Il diritto alla salute nel rapporto Stato-Regioni
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di Gian Paolo Zanetta |

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I frequenti contrasti tra livello centrale e livello locale, esplosi durante la crisi pandemica, hanno sottolineato la necessità che si ponga mano ad una ridefinizione dei rapporti tra Stato e Regioni in materia sanitaria. Tali rapporti sono stati resi particolarmente complessi dalla riforma costituzionale introdotta con legge 3/2001, che ha sostanzialmente equiparato la potestà legislativa regionale a quella statale ed ha ridimensionato, in maniera consistente, la seconda in materia di tutela della salute. Occorre oggi stabilire, al contrario, chiare competenze e ruoli definiti dei diversi livelli istituzionali.

Rapporti istituzionali

Lo Stato centrale, deve riacquistare un’azione ed una responsabilità certa nella definizione di politiche e strategie nazionali che non possono più essere circoscritte a quanto il novellato articolo 117, in modo riduttivo, stabilisce : “Lo Stato ha legislazione esclusiva nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale“. Serve, in realtà, un governo unitario della sanità su alcune tematiche a valenza nazionale, vedasi la necessità di un piano aggiornato sulle emergenze, di un piano nazionale sull’innovazione e sulla ricerca, vedasi ancora la necessità di una programmazione nazionale in materia di formazione di professioni sanitarie. La regionalizzazione del sistema non è in contrasto con la presenza di uno Stato responsabile che, nel fissare la dotazione annuale del Fondo sanitario ed i meccanismi di riparto, attraverso la Conferenza Stato-Regioni, deve contemporaneamente definire gli obiettivi generali di salute pubblica ed una cornice di tutela della salute antro la quale rientrino le politiche regionali. Ma aggiungiamo un ulteriore quesito: finita la situazione di emergenza, quando diventerà ineludibile una riflessione sulla gestione dell’emergenza sanitaria e come questa sia stata affrontata in una perenne stato di tensione tra livello centrale livello regionale, con risposte qualitativamente diverse tra regione e Regione, ci sarà ancora spazio per riproporre il tema del regionalismo differenziato, che ancora qualche mese fa sembrava condurre il regionalismo verso nuovi orizzonti?

La spinta regionale all’autonomia

L’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, cui la proposta di regionalismo differenziato fa riferimento, prevede: ”Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli Enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119”. Erano state le iniziative intraprese dalle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, cui sui era aggiunto il Piemonte, a spingere verso sull’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Il 28 febbraio 2018 il Governo aveva sottoscritto con le regioni interessate tre distinti accordi preliminari per individuare i principi generali, la metodologia ed un primo elenco di materie, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, tutela della salute, istruzione, tutela del lavoro, rapporti internazionali e con l’Unione Europea. Ma era la tutela della salute quella centrale su cui avviare un ulteriore processo di ridefinizione dei rapporti centro-periferia.

Il primato del principio solidaristico

Il discorso è proseguito con l’avvio della XVIII legislatura. L’indagine conoscitiva, svolta dalla Commissione Bicamerale, evidenziava i principali problemi derivanti da una eventuale applicazione dell’articolo 116 terzo comma: a fronte di significative opportunità per il sistema istituzionale nel suo complesso, derivanti dall’attivazione di forme particolari di autonomia, l’attuazione dell’articolo 116 terzo comma non doveva essere intesa come lesiva dell’unitarietà della Repubblica e del principio solidaristico che lo contraddistingue. Risorse finanziarie e processo di rafforzamento dell’autonomia regionale devono procedere di pari passo e rispettare con rigore, il principio della necessaria correlazione tra funzioni e risorse. Ulteriori riflessioni sono oggi tuttavia indispensabili, alla luce di quanto successo nel momento dell’emergenza, per reimpostare correttamente il dibattito in corso. La riforma costituzionale introdotta dalla legge costituzionale 3/2001 ha così suddiviso il riparto di competenze tra Stato e Regioni: a) Legislazione esclusiva statale b) Legislazione concorrente tra Stato e regioni c) Legislazione residuale attribuita alle Regioni.

