Il mistero Kim, prossimi focolai di tensione con la Corea del Nord?

di Maurizio Jacopo Lami |

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“Scrivere sulla Corea del Nord è come osservare Plutone. Sai che esiste, lo vedi al telescopio, ma dire che lo conosci davvero… Proprio non si può”. Il passo è tratto da un rapporto della CIA nel 1994, alla morte di Kim Il-sung (8 luglio 1994), nonno dell’attuale dittatore della Corea del Nord Kim Jong-un. Siamo nel 2020, mille fattori internazionali sono cambiati: la Cina è diventata immensamente più ricca e dinamica, la Russia si è riorganizzata, gli Stati Uniti restano la prima potenza mondiale pur tra luci ed ombre, il fondamentalismo islamico ha devastato il Medio Oriente, dittature che sembravano eterne come quella di Saddam Hussein o Gheddafi sono crollate nel sangue, Internet ha rivoluzionato le nostre vite e per carità non affrontiamo l’argomento Coronavirus… È come se dal 1994 sia passato il diluvio.

Eppure in questo mondo così coinvolto dalla globalizzazione nel bene e nel male esiste un Paese che fa assolutamente caso a sé. Si badi non stiano parlando di qualche remota nazione africana che della globalizzazione al massimo ha percepito solo il virus del fondamentalismo (perfino in paesi sperduti come il Mali, colpito da un’arretratezza disperata, è arrivato lo scontro fra Isis e occidentali) ma una nazione dove le élites hanno lo smartphone ultimo modello, negozi esclusivi dove comprano beni di lusso, e in apparenza, nulla ostacolerebbe il passaggio al XXI secolo. Eppure in Corea del Nord si può ammirare un “capolavoro” in negativo: è un paese che somma il peggio degli ultimi anni come le fake news (il dittatore Kim Jong-un è ancora vivo? Fanno comparire un sosia per prendere tempo e decidere il successore?) ai peggiori crimini dei cupi tempi dello stalinismo.

Che cos’è successo davvero a Kim Jong-un? Le immagini mostrano che è ricomparso dall’11 aprile, ultima volta in cui lo spietato padrone della Corea del Nord si è fatto vedere in pubblico durante un’inaugurazione. Voci diffuse lo volevano in pessime condizioni di salute, nonostante i suoi 36 anni, a causa dei suoi problemi cardiorespiratori dovuti alla sua obesità, 137 chili per un metro e settanta d’altezza. Negli ultimi tempi, nonostante sia un grande lavoratore e dotato di carattere estremante deciso, dava l’impressione di non riuscire a concentrarsi. Da allora, però, è calato quello che Churchill avrebbe definito “una cortina di bugie”: un silenzio impenetrabile, assoluto, tanto più rilevante perché abitualmente i telegiornali locali mostrano ogni giorno filmati su di lui con abbondanti ed entusiasti commenti.

Inevitabilmente erano nate tante indiscrezioni. La più precisa o per lo meno la più verosimile è quella che lo voleva morto dopo un intervento chirurgico per un problema cardiovascolare, legato proprio alla sua condizione di grande fumatore e bevitore, oltre che di disordinato mangiatore. In un paese dove la grande maggioranza della popolazione è oppressa da una fame feroce, che esclude solo la capitale dove possono vivere soltanto le famiglie favorevoli al regime, “l’unico uomo grasso”, come lo chiamano con feroce ironia, ha gravi problemi legati alla sua alimentazione. Secondo gli esperti di affari nordocoreani, tutto tace per motivi di successione: se Kim dovesse morire a breve, questo è il momento in cui deve essere deciso chi prenderà la guida del Paese. E per quanto suoni ridicolo si pensa a una soluzione “monarchica”. Il sistema coreano, in teoria comunista, si appoggia su una vera e propria deificazione del dittatore, come già era stato fatto per suo padre e suo nonno. Così appare “naturale” ipotizzare una successione in famiglia.

