Buffalo, Uvalde e l’Ar-15: “pèntiti, cangia vita” America!
di Menandro|
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Dal sogno all’incubo americano: 311mila minori sono venuti a contatto con la violenza armata dal 1999, anno del massacro di Columbine, scrive il Washington Post; dall’inizio dell’anno sono già 212 le sparatorie trascritte nei verbali di polizia. Panta rei, tutto scorre… meno di una settimana fa, a Chicago, in una sparatoria sono morte due persone e altre otto sono state ferite per una lite davanti alle vetrine di un McDonald’s. Ma la cifra che più inquieta sta inquietando gli amministratori della metropoli dell’Illinois che vide la gesta del criminale Al Capone durante il proibizionismo, è l’incremento rispetto all’anno precedente delle sparatorie nel centro cittadino: del 225% nel 18° distretto, dove si è registrato l’ultimo conflitto a fuoco, del 100 per cento 1° distretto di cui fanno parte Downtown e Loop, ossia il cuore storico dell’area finanziaria.
L’AR-151, il fucile semiautomatico statunitense che vanta il non invidiabile attestato di arma stragista, è ormai un’icona cinematografica (tra l’altro, ieri sera, 25 maggio, su Rai1, ha fatto capolino, una sorta di cammeo, in una scena del film “Il traditore”, incentrato sulla figura di Tommaso Buscetta). Del resto, chi lo produce e vende per circa mille dollari, lo promuove come “il primo sistema d’arma adattabile alla missione” che “eclissa tutto quanto è venuto prima”.
Non si può negare che il messaggio pubblicitario sia andato nella sua forma più lugubre possibile a segno… Ieri l’altro l’Ar-15 era impugnato da Salvador Ramos, il diciottenne con qualche non ben definito problema di identità (fino alla strage) che ha sterminato 19 bambini e due insegnanti in una scuola di Uvalde, nel Texasa. E il 14 maggio scorso, un altro Ar-15 era nelle mani del suprematista bianco di diciotto anni Payton Gendron, che ha usato un supermercato di Buffalo, nello Stato di New York, come suo personalissimo tirassegno, uccidendo 10 persone e ferendone altre tre ferite. Sulla scena dell’eccidio sono stati ritrovati 70 bossoli, prove giudiziarie dell’allucinante caccia agli afroamericani, quanto dell’efficienza propagandata dell’arma.
Troviamo ancora protagonista l’Ar-15 lo scorso anno a marzo, sempre in un supermercato (i luoghi affollati al chiuso sono una potentissima calamita per gli stragisti), ma questa volta a Boulder, in Colorado, dove il 21enne, Ahmad Alissa, ha freddato dieci persone. In quella circostanza, i testimoni raccontarono agli investigatori che Ahmad Alissa non aveva pronunciato una parola: “[…] è entrato e ha sparato”.
Ma è il 12 giugno del 2016 che l’Ar-15 ha mostrato nelle mani di Omar Mateen, guardia giurata, ventinovenne americano figlio di una coppia di afghani, dedito alla causa dell’Isis, l’attendibilità delle promesse della casa produttrice. Entrato nel Pulse, un gay bar di Orlando, in Florida, il giovane ha scatenato l’inferno su una folla di almeno 300 persone, uccidendone 50 e ferendone 53. Aveva con sé soltanto una pistola e il fucile d’assalto AR-15, acquistato legalmente un giorno prima, secondo un report dell’Fbi. Dopo l’attentato, numerosi commentatori si chiesero per l’ennesima volta perché un’arma così pericolosa sia venduta liberamente ai cittadini comuni.
Lo stesso presidente degli Stati Uniti dell’epoca, Barak Obama, ribadì la necessità di regolamentare la vendita delle armi nel paese. Ma la critica più mirata contro la National rifle association (NRA) arrivò dal commissario di New York, Bill Bratton, che rinfacciò alla potente lobby delle armi americana di aver sostenuto la campagna per permettere anche alle persone presenti nelle “no fly list” del governo statunitense di comprare armi2.
E alle altre? A chi non è inserito nei registri di persone pericolose per la sicurezza dello Stato, l’America democratica consentirà ancora di acquistare armi che eclissano “tutto quanto è venuto prima”? Prima di che cosa, della stessa vita che sembra valere sempre meno appena si mette piede negli Stati Uniti d’America, faro della libertà?
