Alla scoperta dei siti contaminati in Italia
5. Giustizia ambientale e ingiustizie per i territori

di Pietro Comba,
Daniela Marsili
e Roberto Pasetto|

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Per ‘giustizia ambientale’ (Environmental Justice) si intende ‘il trattamento equo e il coinvolgimento significativo di tutte le persone indipendentemente da razza, colore, origine nazionale o reddito rispetto allo sviluppo, attuazione e applicazione di leggi, regolamenti e politiche ambientali’ (https://www.epa.gov/environmentaljustice) in cui il termine ‘equo’ assume i seguenti significati: ‘lo stesso grado di protezione dai pericoli per l’ambiente e la salute e la parità di accesso ai processi decisionali per avere un ambiente sano in cui vivere, apprendere e lavorare’.

La giustizia ambientale si articola in due principali categorie di riferimento: la giustizia distributiva (Distributive Justice) e la giustizia procedurale (Procedural Justice). La giustizia distributiva riguarda l’equità nella distribuzione dei rischi e benefici ambientali.

L’esposizione sistematica al rischio ambientale

Praticamente, c’è ingiustizia ambientale quando alcune popolazioni, comunità locali, gruppi di popolazione, singoli individui sono esposti in modo sistematico, in relazione a precedenti o acquisite condizioni di svantaggio (ad esempio deprivazione socioeconomica) o caratteristiche intrinseche (ad esempio il genere o l’etnia), a maggiori rischi e a minori benefici di natura ambientale. La giustizia procedurale si riferisce, invece, ai meccanismi e processi attraverso i quali la giustizia distributiva è creata e mantenuta. Il tema della giustizia ambientale così intesa è di particolare importanza nell’ambito dei siti inquinati, in quanto solitamente le comunità residenti nella loro prossimità presentano fragilità socioeconomiche (Pasetto et al., 2019). Tanto è vero, che nella dichiarazione di Ostrava, precedentemente riportata1, si fa riferimento anche alla necessità di prevenire ed eliminare le diseguaglianze correlate ai siti contaminati. Il sistema di sorveglianza epidemiologica SENTIERI ha finora documentato le disuguaglianze tramite indicatori socioeconomici aggregati a livello comunale (i.e. di comunità) (Pasetto et al., 2017).

Il prezzo pagato dalle comunità all’inquinamento e alle contaminazioni

I risultati hanno mostrato che le comunità residenti in prossimità dei principali siti inquinati italiani sono prevalentemente deprivate. Si è osservato, inoltre, un marcato gradiente nord-sud, con le condizioni peggiori nel sud e nelle isole, dove la stragrande maggioranza di tali comunità risulta deprivata rispetto alle altre comunità delle rispettive regioni di appartenenza. Pur nei limiti di una valutazione quantitativa tramite indicatori statistici sintetici, che non rende conto della complessità dei fenomeni legati alla evoluzione delle comunità rispetto alla presenza nel territorio di impianti industriali di grossa rilevanza, emerge un quadro generale di ingiustizia ambientale per le comunità residenti in prossimità dei principali siti inquinati nel meridione d’Italia. Una delle ragioni indicate come alla base di questo fenomeno è la marginalizzazione delle comunità nelle decisioni relative ai processi di industrializzazione nel sud del paese (Pasetto e Iavarone, 2020). I fenomeni di marginalizzazione caratterizzano anche molte comunità al loro interno, con maggiori esposizioni ai contaminanti e al rischio per la salute per sottogruppi di popolazione più fragili a livello socioeconomico.

Le suggestioni letterarie offerte dalla penna di Leonardo Sciascia

Che i fenomeni di industrializzazione avvenuti nel nostro paese avessero insite delle condizioni favorenti l’ingiustizia ambientale, si trova traccia nella letteratura non scientifica, come ad esempio in un breve passaggio del racconto ‘Il mare color del Vino’ di Leonardo Sciascia (Sciascia 1973). “ ‘Ora avete il petrolio’ – disse l’ingegnere a consolarlo. ‘Il petrolio?…Mi creda se lo succhiano’ disse il professore ’se lo succhiano… Si ricorda di Musco nel San Giovanni di Martoglio? Teneva una lampada ad olio davanti all’immagine del Santo: veniva un vicino e si asciugava l’olio: ‘veni qualche divotu, o qualche divota, con farso inganno, e s’asciuca l’ogghiu d’ ‘a lampa….’. E così finisce col petrolio: una canna lunga da Milano a Gela, e se lo succhiano… I devoti, si capisce, quelli che per la Sicilia si preoccupano, si accorano… Meglio non parlarne”. Questa suggestione letteraria mette a luce il sospetto, o la consapevolezza, di una parte della collettività del meridione italiano, o forse, unicamente di qualche illuminato intellettuale, della differente distribuzione dei benefici di attività industriali che, successivamente, avrebbero mostrato anche una diversa distribuzione nei rischi per l’ambiente e per la salute in associazione con condizioni socioeconomiche sfavorevoli.

Meccanismi pervasivi di accettazione

Nel caso di siti con contaminazione di origine industriale, condizioni di ingiustizia ambientale emergono anche per la perdita progressiva di resilienza verso i rischi a causa dello sviluppo di meccanismi di accettazione sociale del rischio, principalmente perché l’industria inquinante sembra rappresentare l’unica opzione vitale per persone che temono la perdita del lavoro e la mancanza di migliori opportunità (Saitta 2012). Tali contesti sociali possono ostacolare l’implementazione di campagne di monitoraggio e bonifica, con il conseguente deterioramento ambientale e le successive o concomitanti conseguenze sulla salute. Una recente riflessione multidisciplinare ha evidenziato la necessità di promuovere la giustizia ambientale per le comunità residenti in prossimità dei siti inquinati, a partire dalla documentazione delle disuguaglianze e dall’identificazione delle aree del paese dove sono più accentuate, sin a giungere a definire gli interventi più appropriati per mitigarle, soprattutto tramite azioni a livello locale, basate su modelli di sviluppo sostenibile e sulla partecipazione delle comunità locali (Pasetto e Fabri 2020).



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