Evitiamo allarmismi: i veti di polacchi e ungheresi non bloccheranno la partenza del Recovery Fund

di Daniele Viotti |

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Come abbiamo già detto più volte proprio su La Porta di Vetro i tempi di approvazione del bilancio pluriennale europeo e del connesso Recovery Fund sarebbero stati più lunghi di quello che certa stampa nazionale si attendeva e più accidentato di quanto poteva immaginare solo chi non conosce il complesso sistema decisionale europeo. E davvero oggi sorprende chi si sorprende del veto posto da Polonia e Ungheria.

C’è una vecchia battuta di un regista americano che diceva “se in un film appare una pistola, quella pistola prima o poi sparerà”. Allo stesso modo, e prima di lui, lo scrittore russo Anton Cechov spiegava “che se in un romanzo compare una pistola, bisogna che spari”. Insomma, non è arbitrario sostenere che se in un trattato appare un diritto di veto quel diritto di veto prima o poi sarà usato. Se poi la pistola sparerà a salve o meno e il veto sarà solo una minaccia lo decidono gli sceneggiatori o il romanziere. Fuori di metafora, il veto posto da Ungheria e Polonia, che potrebbero essere seguite da qualche altro Paese nelle prossime ore, va oltre la questione delle condizionali sullo stato di diritto posto dal Parlamento Europeo. A guardare più in profondità si intuisce che in ballo c’è un vero e proprio gioco di potere che riguarda l’introduzione nel sistema di finanziamento del bilancio europeo delle cosiddette “risorse proprie”, cioè una serie di strumenti di cui sta per dotarsi l’unione europea per finanziare il proprio bilancio senza dover ricorrere ai contributi degli Stati Membri. Più risorse proprie significa più autonomia di Commissione e Parlamento, più autonomia di Commissione e Parlamento significa meno potere degli Stati Membri. Meno potere degli Stati Membri… capite da voi le conseguenze.

Basterebbe cambiare i trattati si dirà, ed è pur vero. Ma oggi non c’è tempo. Proprio poche ore fa la Presidente della BCE Christine Lagarde di fronte al Parlamento Europeo ha detto: tocca sbrigarsi, non c’è più tempo. La seconda ondata della Covid-19 avrà conseguenze enormi dal punto di vista economico sull’intero continente e gli strumenti finanziari non bastano più, occorrono strumenti economici. Occorre il Recovery Fund. Quindi ci sono in campo i veti, i trattati non si possono riformare, il Recovery fund deve essere approvato in fretta. Chi e come si può agire? Chi? La politica, cioè i Capi di stato e di governo e soprattutto la Germania, presidente di turno dell’Unione. Come? Con certosina determinazione e praticità. Come durante ogni trattativa ogni leader vuole poter tornare a casa e dire al suo pubblico “ho vinto io” e dunque, con ogni probabilità bisognerà cedere su qualcosa con i riottosi e piantagrane. Ma sono più convinto, anche dopo il deciso contributo del Parlamento Europeo e del presidente Sassoli, che le eventuali concessioni usciranno più dal portafoglio che dalle concessioni sullo stato di diritto. Mettiamola così: ora i tempi cominciano a stringersi ma qualche giorno per decidere c’è ancora.

Nel frattempo però, nell’attesa che questa discussione giunga al termine occorre dire che la situazione generale non si è cristallizzata e le discussioni tra governo italiano (e non solo) e Commissione europea sul piano nazionale per l’utilizzo dei fondi che arriveranno proseguono. In modo formale e informale. Nessun paese in Europa, a quel che mi risulta, ha fino ad ora presentato formalmente il proprio Piano. Né l’Italia, né gli altri. Però si sta lavorando ed è importante farlo per trovarsi pronti quando le discussioni sui principi saranno terminati, quando il bilancio verrà approvato e la Commissione chiederà finalmente i piani.




Posted on: 2020/11/19, by :