I paradossi fra tamponi, vaccini e obiettivi istituzionali (I)
di Emanuele Davide Ruffino
e Giuseppina Viberti|
Gestire la pandemia non è certo compito facile, come dimostrano i comportamenti ondivaghi registrati in pressoché tutti i Paese, e proprio per questo occorre contribuire ad evidenziare piccole e grandi incongruità, che possono rallentare la lotta contro il nemico invisibile (e in costante mutazione).
L’entusiasmo mediatico, nonostante alcune difficoltà, con cui è stato salutato il 27 dicembre 2020, inizio della campagna vaccinale, ha dato l’avvio ad una nuova fase di contrasto del Coronavirus : circa l’80% delle dosi disponibili è stato utilizzato e dal 27 gennaio sono iniziate le somministrazioni di richiamo, mentre si è potuto fare affidamento su vaccini di altre società (in modo da superare eventuali ritardi nella produzione). Sembrava fatta. Poi con l’arrivo delle “varianti”, delle immancabili difficoltà organizzative negli approvvigionamenti e il comportamento incoerente di frange di irresponsabili, ci si è reso conto che il pericolo è ancora forte.
La ricerca di parametri di riferimentoPer stimolare l’organizzazione rapida dei centri vaccinali si è anche pensato di ricorrere ai vecchi ed obsoleti obiettivi, che già non funzionavano in periodi di normalità, tanto meno ora che lo scenario operativo cambia ad un ritmo impressionante (come testimonia il cambio di “colore” delle regioni e i rapidi cambiamenti sull’affidabilità delle soluzioni adottate). Anzi: lo stabilire obiettivi parziali, rispondenti più a necessità demagogiche o assunte su ondate emotive, si rischia di distrarre gli operatori verso la complessità della gestione indispensabile per combattere la pandemia. Pur riconoscendone l’importanza, sia i tamponi molecolari e, ancor più, l’attività vaccinale, non sono fattori di per sé esaustivi e, soprattutto, dipendono dalla loro modalità di attuazione. Gli obiettivi e ancor più gli indicatori correlati rischiano di diventare “numeri” da offrire alla pubblica opinione, più che a rappresentare parametri da confrontare con standard ancora inesistenti o destinati a diventare obsoleti nell’arco di poche settimane per il modificarsi delle condizioni epidemiologiche ed organizzative (dissimili da quelle attuali).
Meno tamponi per non disperdere risorseSeppur in costante mutazione, il trend dei test molecolari presenta oggi una curva in discesa e quindi rischia di non risultare realistico concentrare l’attenzione delle strutture su una produzione di un plafond minimo di tamponi molecolari giornalieri a livello regionale, quando le richieste sono già significativamente ridotte. Da alcune settimane è infatti in corso una persistente riduzione delle richieste di tamponi molecolari Covid da parte dei PS, delle strutture di degenza, da parte dei Medici Competenti e da parte dei Medici di Medicina Generale (MMG) e dei Pediatri presso gli hotspot e una riconversione di molte richieste da molecolari ad antigenici per lo screening di soggetti asintomatici. Se si utilizzano i kit di ultima generazione, i test antigenici, più rapidi ed economici, hanno performance analitiche ottime ed hanno il vantaggio di non richiedere un laboratorio analisi specializzato, ma possono essere eseguiti in RSA, ambulatori, centri oncologici, farmacie, aziende, aeroporti, porti, ecc. A ciò si aggiunge anche l’attività diagnostica svolta presso gli studi dei MMG e le Farmacie.
Infine la circolare ministeriale dell’08 gennaio 2021 suggerisce l’uso dei test antigenici di ultima generazione addirittura in alternativa ai testi molecolari e per lo screening e il contact tracing quando si attende una percentuale di positività elevata che approssimi o superi il 10%. Non si dimentichi che, al di là dei dati epidemiologici, i cittadini cominciano ad avvertire una stanchezza, che per alcuni si traduce nel non aver più “voglia di fare il tampone”, pratica decisamente più fastidiosa che non l’uso della mascherina e il distanziamento fisico, o l’evitare gli assembramenti e i luoghi chiusi: pratiche dettate dall’acquisizione di un maggiore senso civico (e non costose). Purtroppo esempi disdicevoli di assembramento sono ancora presenti, e rischiano di compromettere il buon senso della maggioranza. Una campagna di vaccinazione ha lo scopo primario di prevenire l’infezione e realizzare un’immunità diffusa che nel corso del tempo dovrebbe portare ad una regressione dei casi conclamati e, quindi, ad un uso sempre più ridotto di tamponi. L’incentivare l’utilizzo dei tamponi risulta quindi non in linea con le attività vaccinali poste in essere. E si spera raggiungerà presto percentuali significative. (segue)
Posted on: 2021/02/24, by : admin