Il mondo post Covid-19
di Emanuele Davide Ruffino
e Germana Zollesi |
Anche per darci un po’ di coraggio o semplicemente per distarci, cominciamo ad ipotizzare come sarà l’esistenza dopo il terremoto provocato dal Covid-19. Sicuramente la situazione economica sarà disastrosa, perché l’inevitabile ed opportuna immissione di denaro e la rimozione dei vincoli del deficit, ci lascerà più indebitati e quindi più poveri. Del resto, in questa fase non si lavora ed è un po’ illusorio risvegliarsi più ricchi, solo grazie a manovre finanziarie.
Tutti noi, compresi i nostri politici, siamo diventati a tratti come quegli adolescenti cui hanno raddoppiato la paghetta. Forse sarebbe necessario cominciare a porre l’attenzione sullo “spendere bene” il denaro e, dunque, evitare sprechi, in una fase in cui comincia a mancare un po’ di tutto, elaborando, non appena possibile, progetti su come rilanciare uno sviluppo sostenibile.
Proviamo a pensare che le grandi crisi siano degli “accumulatori” di energia, perché riescono a ricreare una diversa scala di valori, maggiormente orientata al benessere collettivo e non all’egoismo di parte. Secondo gli storici di ogni epoca, successe così dopo lo scampato pericolo della fine del mondo ipotizzato per l’anno 1300, e dopo tutte le grandi epidemie che hanno sconvolto il Vecchio Continente.
Che cosa sta cambiando in questi giorni? Forse la consapevolezza che le cose non funzionano per grazia ricevuta, ma solo grazie all’impegno di tutti. Il che è una sorta di novità, perché la nostra cultura non era più abituata a sottostare a regole: tutti pronti a contestarle o a trovare un modo per eluderle ed ora invochiamo l’esercito per farle rispettare.
La necessità di ricostruire e di riavviare le catene produttive permetterà una fase di rilancio, ma quello che appare già chiaro da oggi è che “saranno rimescolate le carte”. Vi saranno nuove forze a condizionare gli asset della nostra società con il pericolo che, in condizioni di caos, i poteri emergenti rischiano di non rispondere a criteri democratici e razionali. Il problema si pone anche come equilibrio tra Stati: le economie deboli, che già rischiavano il default prima del corona virus, avranno bisogno di un sostegno e ciò potrebbe contribuire a riaccendere il motore dell’economia mondiale. Ma perché ciò avvenga bisognerà crearne le condizioni e a dettarle non saranno solo più le democrazie occidentali, tra loro imperdonabilmente in perenne contrasto tra loro.
Occorrerà rivedere le regole dei “movimenti” sia commerciali che delle persone: l’epidemia ha insegnato che un batter d’ali in una parte del mondo può far crollare una borsa valori dall’altra parte del globo. Bisognerà, ad esempio, trasformare le guerre commerciali sui dazi, in occasioni per stabilire regole commerciali certe e tutelanti per i cittadini di tutto il mondo, garantendo che il prodotto che passa da una parte all’altra del globo non sia realizzato con materiali inquinanti (addirittura giocattoli realizzati con sostanze nocive) o non siano frutto di ignominiosi sfruttamenti della mano d’opera. Forse, anzi togliamo il forse, non dovevamo già tollerare simili violazioni nel passato!
A dover cambiare sono anche le nostre capacità di convivenza: il periodo di isolamento forzato, cui non siamo più abituati, ci porta a riflettere sui contrasti nascosti: rancori inconfessati o insofferenze celate pronte ad esplodere in violenze di vario tipo, suicidi compresi. Per ora si rileva solo una gran voglia di attaccare sui social le persone e le istituzioni o gli opinion leader giudicati antipatici, oltre ad una gran voglia di erogare consigli a buon mercato.
Il nuovo mondo dovrà ricostruire la fiducia nelle istituzioni pubbliche chiamate a farsi carico di nuove incombenze e di quelle ancora irrisolte del pre-covid. Se la materia riguarderà una visione di crescita della società, il dibattito dovrà spostarsi addirittura sull’interpretazione della vita dell’uomo. Occorrerà, in primis, trasferire i poteri a livello maggiormente idoneo: non un mero ed inutile trasferimento del problema da una sede istituzionale ad un’altra (che non risolve, di per sé, nessun problema), ma la ricerca e lo sforzo congiunto d’individuare il livello decisionale corrispondente alla disponibilità di informazioni presenti: cioè le decisioni vanno prese laddove si ha il più alto livello di conoscenza.
