Il Grande Piano senza grandi imprese

di Pietro Terna|

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Abbiamo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), pregevole documento di 270 pagine1, che cita l’Intelligenza Artificiale (IA), sempre a proposito, in sei punti, più una nota che ne richiama la visione europea: il riferimento è alla modernizzazione della funzione pubblica, alla qualità della regolazione, per l’ottimizzazione degli acquisti della Pubblica amministrazione, per combattere l’evasione fiscale, per l’analisi del turismo, per il controllo degli scarichi illegali in campo ambientale.

Che cosa manca? La parola industria ricorre 53 volte, ma non è mai accompagnata a “intelligenza artificiale”, mentre al momento le applicazioni più promettenti dell’intelligenza artificiale stanno ad esempio proprio nella manutenzione preventiva e nella gestione sofisticata dei macchinari per la produzione. Certo ridurre le fermate per guasti di un impianto non fa notizia e non provoca inchieste sui “pericoli dei robot”, ma dà un contributo reale all’economia!

Il difetto di visione, in questo come in tanti altri campi dello sviluppo industriale, deriva principalmente dalla insufficiente presenza di grandi imprese nel tessuto produttivo nazionale. Chi scrive ha dedicato molti anni della sua attività professionale al mondo della Confindustria, dove partecipava anche a gruppi di lavoro nazionali sulle tematiche industriali più importanti.

Erano incontri di livello molto elevato, con interessanti personaggi delle imprese che certamente non mostravano tutte le loro carte, dato che al tavolo c’erano i concorrenti, ma le tendenze in atto erano chiare e anche affioravano i punti di collaborazione convenienti per tutti. Molti di quei personaggi partecipavano a analoghe riunioni in ambito europeo, soprattutto all’interno dell’UNICE (Union des industries des pays de la communauté européenne), ora BusinessEurope.

In quel modo la circolazione delle idee e dell’innovazione era molto concreta e arrivava ai tavoli decisionali, pubblici e privati, in modo tempestivo. Non tutto era semplice: le discussioni su “che cosa serve l’UNICE”, animate dai disinformati, erano molto frequenti; gli uffici del personale (quelli che adesso si ammantano della denominazione di human resources) non vedevano di buon occhio quelle trasferte, bollate come turismo industriale. Quel tessuto di contatti è tuttora vivo, ma noi non abbiamo i “campioni” grazie ai quali stare in gara.

Si pensi a nomi come Montedison, Montefibre, Alumix, Olivetti, Fiat, il cui cuore pulsante, ancora prima della trasformazione in FCA e poi in Stellantis, si è stava allontanando, tanto da considerare inutile la presenza all’interno della Confindustria. Si pensi che cosa voleva dire, per i collegamenti internazionali per le telecomunicazioni e per lo sviluppo del software più progredito, la presenza dello CSELT, per l’Italia e per Torino.

Ora la musica circola in modo fluido tramite il web, usando uno standard di base denominato MP32; quello standard nacque da una collaborazione internazionale coordinata proprio dallo CSELT. CSELT che fu smantellato nel 2001 quando Tronchetti Provera era presidente di Telecom, che ne era la proprietaria. Allora mi fu riferito che era stato rappresentato al presidente il valore di chi aveva definito niente meno che l’MP3 e che la sua domanda, tagliente perché supponeva la risposta, era stata: “ma l’hanno brevettato”? No, non era questione di brevetti, soprattutto in una collaborazione internazionale, ma di padronanza delle tecnologie e dell’innovazione. L’effetto dei tanti passi indietro si sente pesantemente.

Torniamo all’IA e al PNRR: c’è anche un piccolo mistero da risolvere, ma essendo torinesi conosciamo la risposta. A p. 195 del PNRR compare il programma di investimento dedicato al «Potenziamento strutture di ricerca e creazione di “campioni nazionali di R&S” su alcune Key Enabling Technologies». I temi sono: simulazione avanzata e big data, ambiente ed energia, quantum computing, biopharma, agritech, fintech, tecnologie per la transizione digitale industriale, mobilità sostenibile, tecnologie applicate e patrimonio culturale, tecnologie per la biodiversità, precisando che “la scelta effettiva avverrà sulla base di bandi competitivi a cui potranno partecipare consorzi nazionali guidati da un soggetto leader coordinatore”. Tutti campi di estrema importanza, ma … dov’è l’intelligenza artificiale?

In una precedente versione3, circolata ampiamente, a p.211 si diceva “intelligenza artificiale, ambiente ed energia, quantum computing, idrogeno, biofarma, agritech, fintech, scienza quantistica e tecnologie dei materiali avanzati, mobilità sostenibile, tecnologie applicate e patrimonio culturale”. Che cosa è accaduto? A settembre dello scorso anno, il governo Conte II ha candidato Milano come terza sede del tribunale Ue dei brevetti (con Parigi e Monaco), candidatura cui ambiva anche Torino. Come compensazione, a Torino fu assegnata la sede centrale dell’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale (I3A) previsto dalla Strategia Nazionale per l’Intelligenza Artificiale4 messa a punto dal Ministero dello sviluppo economico (MISE).

Perché a Torino? Proprio in relazione ai lavori di definizione della strategia del MISE, Torino aveva autorevolmente avanzato la propria candidatura, prendendo le mosse da un articolo pubblicato su La Voce e il Tempo5,da don Luca Peyron: è il direttore della Pastorale Universitaria di Torino e regionale, ha a cuore il futuro dei giovani della nostra regione e come osservatone e studioso della trasformazione digitale della società, conosce da vicino i contenuti di quella gigantesca innovazione.

Poi la doccia fredda di p.215 della prima versione dell’ultimo PNRR cui è seguito il compromesso di togliere quella materia dal documento per destinare, si dice con altro provvedimento, l’I3A a Torino. Vedremo come si procederà: certo Torino non può restare ferma in attesa e con le forze di tutti deve stringere alleanze con le altre aree scientificamente più avanzate del nostro paese, nell’IA e in molti degli altri campi indicati come “campioni nazionali” dal PNRR. Si tratta di iniziative che saranno realizzate con un centro e con i suoi satelliti, tutti con pari dignità scientifica, avendo il centro il ruolo anche di motore dell’iniziativa complessiva. Tutti dobbiamo ora collaborare senza azioni separate individuali, credendo di essere più abili degli altri; azioni che sarebbero esiziali per questa opportunità per Torino e per il Piemonte. _______