E ogni aggravio delle sanzioni amministrative e penali a carico degli evasori per correre ai ripari si dimostra del tutto inutile fino a quando i meccanismi amministrativi non sono in grado di funzionare”. (Cosciani 1978) Dopo il primo anno dall’avvio della riforma il prof. Cosciani evidenziava come “l’imposta sul reddito delle persone fisiche assomiglia più che mai ad un vecchio mosaico in cui taluni dei tasselli più importanti sono caduti, altri sono rovinati, così che il disegno originario ne riesce deformato e imbruttivo”.
Gli interventi di modifica al nuovo sistema avvennero, infatti, fin da subito, e vennero perpetrati nel corso degli anni successivi con evidenti violazioni al principio della progressività attraverso l’esclusione dal reddito complessivo degli interessi bancari e altri frutti delle obbligazioni pubbliche e private, dai redditi di terreni e fabbricati accertati catastalmente (ndr. inadeguatezza del catasto e necessità di un puntuale suo aggiornamento), dalle diffuse esenzioni ed agevolazioni che via via vennero introdotte. La legislazione in materia tributaria, nonostante i dichiarati intendimenti contrari espressi in occasione della riforma, è diventata sempre più complessa e i trattamenti tributari differenziati sono oggi sempre più numerosi e incomprensibili. I problemi affrontati dalla Commissione per lo studio della riforma tributaria del 1964 conservano pertanto, oggi, una indubbia attualità e centralità. Per queste ragioni diventa essenziale e preziosa la lezione di alta competenza, di impegno civile e di coerenza personale del prof. Cesare Cosciani, per poter affrontare i problemi difficili e complessi a cui si è fatto cenno, rimasti intatti dopo cinquant’anni di manipolazioni del sistema tributario e per trovarne le possibili soluzioni.
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Dopo che le linee fondamentali della riforma vennero accolte, iniziarono a manifestarsi dissensi di carattere politico che indussero il prof. Cosciani a dimettersi dal Comitato nel timore di vedere fallire la riforma. Il disegno di legge venne completato dal nuovo presidente, l’on. Bruno Visentini, che però diede solo parziale attuazione alla riforma precedentemente delineata con la legge delega 9 ottobre 1971 n. 825, cui seguirono i decreti delegati del 1972/1974. Il progetto di riforma tributaria del prof. Cosciani e il contesto politico sociale in cui venne elaborato presentano, per le sue principali caratteristiche, alcune evidenti analogie con l’attuale condizione socio economica e stato del sistema tributario italiano.
Innanzitutto l’aver considerato la centralità dell’imposta personale progressiva sul reddito e dell’IVA come i pilastri su cui deve poggiare l’intero sistema tributario; in secondo luogo, la crisi prima economica, poi sanitaria causata dalla pandemia, che come nel periodo post bellico durante il quale la riforma ha preso le prime mosse, necessitano di misure di natura tributaria per ridurre le disuguaglianze e consentire di fronteggiare eccezionali esigenze finanziarie. L’attuazione dei principi di capacità contributiva e di progressività nella distribuzione del carico tributario, introdotti dalla Costituzione (art. 53) esigeva che il sistema di imposizione diretta fosse ispirato a criteri di personalità e progressività: ovvero, l’esigenza di passare da un sistema di imposte reali e proporzionali ad un’unica imposta personale e progressiva sul reddito complessivo.
“Per essere perequata un’imposta progressiva deve gravare sul reddito netto, da qualsiasi fonte esso provenga, e i singoli elementi che lo compongono devono essere determinati in modo omogeneo per tutte le categorie” (Cosciani 1984). Sui requisiti di generalità dell’imposta e omogeneità dei redditi tassabili il padre della riforma rimase fermo, opponendosi alle varie forme di regimi sostitutivi e cedolari secche, auspicando nello stesso tempo una drastica riduzione delle forme di esenzioni e agevolazioni già presenti al momento dell’introduzione della riforma e poi via via estese, fino a quelle massicciamente presenti ai giorni nostri.
