Burocrazia: rischiamo l’eutanasia sociale

di Emanuele Davide Ruffino
e Giancarlo Buffo|

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La storia italiana è stata costellata di svariati tentativi volti a ridurre i carichi burocratici e a snellire l’azione amministrativa attraverso un superamento dei passaggi procedurali, controlli, adempimenti inutili. Nella maggiore parte dei casi, però, i tentativi hanno avuto l’effetto opposto, rilanciando la complessità del sistema, oltre che ad ampliare l’influenza dei settori che reclamano la semplificazione. Il tentativo del Governo Draghi, annunciato nel suo discorso di insediamento “colpirò la burocrazia lumaca”, sembra trovare rinnovato interesse nel PNRR (Piano Nazionale Ripresa Resilienza) nel suo auspicio di rendere la Pubblica Amministrazione più efficiente e digitalizzata.

Diversi sono stati i tentativi per avviare processi di semplificazione, forse troppi, tant’è che il Ministero ha predisposto un apposito sito https://www.funzionepubblica.gov.it/archivio-degli-interventi-di-semplificazione, al fine di fornire un quadro completo dei provvedimenti; tra l’altro, considerata la mole di provvedimenti si è suddiviso l’archivio per anno di formazione.

Precedenti storici

Diventa conseguenziale chiedersi come mai, a fronte della consapevolezza del problema, il legislatore reagisca creando nuove norme difficili da interpretare, per non dire difficili da reperire.1 A questi provvedimenti si aggiungono gli strumenti predisposti, nel corso del tempo, dal legislatore per rendere agevole la fruizione dell’azione amministrativa: conferenza di servizi, accordi fra P.A, silenzio assenso, autocertificazione, SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività). Strumenti che, nonostante le buone intenzioni, non hanno raggiunto i risultati sperati. Inevitabile, se vogliamo, perché non vi può essere semplificazione se si aggiunge sistematicamente un altro provvedimento (o interpretazione del medesimo), anziché ridurre o eliminare il superfluo, dannoso per un buon funzionamento del sistema.

Deburocratizzare o sburocratizzare?

La nostra società è chiamata a rivedere non solo i singoli provvedimenti, ma l’atteggiamento da adottare nei confronti di regole e procedure che non rispondono più alle finalità originali. Si tratta di una questione centrale che riflette il nostro modo di essere, la nostra predisposizione ad accettare norme di per sé ineccepibili sotto il profilo giuridico e rispondente a principi condivisibili, ma che nella loro applicazione non producono gli effetti sperati. L’antidoto? Il principale potrebbe, dovrebbe essere quello di sottrarsi al giogo burocratico spostando l’attenzione dalla stesura e interpretazione delle norme (questione giuridica) alla valutazione delle conseguenze che esse generano (di competenza delle scienze economiche e sociali). Il culmine dell’inutilità, poi, si raggiunge quando si ci sofferma sul significato di deburocratizzare (togliere appesantimenti riducendo il ricorso a procedure e pratiche bizantine) con sburocratizzare (rendere più snelli e funzionali alcuni passaggi, più formalistici che sostanziali).

La presenza della burocrazia è sempre stata la condizione per far crescere organizzazioni che soltanto dotandosi di strumenti codificati e resi imperativi possono svilupparsi: l’antico Egitto, l’Urbe e Bisanzio, l’Impero cinese, gli Inca e tutte la grandi civiltà disponevano di organizzazioni regolamentate e disciplinate, il cui rispetto veniva imposto con mezzi di diversa natura, per darne attuazione. La loro utilità non era sempre concreta e dimostrata, ma la loro osservanza permetteva a milioni di persone di muoversi in sincronia verso obiettivi comuni, anche nell’era moderna.

Discutibile continuità tra passato e presente

Quale apoteosi dei processo di formazione dello Stato, la burocrazia costituisce la risposta all’esigenza del potere costituito di fondare la proprio funzionalità (se non anche il proprio essere) su un ceto di funzionari alle dirette dipendenze. Il termine burocrazia, infatti, fu coniato dall’economista francese da Vincent de Gournay, intorno al 1750, proprio per sottolineare il dirompente ruolo che tendevano ad assumere i funzionari pubblici nella vita politica e sociale a fronte di una loro sempre più ridotta utilità.

A quasi tre secoli di distanza, alcune strutture per giustificare la loro esistenza tendono ancora a piegare il resto dalla società al loro volere, presupponendo che la società debba adeguarsi alle norme indipendentemente dalla loro funzionalità. Si rischia così l’eutanasia sociale, che si realizza quando una società si rende conto di aver adottato dettami irrazionali, ma non ha la forza per disfarsene. Il susseguirsi di tentativi di sburocratizzazione non andati a buon fine sono la prova, nonostante la consapevolezza che certi archetipi non rispondono più alle esigenze, di una società in frenetica trasformazione che rende rapidamente obsolete qualsivoglia soluzione e si mostra sempre più insofferente ai vincoli posti dalle sue stesse regole.

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1Tra i più conosciuti: Il “Decreto Semplifica Italia” – 9 febbraio 2012; Archivio degli interventi di semplificazione 2012-2013; Decreto-Legge n. 69 del 21 giugno 2013, cosiddetto decreto del Fare; La “Riforma della PA” – Legge 7 agosto 2015, n.124; Archivio degli interventi di semplificazione 2014.




Posted on: 2022/05/11, by :