I fondamentali articoli della Costituzione

La sanità rappresenta la tipica materia da legislazione concorrente, eccezion fatta per la competenza statale in materia di determinazione dei diritti essenziali. Ora, la legge ordinaria, ancorchè rinforzata, che dovrà fissare l’attuazione dell’articolo 116, dovrà sottostare ad alcuni limiti previsti dalla Costituzione. In particolare: 1) L’articolo 119 Cost., modificato con l’introduzione del vincolo del pareggio di bilancio statale, stabilisce che le Regioni devono concorrere ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea. Il richiamo ai principi dell’articolo diventa ineludibile e sottolinea la necessità di contemperare le forme di autonomia ulteriore con i principi di finanza pubblica, prevedendo che la finanza regionale abbia bilanci in equilibrio. 2) Gli articoli 2 e 3 Cost. indicano con chiarezza il quadro dell’agire politico: mentre l’articolo 2 impone che vengano garantiti i diritti inviolabili dell’uomo attraverso i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, l’articolo 3 stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, senza distinzione alcuna e quindi anche di residenza. 3) L’articolo 32 della Cost. definisce il diritto alla tutela della salute diritto fondamentale, tutela che con il regionalismo differenziato diventerebbe oltre che compito dello Stato, che deve definire i livelli essenziali di assistenza, anche delle Regioni, impegnate così sul tema dell’uniformità del trattamento. Come diceva il compianto Stefano Rodotà, il diritto alla salute è un elemento costitutivo della persona e della sua cittadinanza, e non può e non deve subire limitazioni per il solo fatto di risiedere in zona meno fortunata del paese e più svantaggiata economicamente.

Il parere della Corte dei Conti

E’ illuminante leggere quanto sostenuto dalla Corte dei Conti chiamata, dalla Commissione Parlamentare, in data 17 luglio 2019, ad esprimere il proprio avviso in merito ai procedimenti avviati dalle Regioni in tema di autonomia differenziata, partendo dallo stato di attuazione delle norme sul federalismo fiscale. Per la Corte tale processo si fonda sul principio di sussidiarietà, nella prospettiva che l’Ente più vicino alla popolazione sia in grado di soddisfarne meglio le esigenze. L’attribuzione di ulteriori funzioni e competenze dovrebbe pertanto essere riconosciuta alle Regioni in quanto si dimostrino in grado di esercitarle meglio rispetto all’attuale grado di efficienza operativa dello Stato. In particolare vengono sollevati quattro elementi di riflessione: – Effettiva capacità della contabilità degli enti decentrati di rappresentare in modo chiaro e trasparente gli esiti della gestione – Nel ridefinire l’assetto della finanza decentrata, restano fermi gli obiettivi di fondo che le decisioni circa l’offerta pubblica di servizi vengano assunte sul territorio, che gli amministratori locali siano responsabili nei confronti dei cittadini elettori, che siano adottati strumenti idonei a rendere evidenti gli effetti delle scelte degli amministratori al corpo elettorale. – La possibilità di aumentare il novero delle funzioni affidate al livello di governo locale deve essere svolta nella cornice di principi che presiedono allo svolgimento del processo autonomistico, ma si rileva come manchino di questo ancora le basi, non essendo stato definito costi e fabbisogni standard, senza i quali è difficile presidiare il percorso di una effettiva funzionalità del sistema. – Valutare gli effetti di tale autonomia differenziata sulla programmazione statale, che deve comunque garantire un quadro unitario ed un raccordo tra le varie realtà. In conclusione, se non tiene conto dei principi di uguaglianza, solidarietà e pari dignità sociale, l’intervento devolutivo sulla sanità rischia di uscire dai delineati irrinunciabili capisaldi costituzionali.

Ora si rilanci la sanità territoriale

Queste valutazioni dimostrano come sia spinosa la regolamentazione dei rapporti tra i diversi livelli istituzionali, tenendo conto che la riforma di cui alla legge 3/2001, si inserisce in un contesto costituzionale complessivo che non configura una Repubblica federale, ma si riferisce ad un contesto di repubblica parlamentare, che fa dell’unitarietà il proprio principio guida. Il problema dei rapporti Stato-Regioni potrebbe essere affrontato per altra via: una nuova riforma costituzionale che sia in grado di affrontare in maniera organica, non parziale come fatto dalla legge 3/2001, il Titolo V, riportando la gerarchia delle fonti al suo naturale alveo, restituendo allo Stato la competenza legislativa più ampia, ma, per un conseguente bilanciamento dei rapporti, prevedere la sostituzione dell’attuale Senato, che giustamente oggi viene considerato una duplicazione, per funzioni ed attività, della Camera dei Deputati, con un Senato delle Regioni, dove vengano portate la rappresentanza e le istanze delle autonomie regionali. Contemporaneamente dovrebbe essere cancellata la Riforma Delrio in materia di Provincie e Città metropolitane, un inutile ibrido peraltro ingovernabile, restituendo ai Comuni competenze e significato anche in ambito sanitario. Ad esempio, se si ritiene, e così deve essere, che la sfida del futuro del servizio sanitario si vinca con una nuova sanità di territorio, nella quale non vi siamo più suddivisioni con l’area socio-assistenziale, in questo specifico ambito il ruolo comunale deve essere valorizzato, in un raccordo molto stretto con l’ambito regionale.




Posted on: 2020/05/15, by :