Se è vero che i sogni muoiono all’alba, oggi più che mai è necessario prendere le distanze da un modello di società che gli incubi, invece, li fa vivere anche a occhi aperti. E ciò nell’interesse della stessa grande America.
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L’AR-151, il fucile semiautomatico statunitense che vanta il non invidiabile attestato di arma stragista, è ormai un’icona cinematografica (tra l’altro, ieri sera, 25 maggio, su Rai1, ha fatto capolino, una sorta di cammeo, in una scena del film “Il traditore”, incentrato sulla figura di Tommaso Buscetta). Del resto, chi lo produce e vende per circa mille dollari, lo promuove come “il primo sistema d’arma adattabile alla missione” che “eclissa tutto quanto è venuto prima”.
Non si può negare che il messaggio pubblicitario sia andato nella sua forma più lugubre possibile a segno… Ieri l’altro l’Ar-15 era impugnato da Salvador Ramos, il diciottenne con qualche non ben definito problema di identità (fino alla strage) che ha sterminato 19 bambini e due insegnanti in una scuola di Uvalde, nel Texasa. E il 14 maggio scorso, un altro Ar-15 era nelle mani del suprematista bianco di diciotto anni Payton Gendron, che ha usato un supermercato di Buffalo, nello Stato di New York, come suo personalissimo tirassegno, uccidendo 10 persone e ferendone altre tre ferite. Sulla scena dell’eccidio sono stati ritrovati 70 bossoli, prove giudiziarie dell’allucinante caccia agli afroamericani, quanto dell’efficienza propagandata dell’arma.
Troviamo ancora protagonista l’Ar-15 lo scorso anno a marzo, sempre in un supermercato (i luoghi affollati al chiuso sono una potentissima calamita per gli stragisti), ma questa volta a Boulder, in Colorado, dove il 21enne, Ahmad Alissa, ha freddato dieci persone. In quella circostanza, i testimoni raccontarono agli investigatori che Ahmad Alissa non aveva pronunciato una parola: “[…] è entrato e ha sparato”.
Ma è il 12 giugno del 2016 che l’Ar-15 ha mostrato nelle mani di Omar Mateen, guardia giurata, ventinovenne americano figlio di una coppia di afghani, dedito alla causa dell’Isis, l’attendibilità delle promesse della casa produttrice. Entrato nel Pulse, un gay bar di Orlando, in Florida, il giovane ha scatenato l’inferno su una folla di almeno 300 persone, uccidendone 50 e ferendone 53. Aveva con sé soltanto una pistola e il fucile d’assalto AR-15, acquistato legalmente un giorno prima, secondo un report dell’Fbi. Dopo l’attentato, numerosi commentatori si chiesero per l’ennesima volta perché un’arma così pericolosa sia venduta liberamente ai cittadini comuni.
Lo stesso presidente degli Stati Uniti dell’epoca, Barak Obama, ribadì la necessità di regolamentare la vendita delle armi nel paese. Ma la critica più mirata contro la National rifle association (NRA) arrivò dal commissario di New York, Bill Bratton, che rinfacciò alla potente lobby delle armi americana di aver sostenuto la campagna per permettere anche alle persone presenti nelle “no fly list” del governo statunitense di comprare armi2.
E alle altre? A chi non è inserito nei registri di persone pericolose per la sicurezza dello Stato, l’America democratica consentirà ancora di acquistare armi che eclissano “tutto quanto è venuto prima”? Prima di che cosa, della stessa vita che sembra valere sempre meno appena si mette piede negli Stati Uniti d’America, faro della libertà?
Se è vero che i sogni muoiono all’alba, oggi più che mai è necessario prendere le distanze da un modello di società che gli incubi, invece, li fa vivere anche a occhi aperti. E ciò nell’interesse della stessa grande America.
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1https://it.wikipedia.org/wiki/AR-15Un
2https://www.internazionale.it/notizie/2016/06/16/strage-orlando-fucile-ar15
Posted on: 2022/05/26, by : admin
2https://www.internazionale.it/notizie/2016/06/16/strage-orlando-fucile-ar15
Posted on: 2022/05/26, by : admin