Covid_19. Assistenza globale dal territorio alla terapia intensiva

di Mario Nejrotti * |

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La pandemia da Sars COV2 sta obbligando decisori, operatori e cittadini a riflessioni che vanno dall’indispensabilità del sevizio sanitario nazionale (SSN), alla importanza di una ricerca scientifica sviluppata e ben finanziata. Inoltre la crisi attuale ha messo in evidenza nella popolazione la carenza di cultura igienico-sanitaria soprattutto per la prevenzione delle malattie infettive.

In questi giorni di scelte difficili, il sistema sanitario nazionale, impoverito da decenni di tagli e di depotenziamento, mostra una debolezza strutturale, mitigata solo dalla grande dedizione dei suoi operatori.
Ciò che colpisce è la debolezza dei due estremi della filiera assistenziale dei sempre più numerosi malati di COVID_19. Da un lato reparti di terapia intensiva allo stremo e all’affannosa ricerca di nuovi posti letto e dall’altro una medicina primaria praticamente priva di strumenti per gestire l’attuale emergenza e continuare nel contempo la sua ordinaria attività.

Appare evidente e meritorio da parte della politica e della protezione civile il tentativo di sopperire alle carenze dell’emergenza urgenza, ma non è per ora altrettanto evidente la strategia per dotare l’assistenza primaria (medici generali, pediatri di libera scelta, operatori degli ambulatori, dell’urgenza territoriale e della continuità assistenziale) degli strumenti sufficienti e delle procedure operative per rispondere ai bisogni della popolazione in questa situazione.
Da sempre la medicina di territorio è il primo contatto del cittadino con l’SSN. Pur essendosi modificata nel corso dei decenni, essa mantiene questo ruolo centrale che, se ben organizzato, permetterebbe una maggiore funzione di filtro nei confronti di una esausta assistenza di secondo livello. I medici territoriali, per la loro lunga conoscenza dei pazienti, in una situazione come la presente, possono essere fondamentali per eseguire un triage consapevole dei malati e, messi nelle dovute condizioni di sicurezza, prestare anche l’assistenza ai cittadini per ogni altra necessità.

Non dobbiamo scordare che, al di fuori dell’epidemia, che ha giustamente monopolizzato l’attenzione dei decisori, dei media e dei cittadini, si devono continuare a gestire tutti quegli interventi sanitari intesi a salvaguardare in generale la salute dei cittadini. È impensabile, senza pagarne un prezzo altissimo, trascurare per molte settimane malati cronici e pluripatologici, se pur, come è auspicabile, non esposti al virus.
Si deve essere consapevoli che ogni volta che un medico di medicina primaria è costretto in quarantena, un migliaio di cittadini adulti o pediatrici perdono ogni assistenza territoriale, riversandosi di conseguenza per i loro bisogni di salute, sia legati alla epidemia sia ordinari, sugli ospedali già allo stremo.

Inoltre, oggi abbiamo un’altra necessità primaria: responsabilizzare i cittadini nella politica di contenimento dell’epidemia.
Sicuramente la voce degli operatori di territorio, conosciuti e stimati dalla popolazione dei propri assistiti e messi nelle condizioni di espletare anche questa funzione nel colloquio interpersonale, otterrebbe risultati di comportamento che andrebbero a potenziare quelli delle campagne di massa e dei testimonial.
In questi giorni circa il 50% dei pazienti contagiati si trova in isolamento domiciliare e il 50% è ricoverato in ospedale. La medicina primaria, se adeguatamente coinvolta nelle scelte e protetta, potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella gestione domiciliare dell’epidemia e nel filtro necessario per evitare afflussi incongrui agli ospedali. Continuerebbe inoltre a garantire la gestione di tutte le altre necessità che costituiscono la maggior parte del carico assistenziale. La sua diffusione capillare è fondamentale per la tenuta del sistema, ma in questo momento di crisi deve essere inserita nel disegno organizzativo globale e le deve essere garantita adeguata preparazione e protezione, perché medici e operatori non divengano essi stessi, nell’espletamento dei loro compiti, veicoli di infezione.


* Laureato in Medicina e Chirurgia, medico di famiglia per oltre trent’anni a Torino, docente e formatore di medicina generale, è autore di alcuni testi scientifici e didattici. È stato responsabile di progetti di valorizzazione ambientale, sociale e professionale a livello provinciale e regionale. Già segretario dell’OMCeO della Provincia di Torino per tre mandati dal 2000, è giornalista pubblicista e da vent’anni direttore responsabile dei media dell’Ordine.



Posted on: 2020/03/16, by :