Crisi energetica: green economy già archiviata?

di Emanuele Davide Ruffino
e Luca Alpozzi|

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Se si riprendono i giornali di alcuni mesi fa, quando spazio enorme veniva riservato a novelli predicatori della difesa del pianeta – come se, per la verità, sia la Terra ad averne bisogno e non l’uomo per la sua sopravvivenza… – si scopre che quell’attenzione ha subito un rovesciamento di 180 gradi con l’incremento repentino dei prezzi dei combustibili, effetto primario delle tensioni internazionali ad est e dell’incubo di una guerra che potrebbe mettere in crisi tutte le forniture del Vecchio continente. Al contrario, le difficoltà geopolitiche e gli alti costi energetici (causa ed effetto del riesplodere dell’inflazione) devono obbligarci a riportare in primo piano il tema “Green” e ad affrontarlo con razionalità.

Per il W.C.E.D. World Commission on Environment and Development (Organizzazione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo) «lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri». Per raggiungere questo obiettivo occorre attuare un modello economico attento e rispettoso della natura, in quanto massima espressione del creato.

Dalla “linear economy” alla “circular economy”

Finora gli sforzi si sono concentrati proponendo soprattutto agevolazioni fiscali e contributi di varia natura a favore di chi persegue azioni volte a realizzare attività meno inquinanti e ponendo l’accento su condizioni di vita maggiormente attente all’ambiente (chiedendo spazi verdi e aree pedonali nelle metropoli). La maggiore sensibilità verso la questione ha spostato l’attenzione verso politiche ecologiche che presuppongono il passaggio dalla “linear economy” (dove la spazzatura costituisce la fase finale del processo) verso la “circular economy”, finalizzata all’uso efficiente delle risorse attraverso la minimizzazione dei rifiuti. La conservazione del valore, nel lungo termine, delle materie utilizzate e la riduzione degli scarti costituisce l’obiettivo primario della green economy, insieme alla capacità di ridurre le emissioni inquinanti.
L’economia circolare si contrappone cioè al tradizionale concetto di economia lineare che si limitava a prendere una materia e trasformarla in un prodotto finito da immettere sul mercato (tipico delle catene di montaggio) senza occuparsi del suo smaltimento. All’origine, l’economia verde mirava a porre un freno alle attività inquinanti delle imprese nel momento della produzione (attività già iniziata a Londra, nell’800 allorché l’aria si era resa pressoché irrespirabile, dando il là al famoso “fumo di Londra”) e nel non utilizzare prodotti altamente inquinanti (prime norme sui prodotti tossico nocivi).

Riutilizzo dei rifiuti

Il concetto del “circolare” aggiunge un nuovo requisito: quello che il prodotto non “finisce” con il suo consumo, ma “deve” essere ripreso e riutilizzato per altri utilizzi, le stesse del prodotto originario (esempio la raccolta differenziata del vetro) oppure generando prodotti diversi (concimi dai rifiuti organici o mattonelle da alcuni scarti della plastica o le cinghie e le borse ricavate dai copertoni delle biciclette, tanto per proporre alcuni esempi pratici).
Il mondo politico è così chiamato a predisporre le condizioni affinché le conoscenze e le tecnologie, oggi disponibili, trovino diffusa attuazione, superando i “bla, bla, bla” del passato. Diventa essenziale predisporre una progettazione rigenerativa, basata sui seguenti presupposti: 1) non inquinare già al momento della produzione. 2) i prodotti non devono contenere sostanze nocive potenzialmente dannosi per la salute dell’uomo. 3) una volta terminato il loro utilizzo, possono/devono essere utilizzati in altre produzioni riducendo/annullando il problema dello smaltimento dei rifiuti. In questo modo si chiude il ciclo economico e si rende pienamente sostenibile quel tipo di produzione con la conservazione dell’ambiente (“dalla culla alla culla” ossia “Cradle to Cradle”), offrendo una risposta alla fine dell’era del petrolio e delle altre risorse a buon mercato e della sempre più accentuata carenza di materie prime. L’economia circolare green si può rappresentare come una molla che, avvitandosi su se stessa, riporta sempre a nuovo i prodotti disponibili, evitando di richiederne dei nuovi. Tale soluzione non interessa solo più un soggetto (la ditta produttrice o il comune che realizza l’area pedonale), ma potenzialmente coinvolge tutta la società, a cominciare dal singolo cittadino, chiamato alla raccolta differenziata, per coinvolgere tutti i soggetti che beneficiano dell’esistenza di un determinato prodotto (chi consuma deve porsi il problema degli effetti del suo modo di consumare).

Economia blu, emissioni 0

Il modello economico basato sul riutilizzo circolare è quello che meglio si adatta al concetto di sostenibilità, in quanto adotta principi e criteri non solo volti alla riduzione degli sprechi, dell’inquinamento e dello sfruttamento delle materie prime, ma nel considerare i medesimi come nuove materie prime (con la trasformazione di sostanze precedentemente sprecate, in merce riutilizzabile). Il concetto si amplia ulteriormente con la cosiddetta “economia blu” (dal colore degli oceani) che si propone di realizzare un modello di business, attraverso un ecosistema sostenibile a livello planetario.
Se l’obbiettivo dell’economia verde era la rapida riduzione delle emissioni di anidride carbonica (CO2), quella blu persegue un’emissione pari a 0, cercando di raggiungerla, non attraverso l’aumento di investimenti nella tutela dell’ambiente, ma utilizzando le innovazioni in tutti i settori dell’economia che adoperano sostanze già presenti in natura, creando più posti di lavoro per un loro corretto utilizzo. I principi base dell’economia circolare si possono così riassumere: A) fermare la morte prematura della materia (obsolescenza programmata, ossia riutilizzare un prodotto il più a lungo possibile); B) eliminare lo spreco nell’uso del prodotto anche condividendone l’utilizzo con altri consumatori (non più il possesso di un oggetto, ma un suo uso consapevole: Product-as-a-service); C) riutilizzare la materia scartata come fonte di materia prima, fino al punto di ipotizzare un “UPCYCLE”, dove lo scarto assume un valore superiore a quello realizzato dal prodotto nella vita precedente. La strada dell’economia circolare dovrà essere attuata al più presto, sperando che le tensioni internazionali ci concedano il tempo necessario, ma ritardarne l’applicazione sarebbe solo una miopia intollerabile.




Posted on: 2022/02/06, by :