Dove porta oggi il cammino della comunità di Bose?

di Luca Rolandi|

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L’accettazione di Enzo Bianchi e degli altri due fratelli Lino e Goffredo e una sorella Antonella di lasciare la comunità di Bose non chiude la vicenda, ma paradossalmente apre un confronto e un dialogo che va oltre la decisione del Vaticano. Per una settimana si sono espressi esperti, vaticanisti, esperti di diritto canonico, teologi e semplici fedeli1. Soprattutto lo sgomento e la fatica nel comprendere di quelli che, secondo una appropriata definizione di Gianni di Santo, posso definirsi “generazione Bose”, continuano ad interrogarsi.

Un interrogativo che dilania: perché si è rotta l’anima di una comunità?

Quello che oggi serve capire, nel rispetto e nel riconoscimento di una esperienza umana e spirituale è evidente perché si è arrivati a questo punto. Perché Enzo Bianchi non è riuscito a trovare un modus vivendi con la sua comunità e non l’ha voluta lasciare libera di continuare a camminare nella storia. Se lo chiede quel popolo di Bose (nella foto la prima chiesa di Bose del 1968), che ha sostenuto e camminato con Enzo e i suoi fratelli e sorelle, animato da un cristianesimo sobrio, bello, creativo, libero, coraggioso, paziente e mai rivoltoso, nella sua radicalità fortemente selettivo, ma che non ha rinunciato alla sua popolarità. Generazione Bose, scrive ancora Di Santo, perché questo cristianesimo non si è organizzato in movimenti, in gruppi particolari, ma ha fatto breccia semplicemente nella vita di chi si è formato a Bose. Un cristianesimo partecipe della vita del Paese, attento a una Chiesa semper reformanda. Sintonia con le fragilità e le povertà, e sintonia, soprattutto negli ultimi anni, con la questione dei migranti in cerca di pane e libertà.

Essere un “semplice monaco” ma non del tutto “fratello come gli altri”

E bene ha detto ed espresso un ex monaco di Bose, Riccardo Larini quando ha affermato che: “Il priore ha bisogno di spazio per poter esercitare più liberamente il proprio ministero, ovverosia prendere le decisioni ordinarie riguardo alla vita comunitaria, scegliere i propri collaboratori, accompagnare con i carismi della saldezza e del discernimento, come dice la Regola di Bose, la vita spirituale e monastica dei fratelli e delle sorelle, che sono certo proseguirà secondo il livello di sempre” e aggiunto su Enzo Bianchi di cui è amico “il fondatore ha bisogno di distanza per trovare un modo diverso di essere un “semplice monaco” che tuttavia non sarà mai del tutto un “fratello come gli altri”. Ed è quest’ultimo, in fondo, il vero nodo interno da risolvere”.

Sullo sfondo la Chiesa del Concilio Vaticano II

Ora il tema si allarga e va ad innescare un confronto tra la Chiesa di Francesco e le oasi esperienziali del Concilio Vaticano II come Bose appunto: luogo avanzato di dialogo ecumenico, confronto con il mondo laico e non credente, apertura ad uno spirito nel quale si cerca sempre le ragioni dell’uomo in obbedienza della Parola del Vangelo, come primato fondativo oltre la dimensione della tradizione e delle sovrastrutture umane ecclesiastiche e clericali. Laici e chierici, presbiteri e non ordinati, Bose ha fatto un passo avanti riportando al centro le virtù e il dono di ogni battezzato, re, sacerdote e profeta. Qualcuno non ha digerito ieri come oggi questa visione e molti hanno cercato dei distinguo per cercare di capire o meglio di prendere le distanze.

Non rimozione, ma riflessione su quanto è accaduto

Tutto ciò è successo perché Luciano Manicardi ed Enzo Bianchi non si sono più ritrovati nel principio di autorità e di rapporto tra la comunità, la sua guida, nuova, e il suo fondatore. Sicuramente. Ma c’è altro e di più. Forse solo il silenzio, e il discernimento, quello anche invocato dalla Comunità nel giorno di Pentecoste, e nei brevi messaggi del fondatore su twitter per cercare di fare parlare lo Spirito perché illumini gli uomini e le donne, anche di Bose. Sarebbe un grande sbaglio oggi derubricare con un colpo di spugna una esperienza unica che è carne e sudore di persone vere che hanno fatto una scelta importante non solo per loro stessi, ma per tutti coloro che a Bose e con Bose hanno camminato in questi decenni



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1Rimando all’articolo su La Porta di vetro:https://www.laportadivetro.org/wp-content/uploads/2020/05/rolandi-.pdf



Posted on: 2020/06/05, by :