Chi pagherà il prezzo per Stellantis?
di Adriano Serafino|
| Stellantis-Iveco, Stellantis-Comau: altre cessioni torinesi. Ineludibili? La notizia della quasi certa cessione di Iveco ai cinesi di Faw è rimbalzata mentre si stappava lo champagne per brindare all’atto formale di nascita della nuova Stella… ntis. A chi sorriderà? La notizia sull’Iveco rimarca la direzione di marcia del nuovo colosso dell’auto (Fca-Psa) a trazione francese, ribadisce la strategia seguita dalla Famiglia in questo avvio di secolo, ovvero priorità “al primato degli azionisti” da compensare con il valore crescente delle azioni, con ricche cedole conseguenti alla cessione di “gioielli” tecnologici come già avvenuto per la Magneti Marelli, prossimamente per Iveco e Comau.
Quanto sta avvenendo è ineluttabile? Certamente sì, per la strategia finanziaria avviata da Marchionne-Elkann. Eppure è assodato che possedere il know-how per costruire batterie, piattaforme e robot, è cosa fondamentale per competere nel settore dell’automotive, sia per la trazione ibrida, sia elettrica. Alle sfide dei tempi non ci si può certo sottrarre, ma perché seguire o subire la “dottrina Agnelli” che da un verso “fa cassa” per gli azionisti, da un altro s’impossessa della catena dei media con Gedi per influenzare opinione pubblica e mercati della finanza.
Così con tanti media coordinati è anche possibile trasferire nell’immaginario collettivo un centro, a Mirafiori, per il montaggio delle batterie trasformandolo – a parole – in un Hub tecnologico d’avanguardia per la costruzione di batterie, sottacendo che il cuore tecnologico delle stesse (le celle), di grande valore, sarà costruito altrove. Oppure raccontando che Torino vanta fin dalla nascita della Fiat, un dna tecnologico votato all’auto elettrica, avendo qui costruito all’inizio del Novecento la prima auto con motore elettrico.
L’inspiegabile subalternità sindacale e le reazioni di Garuzzo e Ruggeri
Quanto sta avvenendo è ineluttabile? Certamente sì, per la strategia finanziaria avviata da Marchionne-Elkann. Eppure è assodato che possedere il know-how per costruire batterie, piattaforme e robot, è cosa fondamentale per competere nel settore dell’automotive, sia per la trazione ibrida, sia elettrica. Alle sfide dei tempi non ci si può certo sottrarre, ma perché seguire o subire la “dottrina Agnelli” che da un verso “fa cassa” per gli azionisti, da un altro s’impossessa della catena dei media con Gedi per influenzare opinione pubblica e mercati della finanza.
Così con tanti media coordinati è anche possibile trasferire nell’immaginario collettivo un centro, a Mirafiori, per il montaggio delle batterie trasformandolo – a parole – in un Hub tecnologico d’avanguardia per la costruzione di batterie, sottacendo che il cuore tecnologico delle stesse (le celle), di grande valore, sarà costruito altrove. Oppure raccontando che Torino vanta fin dalla nascita della Fiat, un dna tecnologico votato all’auto elettrica, avendo qui costruito all’inizio del Novecento la prima auto con motore elettrico.
L’inspiegabile subalternità sindacale e le reazioni di Garuzzo e Ruggeri
Il sindacato? La gran parte di esso accetta la logica dell’ineluttabile, che si tratta di avvenimenti inesorabili a cui non ci si può sottrarre; come descrive, ad esempio, anche Claudio Chiarle (che ha guidato a Torino la svolta della Fim dando grande fiducia alla strategia e alle assicurazioni di Marchionne-Elkann) nell’articolo di commento-consenso alla possibile cessione di Iveco1. Sono ancora pochi i sindacalisti, i politici e i commentatori che scelgono di approfondire – “controcorrente” – quei nodi tutt’ora insoluti che fanno prevedere che la Stella (ntis) riverbererà poca luce per l’automotive italiana, piemontese e torinese. Pessimismo della ragione? Forse, anche per quanto si può ben comprendere dalle interviste rilasciate al Corriere della Sera, rispettivamente l’ 11 e 16 febbraio, da grandi ex-dirigenti Fiat come Giorgio Garuzzo (82 anni, il ceo di Iveco che guidò la trasformazione nella multinazionale Cnh), e Roberto Ruggeri (86 anni, ex-Ceo Fiat Holland), o in articoli di esperti pubblicati nelle settimane scorse su Il Sole 24 Ore.
Nell’intervista rilasciata da Giorgio Garuzzo a proposito della cessione di Iveco ai cinesi si legge: “Una brutta sensazione. Iveco è l’ultima roccaforte industriale del territorio. Capisco le ragioni di mercato che portano alla ricerca di partnership, come quella di Fca con Psa, ma la vendita di un campione nazionale a una società estera è un dramma per il Sistema Paese e il Piemonte. Negli anni Ottanta, quando ho preso la guida di Iveco, l’azienda perdeva un miliardo al giorno. Sette anni dopo, con una politica di aggregazioni e di crescita interna, ci siamo trovati a gestire un gruppo leader in Europa, che guadagnava 90 miliardi l’anno. Fare impresa è questione di volontà…. Resteranno alcuni stabilimenti. Ma il know how e la progettazione andranno via. Non illudiamoci. Ed è già successo altre volte. Questa non farà eccezione”.