Il sistema fiscale era all’epoca della riforma caratterizzato da una legislazione ridondante e incerta, di difficile applicazione, da trattamenti tributari ingiustificati tra redditi uguali, ma di diversa natura, da una diffusa ed elevata evasione. Problemi presenti a tutt’oggi. La riforma tributaria proposta dal prof. Cosciani indicava in primo luogo la necessità di semplificare l’intero sistema, di renderlo progressivo e adeguabile alle esigenze della programmazione, per diventare “strumento fiscale come mezzo per assicurare la stabilità del reddito nazionale, eliminando le fluttuazioni congiunturali”. Premessa indispensabile, dopo un esame approfondito dei problemi gestionali di un moderno sistema tributario, era la necessità di eliminare o ridurre le distorsioni del vecchio sistema e i suoi limiti organizzativi per assicurare il successo del nuovo. Ma tali aspetti non vennero mai affrontati adeguatamente nel corso del tempo.
Una delle ragioni a motivo del dissenso del prof. Cosciani fu lo squilibrio che si andava delineando tra un disegno astrattamente innovativo e ambizioso e i sistemi amministrativi di riscossione e controllo, che apparivano in modo evidente non adeguati al nuovo sistema. “Ogni riforma tributaria che non trova una sufficiente struttura amministrativa degli uffici o non sia preceduta da una adeguata riorganizzazione degli stessi non può portare al successo sperato. E ogni aggravio delle sanzioni amministrative e penali a carico degli evasori per correre ai ripari si dimostra del tutto inutile fino a quando i meccanismi amministrativi non sono in grado di funzionare”. (Cosciani 1978) Dopo il primo anno dall’avvio della riforma il prof. Cosciani evidenziava come “l’imposta sul reddito delle persone fisiche assomiglia più che mai ad un vecchio mosaico in cui taluni dei tasselli più importanti sono caduti, altri sono rovinati, così che il disegno originario ne riesce deformato e imbruttivo”.
Gli interventi di modifica al nuovo sistema avvennero, infatti, fin da subito, e vennero perpetrati nel corso degli anni successivi con evidenti violazioni al principio della progressività attraverso l’esclusione dal reddito complessivo degli interessi bancari e altri frutti delle obbligazioni pubbliche e private, dai redditi di terreni e fabbricati accertati catastalmente (ndr. inadeguatezza del catasto e necessità di un puntuale suo aggiornamento), dalle diffuse esenzioni ed agevolazioni che via via vennero introdotte. La legislazione in materia tributaria, nonostante i dichiarati intendimenti contrari espressi in occasione della riforma, è diventata sempre più complessa e i trattamenti tributari differenziati sono oggi sempre più numerosi e incomprensibili. I problemi affrontati dalla Commissione per lo studio della riforma tributaria del 1964 conservano pertanto, oggi, una indubbia attualità e centralità. Per queste ragioni diventa essenziale e preziosa la lezione di alta competenza, di impegno civile e di coerenza personale del prof. Cesare Cosciani, per poter affrontare i problemi difficili e complessi a cui si è fatto cenno, rimasti intatti dopo cinquant’anni di manipolazioni del sistema tributario e per trovarne le possibili soluzioni.
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1Cesare Cosciani, economista (1908-1985) fu professore di Scienza delle finanze nelle università di Cagliari, Urbino, Siena, Firenze e Roma. Allievo di R. Fubini e di M. Fasiani, ha dedicato importanti indagini alla teoria generale della finanza pubblica. Tra le sue opere: La riforma tributaria (1950), Principi di scienza delle finanze (1953, 8a ed. 1977), Problemi tributari della Comunità economica europea (1958), L’imposizione diretta del sistema tributario italiano (1959), Istituzioni di scienza delle finanze (1953, 8a ed. 1977), L’attività finanziaria dello stato nel quadro dello sviluppo economico (1964), L’imposta sul valore aggiunto (1967).
Posted on: 2021/09/13, by : admin
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