Grillini: l’effetto trascinamento di Napoli ricadrà anche su Lo Russo?
di Michele Ruggiero |
|Non deve stupire se Giuseppe Conte e l’intero stato maggiore del Movimento Cinquestelle hanno scelto Napoli per lenire il dolore del crollo elettorale con la perdita dei capoluoghi simbolo della vittoria elettorale del 2016: Roma e Torino.
Nella città partenopea, il M5S, alleato del Pd, è uno dei millepiedi della coalizione con cui ha trionfato Gaetano Manfredi, eletto sindaco al primo turno con il 66 per cento di suffragi. A Napoli, dunque, il grillismo potrà ancora far sentire la sua voce e governare ai piedi del Vesuvio. E lo farà con poco più del 9 per cento, la stessa percentuale che ha ottenuto a Torino, dove nel 2016 aveva raccolto il 30 per cento, la stessa percentuale della candidata e futura sindaca Chiara Appendino. La quale, staccata di 11 punti al primo turno dal candidato del centro sinistra, il sindaco uscente Piero Fassino, rimontò al ballottaggio fino al 54,5 per cento. Una travolgente cavalcata cui concorse più di un pezzo dell’elettorato del centro destra, diviso al primo turno, ma con una dote di quasi il 19 per cento dei voti e unito dal comune desiderio di abbattere quello che il candidato Roberto Rosso da mesi bollava a parole e diffondendo un opuscolo come “il sistema Torino”, il governo di sinistra.
Oggi, la situazione – anche se i parallelismi possono essere spuri e ingannevoli – appare inversa. Stefano Lo Russo è il centro sinistra escono dal primo turno in testa con il 44 per cento, con una solidità che deriva dal risultato di Bologna, Milano, Napoli e circondati da un clima decisamente meno ostile al centro sinistra e soprattutto al Pd, rispetto a cinque anni fa. E il clima conta. L’onda lunga populista è in debito di ossigeno. Il primo a comprenderlo è proprio il candidato di centro destra Paolo Damilano, che non ha altri forni da cui attingere, se non quello degli astensionisti: Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno raccolto il massimo possibile, osservando l’esiguità delle liste civiche. Damilano ne è consapevole con il suo 39 per cento. Ora, in cammino verso il ballottaggio, ha la chiara consapevolezza che per superare Lo Russo ha una sola arma, comunque importante: l’opzione emotiva, il gradimento della sua persona, l’allure dell’imprenditore di successo. Ciò a differenza del suo avversario che potrà godere su più opzioni politiche.
Non è scontato, ma se non altro per maggiore affinità politica, Lo Russo potrà contare sull’indisponibilità degli elettori dei partiti della sinistra storica a consegnare la città al centro destra. L’incognita rimane però quella di sempre: quanto si agita nei leader di sinistra il gusto di andare controcorrente e di far prevalere astio o livori personali sulla ragione politica. Ma il fattore propriamente politico si fonda sull’opzione Cinquestelle con il suo 9 per cento, autentico ago della bilancio al ballottaggio.
Volente o nolente, a porte aperte o a porte chiuse, il Movimento dovrà affrontare la discussione se e come si dovrà orientare gli elettori che hanno dato fiducia alla candidata Valentina Sganga, fino a ieri capogruppo Cinquestelle e tra i meno disponibili a perdonare, screzi a parte…, scelte e reazioni politiche di Stefano Lo Russo in Sala Rossa. Quello dei rapporti interpersonali tra gli esponenti dei due partiti, Pd e Cinquestelle, non è un elemento marginale o secondario, che si può risolvere a tarallucci e vino. Quanto conterà allora il passato recente e non? In politica, lo induce a pensare proprio il comportamento di Giuseppe Conte, vale quando coincide con gli interessi di parte. Lo dice Napoli, che da ieri assurge ad emblema dei rapporti sul territorio dei grillini con il Pd e il centro sinistra. A quel rapporto ora è chiamato a guardare anche Torino. Stavolta, sarà il Nord a dover chiedere lumi al Sud.
