Ambiente: scontro tra pessimismo della ragione e ottimismo della volontà
di Sergio Cipri|
|“NIMBY”, Not In My Back Yard, “Non nel mio cortile” è l’espressione che a partire dagli anni Ottanta del Novecento ha stabilito un concetto preciso e per alcuni versi stucchevole sul rapporto tra le scelte ambientali e le esigenze collettive che si può così sintetizzare: “comprendo la necessità di un intervento che può provocare disagio, ma, per favore, non dove abito”. Gli esempi sono numerosi. Il TAP, il gasdotto che porta il gas dall’Azerbaijan e arriva in Puglia… Non se ne parla! E i danni agli ulivi? Sarà una battaglia identitaria! Ma i Cinquestelle l’hanno persa.
Il nucleare, recentemente definito verde, produce scorie radioattive pericolose. Studi idrogeologici hanno identificato i siti di stoccaggio “sicuri”- uno in Piemonte – fra i quali scegliere quello nazionale. Sono immediatamente partite proteste preventive dai e nei comuni individuati. L’immondizia che produciamo in grande quantità va smaltita. La battaglia per impedire la realizzazione del termovalorizzatore di Roma (ancora i Cinquestelle) sembra essere una delle concause che hanno lasciato l’Italia senza un governo.
Dal punto di vista degli ambientalisti questo atteggiamento diffuso, se rappresentasse la richiesta di vivere in un ambiente più sano e sicuro, potrebbe essere un segno positivo. Ma noi non vogliamo rinunciare al petrolio, al gas, a fonti di energia abbondanti: vogliamo soltanto che gli effetti secondari negativi siano gestiti lontano da noi.
I governi hanno, fra i loro compiti, quello di individuare, e se necessario imporre, scelte di validità comune anche quando vanno a discapito di interessi particolari. Nelle attuali circostanze, mentre siamo minacciati da problemi drammatici, occorrerebbero classi politiche all’altezza della situazione. Ciò che sperimentiamo in questi giorni in Italia non è un caso isolato: Gran Bretagna, Francia, la stessa Europa, si scoprono inadeguate a gestire sconvolgimenti rapidi e profondi.
Se gli interventi sul clima fossero responsabilità di un numero limitato di autorità mondiali un inguaribile ottimista potrebbe pensare che, nonostante enormi interessi economici che condizionano le scelte, esista qualche speranza. Ma il successo di interventi per limitare il riscaldamento globale passa per la modifica di abitudini e comportamenti personali di miliardi di persone, capaci, se non guidati opportunamente, di vanificare qualsiasi tentativo. Un esempio illuminante è la corsa all’acquisto, in Germania, di stufe a legna conseguente al timore di possibili limitazioni del riscaldamento invernale delle abitazioni per le ridotte forniture di gas russo. Del resto, una popolazione che invecchia, come in Europa, difficilmente ha la flessibilità mentale, prima ancora che quella fisica, per accettare limitazioni percepite come pericolose per la sopravvivenza.
Qualche speranza viene dai giovani. Nel nostro ricco mondo occidentale la logica del possesso sta gradualmente cedendo terreno a quella dell’utilizzo. Soprattutto nei giovani – forse anche per motivi economici – biciclette, monopattini, car sharing, magari elettrici, stanno sostituendo la mobilità urbana prima affidata, in grande maggioranza, alle automobili private.
Ma non facciamo l’errore di pensare che queste modifiche comportamentali stiano diventando un paradigma mondiale. Per molti popoli alle soglie del benessere economico il possesso di una automobile privata rimane il simbolo di un traguardo raggiunto. In estrema sintesi: interessi economici, piani nazionali di sviluppo, comportamenti individuali di miliardi di persone, agiscono in sinergia contro il contrasto ai cambiamenti climatici.