Kim Yo-jong, 32 anni, è la sorella minore del leader e ipotetica candidata numero uno alla successione. In verità, il dittatore nordcoreano ha tre figli, il più grande un maschio di 10 anni, così che la sorella potrebbe prendere sotto tutela il nipotino per guidarlo alla successione, anche se sinceramente è difficile immagine che un qualsiasi governo, nell’estrema tensione internazionale attuale, possa permettersi il lusso di poter pianificare su periodi così lunghi. Nel mondo reale i governi sono ormai costretti ad agire in tempi estremamente brevi: non si tratta affatto di un progresso, ma è la fotografia del momento attuale. Un altra ipotesi presa in considerazione riguarda un altro membro della famiglia: Kim Pyong-il, 65 anni, zio di Kim, per quarant’anni ambasciatore in Europa, dunque un esperto in relazioni internazionali e in contatto con i cinesi. Secondo i bene informati, però, Kim Yo-jong ha lavorato sotto traccia nel momento di maggiore difficoltà del fratello e si è guadagnata il rispetto e il timore del popolo nordcoreano: l’ostacolo maggiore è rappresentato dal fatto di essere donna. Un ostacolo che nel regime potrebbe risultare insuperabile. Di conseguenza la sorella di Kim verrebbe estromessa dalla lotta alla successione, anche se non è escluso che possa fare da “tutor” al nipotino. Inoltre la sorella non è abbastanza vicina ai generali dell’esercito, elemento non secondo per in Paese che dispone dell’atomica. In teoria si dovrebbe arrivare a un accordo fra questi diversi soggetti.

Purtroppo questo scenario appare troppo razionale. Non è minimamente credibile che i tanti attori presenti sulla scena, davvero di grande peso e tutti determinati, Cina, Stati Uniti, Russia, Giappone, Corea del Sud, restino inerti e lascino fare al governo di Pyongyang. Al contrario è sinistramente possibile lo “scenario Sarajevo”. Di cosa si tratta? In proposito il parere più analitico è quello di Van Jackson, esperto di politica estera legato al Pentagono, che ha ipotizzato una soluzione a dir poco inquietante, degno di un film di fantapolitica, ma tristemente plausibile. La fine della leadership di Kim potrebbe infatti aprire un momentum “Sarajevo”, l’assassinio che nel 1914 fece da detonatore per lo scoppio di tutte le tensioni internazionali e diede avvio alla Grande Guerra. Nel caso di una successione che veda una lotta interna alla complessa struttura nordcoreana, dove si contrappongono falchi e colombe, potrebbero verificarsi “disordini interni, persino una guerra civile”, scrive Jackson. E, in automatico, ciò solleverebbe “il problema della sicurezza delle armi nucleari della Corea del Nord.

Se l’ordine civile dovesse crollare, le forze statunitensi in Corea del Sud e quelle sudcoreane potrebbero essere costrette a intervenire a nord della DMZ per assicurarsi il possesso di queste armi e soprattutto impedire che finiscano in mano ad organizzazioni terroristiche”. La DMZ è la zona demilitarizzata, ma sorvegliatissima, al confine tra le Coree, resa celebre dalle immagini in cui si vedono i soldati delle due parti osservarsi per ore sull’attenti, senza tradire alcuna emozione. Dopodiché un avvicinamento degli Stati Uniti allo Yalu, il fiume che segna il confine con la Cina e che sembra dividere due mondi più che due universi, potrebbe innescare facilmente una risposta da Pechino. Sarebbe una risposta inevitabilmente pesante, che andrebbe altrettanto inevitabilmente a intersecarsi con la conflittualità sempre più accesa tra Washington e Pechino, che ha nella contesa per il Mar cinese meridionale un punto di attrito ad alto rischio di scontro militare. Un pericolo che ora, dopo le accuse lanciate dalla Casa Bianca ai vertici della Cina sull’origine del coronavirus, diventa di terribile attualità.




Posted on: 2020/05/04, by :