Avanti un altro… le morti bianche di un mondo nero

di Michele Ruggiero|

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Luana D’Orazio, 23 anni, caduta sul lavoro. Il suo nome segue quello di altre 184 vittime di infortuni sul lavoro dall’inizio dell’anno. Non osiamo scrivere il numero con cui si arriverebbe a fine 2021 con questa cadenza. Numeri da brivido, nonostante l’attività produttiva è ridotta per la pandemia, tra chiusure, cassa integrazione e riduzioni dell’orario di lavoro. Nel 2008 i morti sul lavoro, che eufemisticamente chiamiamo “morti bianche” forse per addolcirne il suono e offrire un rifugio alle nostre coscienze, furono 1.120 su 874.940 infortuni sul lavoro. Citiamo non a caso il 2008, perché fu – secondo il rapporto dell’Inail del 24 giugno 2009 – il primo anno dal 1951 (primo anno per il quale si dispone di statistiche attendibili e strutturate per l’Italia) in cui il numero di infortuni mortali sul lavoro scese sotto i 1200. Oggi come ieri e ieri l’altro, e a ritroso nel tempo come il 4 maggio del 1954, 67 anni fa, quando nella miniera di Ribolla (Grosseto) di proprietà della Montecatini, per gli effetti di una violenta esplosione di grisù rimasero uccisi 43 operai. O come il 13 marzo del 1987, giorno di lutto per Ravenna per i suoi 13 morti durante i lavori di riparazione di una nave gasiera. Vent’anni dopo, 5 dicembre 2007, Torino piange sette operai della ThyssenKrupp, bruciati vivi per un incendio causato dalla fuoriuscita di olio bollente. L’elenco è straziante e diventa lunghissimo per le morti individuali che si esauriscono nei titoli di giornali, radio e televisioni, con l’appello “a che non si ripeta più”. Ma sappiamo bene che non è vero. Lo sappiamo tutti. E ne conosciamo anche le ragioni: non ci sono controlli e non ci sono sanzioni; perché non esiste un sistema omogeneo di prevenzione e sicurezza; perché nessuno paga e pagherà per quei morti; perché il mondo ci “ordina” di correre sempre più veloci per ridurre il costo per unità di prodotto, anche se impianti obsoleti non lo permetterebbero; perché invece di investire gli imprenditori sono soggiogati e sedotti dalla facilità di fare soldi con acrobazie finanziarie. E il mondo è a tal punto veloce da permettersi anche il lusso di diventare cinico e spietato nell’inanellare una tragedia del lavoro sull’altra, cosicché anche il dolore e la pietà per la morte di Luana D’Orazio sono superati in corsa dall’ultima notizia: un anonimo operaio schiacciato da un tornio, nelle vicinanze di Busto Arsizio, in provincia di Varese. Ogni altro commento rimane nella tastiera del computer.




Posted on: 2021/05/05, by :