Posted on: 2021/10/05, by : admin
Nella città partenopea, il M5S, alleato del Pd, è uno dei millepiedi della coalizione con cui ha trionfato Gaetano Manfredi, eletto sindaco al primo turno con il 66 per cento di suffragi. A Napoli, dunque, il grillismo potrà ancora far sentire la sua voce e governare ai piedi del Vesuvio. E lo farà con poco più del 9 per cento, la stessa percentuale che ha ottenuto a Torino, dove nel 2016 aveva raccolto il 30 per cento, la stessa percentuale della candidata e futura sindaca Chiara Appendino. La quale, staccata di 11 punti al primo turno dal candidato del centro sinistra, il sindaco uscente Piero Fassino, rimontò al ballottaggio fino al 54,5 per cento. Una travolgente cavalcata cui concorse più di un pezzo dell’elettorato del centro destra, diviso al primo turno, ma con una dote di quasi il 19 per cento dei voti e unito dal comune desiderio di abbattere quello che il candidato Roberto Rosso da mesi bollava a parole e diffondendo un opuscolo come “il sistema Torino”, il governo di sinistra.
Oggi, la situazione – anche se i parallelismi possono essere spuri e ingannevoli – appare inversa. Stefano Lo Russo è il centro sinistra escono dal primo turno in testa con il 44 per cento, con una solidità che deriva dal risultato di Bologna, Milano, Napoli e circondati da un clima decisamente meno ostile al centro sinistra e soprattutto al Pd, rispetto a cinque anni fa. E il clima conta. L’onda lunga populista è in debito di ossigeno. Il primo a comprenderlo è proprio il candidato di centro destra Paolo Damilano, che non ha altri forni da cui attingere, se non quello degli astensionisti: Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno raccolto il massimo possibile, osservando l’esiguità delle liste civiche. Damilano ne è consapevole con il suo 39 per cento. Ora, in cammino verso il ballottaggio, ha la chiara consapevolezza che per superare Lo Russo ha una sola arma, comunque importante: l’opzione emotiva, il gradimento della sua persona, l’allure dell’imprenditore di successo. Ciò a differenza del suo avversario che potrà godere su più opzioni politiche.
Non è scontato, ma se non altro per maggiore affinità politica, Lo Russo potrà contare sull’indisponibilità degli elettori dei partiti della sinistra storica a consegnare la città al centro destra. L’incognita rimane però quella di sempre: quanto si agita nei leader di sinistra il gusto di andare controcorrente e di far prevalere astio o livori personali sulla ragione politica. Ma il fattore propriamente politico si fonda sull’opzione Cinquestelle con il suo 9 per cento, autentico ago della bilancio al ballottaggio.
Volente o nolente, a porte aperte o a porte chiuse, il Movimento dovrà affrontare la discussione se e come si dovrà orientare gli elettori che hanno dato fiducia alla candidata Valentina Sganga, fino a ieri capogruppo Cinquestelle e tra i meno disponibili a perdonare, screzi a parte…, scelte e reazioni politiche di Stefano Lo Russo in Sala Rossa. Quello dei rapporti interpersonali tra gli esponenti dei due partiti, Pd e Cinquestelle, non è un elemento marginale o secondario, che si può risolvere a tarallucci e vino. Quanto conterà allora il passato recente e non? In politica, lo induce a pensare proprio il comportamento di Giuseppe Conte, vale quando coincide con gli interessi di parte. Lo dice Napoli, che da ieri assurge ad emblema dei rapporti sul territorio dei grillini con il Pd e il centro sinistra. A quel rapporto ora è chiamato a guardare anche Torino. Stavolta, sarà il Nord a dover chiedere lumi al Sud.
Posted on: 2021/10/05, by : admin