Lunedì prossimo, proprio a Torino, arriverà Greta Thunberg, simbolo mediatico della lotta per il clima. 500 giovani da tutto il mondo discuteranno di come salvare il Pianeta nel “Climate Social Camp” organizzato dal movimento Fridays for Future. Sanno che si tratta di una missione impossibile? Una fortunata serie di film con lo stesso titolo ci presenta un finale in cui l’impossibile è diventato possibile. Speriamo che anche per il nostro pianeta il miracolo si avveri.
Posted on: 2022/07/22, by : admin
Il nucleare, recentemente definito verde, produce scorie radioattive pericolose. Studi idrogeologici hanno identificato i siti di stoccaggio “sicuri”- uno in Piemonte – fra i quali scegliere quello nazionale. Sono immediatamente partite proteste preventive dai e nei comuni individuati. L’immondizia che produciamo in grande quantità va smaltita. La battaglia per impedire la realizzazione del termovalorizzatore di Roma (ancora i Cinquestelle) sembra essere una delle concause che hanno lasciato l’Italia senza un governo.
Dal punto di vista degli ambientalisti questo atteggiamento diffuso, se rappresentasse la richiesta di vivere in un ambiente più sano e sicuro, potrebbe essere un segno positivo. Ma noi non vogliamo rinunciare al petrolio, al gas, a fonti di energia abbondanti: vogliamo soltanto che gli effetti secondari negativi siano gestiti lontano da noi.
I governi hanno, fra i loro compiti, quello di individuare, e se necessario imporre, scelte di validità comune anche quando vanno a discapito di interessi particolari. Nelle attuali circostanze, mentre siamo minacciati da problemi drammatici, occorrerebbero classi politiche all’altezza della situazione. Ciò che sperimentiamo in questi giorni in Italia non è un caso isolato: Gran Bretagna, Francia, la stessa Europa, si scoprono inadeguate a gestire sconvolgimenti rapidi e profondi.
Se gli interventi sul clima fossero responsabilità di un numero limitato di autorità mondiali un inguaribile ottimista potrebbe pensare che, nonostante enormi interessi economici che condizionano le scelte, esista qualche speranza. Ma il successo di interventi per limitare il riscaldamento globale passa per la modifica di abitudini e comportamenti personali di miliardi di persone, capaci, se non guidati opportunamente, di vanificare qualsiasi tentativo. Un esempio illuminante è la corsa all’acquisto, in Germania, di stufe a legna conseguente al timore di possibili limitazioni del riscaldamento invernale delle abitazioni per le ridotte forniture di gas russo. Del resto, una popolazione che invecchia, come in Europa, difficilmente ha la flessibilità mentale, prima ancora che quella fisica, per accettare limitazioni percepite come pericolose per la sopravvivenza.
Qualche speranza viene dai giovani. Nel nostro ricco mondo occidentale la logica del possesso sta gradualmente cedendo terreno a quella dell’utilizzo. Soprattutto nei giovani – forse anche per motivi economici – biciclette, monopattini, car sharing, magari elettrici, stanno sostituendo la mobilità urbana prima affidata, in grande maggioranza, alle automobili private.
Ma non facciamo l’errore di pensare che queste modifiche comportamentali stiano diventando un paradigma mondiale. Per molti popoli alle soglie del benessere economico il possesso di una automobile privata rimane il simbolo di un traguardo raggiunto. In estrema sintesi: interessi economici, piani nazionali di sviluppo, comportamenti individuali di miliardi di persone, agiscono in sinergia contro il contrasto ai cambiamenti climatici.
Lunedì prossimo, proprio a Torino, arriverà Greta Thunberg, simbolo mediatico della lotta per il clima. 500 giovani da tutto il mondo discuteranno di come salvare il Pianeta nel “Climate Social Camp” organizzato dal movimento Fridays for Future. Sanno che si tratta di una missione impossibile? Una fortunata serie di film con lo stesso titolo ci presenta un finale in cui l’impossibile è diventato possibile. Speriamo che anche per il nostro pianeta il miracolo si avveri.
Posted on: 2022/07/22, by : admin