In quella rilasciata da Roberto Ruggeri si ritrovano queste frasi: “…lo Stato in Stellantis c’è, ma si chiama Macron, i sindacati non hanno alcun potere […] Nella componentistica ribollono rabbia e preoccupazione… se un giorno lo reputeranno più conveniente, i cinesi metteranno il loro motore al posto di uno Iveco e così via. Guardiamo anche a Stellantis: è evidente che le parti leggere non si fanno più a Torino, il fornitore locale è stato abbattuto”. Sulla futura cessione di Comau, Ruggeri dice che è scontata: “[…] Quando un giorno si dovrà fare delle scelte sugli stabilimenti, l’azionista francese privilegerà i suoi. Lo fanno tutti. […] Per molti anni ho lottato mentre gli altri mi motteggiavano e appoggiavano Marchionne. Io lo criticavo perché trascurava gli stakeholder (ndr. i soggetti, individui od organizzazioni, attivamente coinvolti in un’iniziativa economica), ma poiché lui era lì per fare gli interessi degli shareholder (ndr. gli azionisti) aveva ragione lui”.
Logiche perverse da combattere per non scomparire
Nell’intervista rilasciata da Giorgio Garuzzo a proposito della cessione di Iveco ai cinesi si legge: “Una brutta sensazione. Iveco è l’ultima roccaforte industriale del territorio. Capisco le ragioni di mercato che portano alla ricerca di partnership, come quella di Fca con Psa, ma la vendita di un campione nazionale a una società estera è un dramma per il Sistema Paese e il Piemonte. Negli anni Ottanta, quando ho preso la guida di Iveco, l’azienda perdeva un miliardo al giorno. Sette anni dopo, con una politica di aggregazioni e di crescita interna, ci siamo trovati a gestire un gruppo leader in Europa, che guadagnava 90 miliardi l’anno. Fare impresa è questione di volontà…. Resteranno alcuni stabilimenti. Ma il know how e la progettazione andranno via. Non illudiamoci. Ed è già successo altre volte. Questa non farà eccezione”.
In quella rilasciata da Roberto Ruggeri si ritrovano queste frasi: “…lo Stato in Stellantis c’è, ma si chiama Macron, i sindacati non hanno alcun potere […] Nella componentistica ribollono rabbia e preoccupazione… se un giorno lo reputeranno più conveniente, i cinesi metteranno il loro motore al posto di uno Iveco e così via. Guardiamo anche a Stellantis: è evidente che le parti leggere non si fanno più a Torino, il fornitore locale è stato abbattuto”. Sulla futura cessione di Comau, Ruggeri dice che è scontata: “[…] Quando un giorno si dovrà fare delle scelte sugli stabilimenti, l’azionista francese privilegerà i suoi. Lo fanno tutti. […] Per molti anni ho lottato mentre gli altri mi motteggiavano e appoggiavano Marchionne. Io lo criticavo perché trascurava gli stakeholder (ndr. i soggetti, individui od organizzazioni, attivamente coinvolti in un’iniziativa economica), ma poiché lui era lì per fare gli interessi degli shareholder (ndr. gli azionisti) aveva ragione lui”.
Logiche perverse da combattere per non scomparire
Tutto ineludibile quanto sta avvenendo con la neonata stella? Sì, se non si ha nulla da contrapporre alla strategia finanziaria di Exor, nulla da ridere sul fatto che da molti anni non si chiede agli azionisti di praticare il principio cardine dell’economia privata liberale, quello del rischio d’impresa e di ricapitalizzare quando servono consistenti finanziamenti in Italia. Eppure, il sindacato italiano potrebbe riprendersi un ruolo ricordando proprio Marchionne, quello nell’inedito ruolo di divulgatore di idee ai giovani. Avvenne nel 2016, davanti alla platea di universitari della Luiss. E lo fece disquisendo sull’era della globalizzazione e sui mercati, dopo aver affermato che “… non possiedono né morale, né etica”, proseguì: “Esiste un limite oltre il quale il profitto diventa cupidigia… Tutti noi dobbiamo capire che non potranno mai esserci mercati e crescita razionali e benessere economico se una vasta parte della nostra società non avrà niente da contrattare con l’altra se non la sua stessa vita…”2. Ma aggiunse, quasi a sanare le sue contraddizioni, che non era certo nelle sue possibilità, come manager, modificare quelle regole. La domanda, allora, proprio guardando splendere oggi Stellantis in Borsa, sorge spontanea: come se ne esce nell’interesse di tutti e non soltanto dei potenti?
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1 Iveco con gli occhi a mandorla, noi strabici in https://www.lospiffero.com/ls_article.php?id=56631
2Il testo completo è pubblicato sul sito https://sindacalmente.org/content/la-stella-ntis-brilla-per-chi/”
Posted on: 2021/01/18, by : admin
2Il testo completo è pubblicato sul sito https://sindacalmente.org/content/la-stella-ntis-brilla-per-chi/”
Posted on: 2021/01/18, by : admin