Il Drago e i suoi nanetti

di Menandro|

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“Qui comando io!”. Mario Draghi ha svelato senza troppe esitazioni qual è il suo concetto di governo e di squadra per uscire dall’emergenza del Paese, principale ragione per cui è stato chiamato al capezzale dell’Italia dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. D’ora innanzi, quando si parlerà di Capitano, ci si dovrà riferire al Drago, non certo a quello ormai ossidato di “potere assoluto” del Papeete e del felpismo giorno e notte. Il Drago lo ha svelato con la lista di 23 ministri, 15 politici e 8 tecnici. Ma il governo vero del Drago non è nel numero complessivo di ministri e sottosegretari, ma in quello di coloro che ritiene indispensabili per la Grande Avventura del Recovery Fund: i Franco, i Colao, i Bianchi, i Giovannini, i Cingolani, la Marta Cartabia e la Cristina Messa. Guarda a caso, i tecnici. Il resto, è un gruppo di “nanetti” sotto più profili. E non ci si riferisce maliziosamente alle misure antropometriche di alcuni di essi. Anzi. Nel caso di Giancarlo Giorgetti, il numero due nella gerarchia della Lega, ma numero uno del leghismo moderato, si è alle prese con un fisico da Granatiere di Sardegna. No, non è nel fisico, né sul piano professionale o nel senso dell’ammucchiata che si rivela il nanismo, ma nell’assegnazione dei ministeri, apparentemente scelti con la cura che si deve al manuale Cencelli versione 5.1. Anche se non sono mancati teneri brontolii, come quello di Silvio Berlusconi – secondo quanto riportato da www.liberoquotidiano.it – triste per la mancata assegnazione di un “dicastero di peso” al suo secondo Antonio Tajani, in effetti, un po’ ingrassato negli ultimi mesi.

Il nanismo è nella cura con cui ha scelto i ministri che considera periferici rispetto, appunto, alla Grande Avventura del Recovery Fund. Ad essi, ha dato ciò che desiderano per baloccarsi o per non sentirsi inutili o addirittura “bocciati” nella precedente esperienza. Vellicando il narcisismo si può comprare il mondo. Così il Drago li ha già condizionati fin dal primo vagito e con essi i partiti di appartenenza. Franceschini, da troppo tempo in naftalina, è ritornato felice alla sua passione del ministero della Cultura, insieme a Guerini, confermato alla Difesa, e con Orlando rientrato nel giro che conta con il dicastero del Lavoro, gli garantiranno la pace politica del Pd. Speranza e Lamorgese, rimasti incollati alle poltrone di Sanità e Interno, non possono che viversi da miracolati e da oggi dovranno ripararsi sotto l’ombrello di palazzo Chigi per evitare di essere messi in discussione un giorno sì e un altro ancora da Salvini. Con Di Maio agli Esteri è stato suggellato un patto di ferro: sarà il ventriloquio perfetto e per la prima volta nella storia della Repubblica, alla Farnesina rimarrà soltanto un ufficio di rappresentanza, nel rispetto della massima “uno vale uno” tanto cara ai grillini. Del resto, Biden, Putin, Merkel fino a ieri con chi parlavano?




Posted on: 2021/02/13, by :