Giorno del Ricordo: toni accesi sul manifesto che divide il Piemonte

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Il manifesto diffuso dalla Regione Piemonte per il Giorno del Ricordo, la memoria che ritorna il 10 febbraio sulla tragedia dell’esodo istriano del secondo dopoguerra, ha riacceso la polemica (e spostato l’attenzione dalla doverosa ricerca storica allo scontro politico) già esplosa nel 2020 per la diffusione nelle scuole di media superiore del fumetto “Foiba rossa”, allora promossa dall’assessore all’istruzione Elena Chiorino (Fratelli d’Italia). In quell’occasione, la pubblicazione fu contestata per la presenza di numerosi errori storici e di una rappresentazione giudicata faziosa e decontestualizzata dagli eventi della guerra nei Balcani occupati dalle truppe tedesche e italiane contro cui si contrappose la resistenza locale. In Jugoslavia, soprattutto, si consumò uno scontro feroce, disumano, in cui i nostri militari per rispondere alle disposizioni del generale Mario Roatta, comandante della II armata in Croazia, si distinsero in rappresaglie, distruzioni di villaggi, decimazioni di civili e partigiani, perdendo così ogni traccia del benevolo appellativo di “italiani brava gente”. Dal 1942, il generale non esitò ad usare il pugno di ferro per per piegare la resistenza della popolazione e delle forze partigiane che combattevano per la loro Patria. Lo fece con la famigerata circolare 3C, in cui si ordinava alle truppe di “non rifuggire da usare crudeltà”, nel solco delle migliori tradizioni naziste che il suo Paese, l’Italia, avrebbe provato dall’8 Settembre del 1943. Chiamato a rispondere dei suoi crimini di guerra nel marzo del 1945, con malinteso senso dell’onore Roatta scappò dall’ospedale del Celio (come avrebbe fatto nel 1977 il criminale nazista Kappler, responsabile delle Fosse Ardeatine) per rifugiarsi in Spagna. Processato e condannato in contumacia, assolto dalla Cassazione, preferì godere fino al 1966 (anno del suo ritorno in Italia), dei privilegi e dei favori che gli concedeva il regime del generalissimo Franco, al fianco del quale aveva combattuto nella guerra civile spagnola tra più ombre che luci, come dimostrò la cocente sconfitta da lui subita a Guadalajara dalle XII Brigata Internazionale che comprendeva il Battaglione Garibaldi formato da antifascisti italiani. Oggi la polemica riprende da dove l’aveva lasciata “Foiba rossa” con rinnovato vigore all’interno della politica e all’esterno.1
All’assessore Maurizio Marrone (Fratelli d’Italia), che ha presentato la campagna di comunicazione ringraziando “l’Anonima fumetti di Torino per la creatività che comunica finalmente in modo efficace anche alle nuove generazioni il senso drammatico della vicenda”, ha replicato il vicepresidente del Consiglio regionale, Mauro Salizzoni (Pd) che ha definito “grottesca” la rappresentazione artistica tesa a ricreare un clima da anni Cinquanta secondo lo stereotipo “buoni da una parte e i cattivi attraverso una realtà “conflittuale, a senso unico, con le stelle rosse armate che cacciano civili perbene terrorizzati”. Un’altra bordata all’iniziativa è arrivata dal capogruppo a palazzo Lascaris di Luv (sinistra ecologista) Marco Grimaldi che ha accusato la destra di aggredire verbalmente e minacciare chi promuove testi alternativi, mentre si persegue la strada del revisionismo storico. Voci di severo contrasto all’iniziativa regionale della Giunta Cirio sono arrivate anche dall’ANPI. La segreteria nazionale dell’associazione partigiani ha denunciato il manifesto “un grottesco abisso di faziosità”, aggiungendo che da troppo tempo “il 10 febbraio viene falsato e spesso falsificato da una squallida strumentalizzazione di quei drammi e da un’ossessiva e isterica campagna di destra all’insegna del nazionalismo e dell’irredentismo, nel silenzio delle gigantesche colpe del fascismo”. Dall’ANPI Provinciale di Torino – “vicina ai profughi istriani e dalmati, costretti a lasciare le loro case” – è seguito l’invito a condannare la violenza da qualunque parte arrivi. Di qui, il giudizio sul contenuto definito inadeguato alla riflessione, perché “nei toni e nei modi ci riporta ai manifesti affissi dal nazismo e dal fascismo durante la seconda Guerra Mondiale”. Secondo l’ANPI di Torino, la scelta “non fa onore ad una Regione che ha fatto dell’educazione alla Pace una delle sue missioni fondative”. Un messaggio, quest’ultimo, che inequivocabilmente chiama in causa il presidente della Regione Alberto Cirio.