La complessità delle nostre società porterà infatti ad individuare una pluralità istituzionale, quale risposta alla pluralità sociale. Cioè un unico livello di governo non sarà più sufficiente per interpretare l’evolversi delle società. Ma quanti e con quali poteri è tutto da scrivere: pensiamoci in questi giorni.
Posted on: 2020/03/25, by : admin
Tutti noi, compresi i nostri politici, siamo diventati a tratti come quegli adolescenti cui hanno raddoppiato la paghetta. Forse sarebbe necessario cominciare a porre l’attenzione sullo “spendere bene” il denaro e, dunque, evitare sprechi, in una fase in cui comincia a mancare un po’ di tutto, elaborando, non appena possibile, progetti su come rilanciare uno sviluppo sostenibile.
Proviamo a pensare che le grandi crisi siano degli “accumulatori” di energia, perché riescono a ricreare una diversa scala di valori, maggiormente orientata al benessere collettivo e non all’egoismo di parte. Secondo gli storici di ogni epoca, successe così dopo lo scampato pericolo della fine del mondo ipotizzato per l’anno 1300, e dopo tutte le grandi epidemie che hanno sconvolto il Vecchio Continente.
Che cosa sta cambiando in questi giorni? Forse la consapevolezza che le cose non funzionano per grazia ricevuta, ma solo grazie all’impegno di tutti. Il che è una sorta di novità, perché la nostra cultura non era più abituata a sottostare a regole: tutti pronti a contestarle o a trovare un modo per eluderle ed ora invochiamo l’esercito per farle rispettare.
La necessità di ricostruire e di riavviare le catene produttive permetterà una fase di rilancio, ma quello che appare già chiaro da oggi è che “saranno rimescolate le carte”. Vi saranno nuove forze a condizionare gli asset della nostra società con il pericolo che, in condizioni di caos, i poteri emergenti rischiano di non rispondere a criteri democratici e razionali. Il problema si pone anche come equilibrio tra Stati: le economie deboli, che già rischiavano il default prima del corona virus, avranno bisogno di un sostegno e ciò potrebbe contribuire a riaccendere il motore dell’economia mondiale. Ma perché ciò avvenga bisognerà crearne le condizioni e a dettarle non saranno solo più le democrazie occidentali, tra loro imperdonabilmente in perenne contrasto tra loro.
Occorrerà rivedere le regole dei “movimenti” sia commerciali che delle persone: l’epidemia ha insegnato che un batter d’ali in una parte del mondo può far crollare una borsa valori dall’altra parte del globo. Bisognerà, ad esempio, trasformare le guerre commerciali sui dazi, in occasioni per stabilire regole commerciali certe e tutelanti per i cittadini di tutto il mondo, garantendo che il prodotto che passa da una parte all’altra del globo non sia realizzato con materiali inquinanti (addirittura giocattoli realizzati con sostanze nocive) o non siano frutto di ignominiosi sfruttamenti della mano d’opera. Forse, anzi togliamo il forse, non dovevamo già tollerare simili violazioni nel passato!
A dover cambiare sono anche le nostre capacità di convivenza: il periodo di isolamento forzato, cui non siamo più abituati, ci porta a riflettere sui contrasti nascosti: rancori inconfessati o insofferenze celate pronte ad esplodere in violenze di vario tipo, suicidi compresi. Per ora si rileva solo una gran voglia di attaccare sui social le persone e le istituzioni o gli opinion leader giudicati antipatici, oltre ad una gran voglia di erogare consigli a buon mercato.
Il nuovo mondo dovrà ricostruire la fiducia nelle istituzioni pubbliche chiamate a farsi carico di nuove incombenze e di quelle ancora irrisolte del pre-covid. Se la materia riguarderà una visione di crescita della società, il dibattito dovrà spostarsi addirittura sull’interpretazione della vita dell’uomo. Occorrerà, in primis, trasferire i poteri a livello maggiormente idoneo: non un mero ed inutile trasferimento del problema da una sede istituzionale ad un’altra (che non risolve, di per sé, nessun problema), ma la ricerca e lo sforzo congiunto d’individuare il livello decisionale corrispondente alla disponibilità di informazioni presenti: cioè le decisioni vanno prese laddove si ha il più alto livello di conoscenza.
La complessità delle nostre società porterà infatti ad individuare una pluralità istituzionale, quale risposta alla pluralità sociale. Cioè un unico livello di governo non sarà più sufficiente per interpretare l’evolversi delle società. Ma quanti e con quali poteri è tutto da scrivere: pensiamoci in questi giorni.
Posted on: 2020/03/25, by : admin